Il ministro Maria Stella Gelmini ha inventato un metodo di premi per i docenti basato sulla cosiddetta ‘valutazione del merito’.

Peccato che i fondi per premiare quei docenti derivino da quella che il Ministero chiama  “razionalizzazione della spesa“, ma che sono i soldi recuperati con i tagli del personale, compresi gli insegnanti di sostegno per i ragazzi disabili gravi e non.

Certo il metodo potrà trovare d’accordo una parte dei genitori che penseranno di poter finalmente far pesare il proprio giudizio sugli insegnanti e potrebbe anche far sfavillare gli occhi ai docenti che presumono di poter ottenere lo stipendio in più all’anno o la quota parte del premio dato alle scuole vincitrici, ma si basa purtroppo su fondi recuperati sulla pelle altrui e sui tagli ai diritti e non sulle risorse economiche adeguate chieste oggi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano allo Stato (leggi ‘governo’, perché è il governo che decide gli stanziamenti, visto che il parlamento in genere vota la legge finanziaria con la fiducia).

Ma anche sul metodo potrebbero essere avanzate critiche, visto che i criteri validi per le imprese non sono applicabili alla scuola. Ad esempio il criterio della produzione, quindi numero di promossi, non è indice di scuola migliore: posso promuovere di più alzando i voti o posso avere più diplomati solo perchè ho alunni non problematici o la cui famiglia può permettersi corsi di lingua all’estero e corsi di recupero a pagamento. Con tale criterio il premio ‘produzione’ andrebbe alle scuole site in quartieri più agiati e a minor rischio dispersione scolastica.

Così pure il premio per il miglior insegnante andrebbe a chi si ingraziasse il preside, visto che la commissione di valutazione (composta dal dirigente scolastico – che peraltro aggiungerebbe agli altri compiti e poteri, che sono già troppi – oltre che da due insegnanti eletti dal Collegio docenti) non è indipendente (mentre diverso sarebbe se a presiederla fosse il presidente del Consglio d’Istituto, figura elettiva indipendente per di piu’ dal ministero).

Ma la commissione non dà nemmeno garanzie di competenza, perché in una scuola elementare i docenti hanno fatto più o meno gli stessi studi, ma in un istituto superiore (poniamo un tecnico o commerciale), vi è una tale varietà di discipline da non garantire l’espressione di una commissione di valutazione all’altezza del compito, visto che l’insegnante di Lettere non saprà valutare il curriculum di un collega di Chimica e un ingegnere o architetto quello di un collega di Inglese

Ma l’aspetto principale resta quello del reperimento dei fondi: i fondi per i premi al presunto merito derivano dai tagli delle risorse umane e del diritto allo studio dei disabili.

Mi auguro che i colleghi non siano ancora una volta divisi dai soldi (che spesso, pur vergognosamente miseri, determinano la corsa al ruolo o alle ore di lavoro in più) e che si rifiutino compatti (visto che l’esperimento è su base volontaria) di prestarsi a questa sconcezza.

Ne riparleremo poi quando verranno ridati il sostegno ai disabili e la selezione dei meritevoli verrà fatta non solo sui docenti sopravvissuti ai tagli e che talora (con tutto il rispetto per quelli ancora pieni di fantasia e voglia di aggiornarsi a sessant’anni, e ne sono tanti) si avvalgono di conoscenze e metodi d’insegnamento arcaici.

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