Cartolina dell'iniziativa "Non grattiamo il cielo"Siamo “orgogliosi” di essere italiani?  Esibiamo il tricolore? E se la risposta è affermativa, il tricolore lo esibiamo solo per contraddire la  Lega o perché ci sentiamo parte di qualcosa? E quali sono – se ci sono – i valori, le qualità di questo “qualcosa”? Milioni di persone, negli ultimi giorni, hanno discusso almeno per qualche attimo su questi temi e si sono posti queste domande.

Un recente e poco conosciuto sondaggio ci suggerisce una linea interpretativa e addirittura, indirettamente, una linea d’azione. Indovinate cosa si apprezza di più dell’Italia, secondo l’indagine Demos commentata da Ilvo Diamanti per il 17 marzo? Il patrimonio artistico e culturale, la bellezza del nostro territorio. Questi due concetti e valori vengono sopra tutti gli altri, sopra la cucina, sopra l’autoreferenzialità di inno e bandiera, sopra Risorgimento, Resistenza e Costituzione.

La risposta può sembrare ovvia. E del resto per quale motivo l’Italia attrae tanti visitatori da tutto il mondo (anche se ultimamente sono di meno)? Nonostante tutte le volgarità, le speculazioni edilizie, nonostante il condizionamento dei gusti operato dalla globalizzazione, nonostante l’estesa complicità popolare nella devastazione del territorio… è importante constatare  quanto i beni artistici e culturali e il territorio siano importanti per gli italiani.

Avevamo intitolato l’anno scorso Paesaggio bene comune un convegno di carattere nazionale, che prendeva spunto dalla lotta per difendere il paesaggio di Torino dai grattacieli per argomentare che difesa del territorio dal consumo di suolo e difesa del profilo delle città storiche dalla iperdensificazione  sono due aspetti complementari. Oltretutto si tratta di inutili grattacieli di terziario in una fase in cui gli edifici sfitti si sprecano.

Quest’anno, in pochi “fanatici” abbiamo trascorso buona parte della giornata della festa del 17 marzo nella piazza cuore e simbolo di quell’anniversario, piazza Carignano a Torino. Lo striscione diceva “Non grattiamo il cielo di Torino” e le cartoline (vista da Corso Vittorio e vista dalla collina Sud) illustrando il paesaggio della città  – con o senza il torrone di Renzo Piano voluto da Salza (ex presidente Intesa San Paolo) e Chiamparino –  dicevano “Vogliamo altri 150 anni (almeno) senza grattacieli a Torino”. La gente ha reagito molto bene e ha trovato naturale e logico il legame tra la giornata storica e tricolore e la difesa di un paesaggio storico come quello di Torino che consente di vedere le Alpi in fondo alle strade, a circondare la guglia slanciata e bizzarra della Mole.

E’ però una maggioranza silenziosa, poco fiduciosa di poter incidere sui poteri del mattone, e frastornata da tanti pressanti problemi.  Adesso arrivano le giornate del Fai, e saranno frequentatissime. Non è un vezzo d’élite, la difesa di un paesaggio e di profili e palazzi storici. E’ anche un paesaggio interiore quello che si difende. Per questo è così importante il tentativo  di  convincere Intesa San Paolo e Comune di Torino a ridimensionare il progetto (170 metri di torre accanto al centro cittadino) e a  evitare di diffondere nelle città italiane  il modello che sta ormai irreparabilmente  stravolgendo Milano.

Ecco come, pochi giorni prima del 17, reagivano i manifestanti pro-Costituzione. A parlare in questo caso, era la base di quel centrosinistra che purtroppo, nel suo lato Chiamparino, autorizza e incoraggia operazioni come il grattacielone Intesa San Paolo. (Ma la questione va al di là delle appartenenze politiche e geografiche, e chi può, da tutta Italia, si faccia vivo scrivendo a cieloditorino@libero.it)

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