La delibera

“Open to meraviglia”, la campagna senza gara: è stato Chigi a pagare la Venere di Santanchè

Giorgia influencer - Affidamento. L’offerta dell’agenzia Armando Testa è di 1.000 euro inferiore alla soglia oltre cui è obbligatorio mettere a bando

11 Maggio 2023

Milano. Dietro la Venere in Jeans c’è lo zampino di Palazzo Chigi, ma l’impronta non si vede. A distanza di un mese, continua a regalare perle la campagna di promozione turistica più pazza di sempre, oggetto di derisione perfino sul New York Times: dal giubilo della ministra Santanchè per i 265 milioni di visualizzazioni, sorvolando se per sberleffo, ai profili fake acquistati dal ministero per pomparle. Si è scoperto nel frattempo che nessuno aveva registrato i domini, che le traduzioni erano fatte con Google, i vini sloveni e altre amenità le cui colpe sono ricadute sempre e solo sulla ministra. Ma il peccato originale?

SI FA NOTARE in tutto questo il silenzio di Giorgia Meloni. Due anni fa era intervenuta pubblicamente per difendere la campagna con Chiara Ferragni madrina degli Uffizi, lo stesso “luogo del delitto” dove la povera Venere di Botticelli è stata presa e costretta a fare da influencer come lei: “Che senso ha insultare chi, in un modo o nell’altro, contribuisce a far conoscere al mondo il nostro inestimabile patrimonio?”. Sulla Venere nulla, solo il silenzio appunto, che in politica non è mai degli innocenti. E infatti solo ora si scopre il ruolo e il contributo della Presidenza del Consiglio al video-promo della campagna “Open to Meraviglia” da cui tutto è partito.

Lo si capisce solo leggendo la delibera che, ai primi d’aprile, autorizza la spesa di 138mila euro, un atto sepolto tra centinaia di altri proprio perché non arrivava dal ministero, ma dal governo. L’intestazione però non lascia dubbi: “Presidenza del Consiglio, Dipartimento per l’Editoria”. Neppure l’oggetto: “Affidamento del servizio di ideazione e realizzazione di un video promozionale nell’ambito della campagna di comunicazione per la valorizzazione dell’immagine dell’Italia e delle risorse turistiche del Paese”. I dubbi, invece, li suscita il contenuto.

La delibera cita una lettera del 30 marzo con cui la Santanchè in persona perorava la causa e con una certa urgenza: “Il video promozionale oggetto della prestazione contrattuale dovrà essere mostrato in occasione dell’evento di presentazione della campagna organizzata dal ministero del Turismo per il 20 aprile 2023”. Manca meno di un mese, servono i soldi, subito. L’Agenzia Testa aveva precisato che ideazione e realizzazione sono costati solo 138mila euro, non certo 9 milioni che sono il costo dell’intera campagna. Quando si dice ‘la fortuna’, perché mille di più e si doveva fare la gara.

La delibera del capo Dipartimento, Luigi Fiorentino, dispone invece l’affidamento diretto in forza del fatto che l’offerta pervenuta dall’agenzia fosse sotto soglia, precisamente di 2mila euro inferiore ai 140mila oltre i quali scatta l’obbligo europeo della gara pubblica, e di soli mille rispetto ai 139mila del Codice dei contratti della Pa oltre i quali servono un bando o l’invito a 5 operatori. In gergo si direbbe un prezzo “telefonato”.

L’atto, del resto, indica l’agenzia torinese come una sorta di “fornitore naturale”, avendo il ministero “avviato da tempo un rapporto di collaborazione per la campagna, compresa l’ideazione del logo e di altre iniziative di comunicazione tra cui il video promozionale oggetto della richiesta”. La scelta è dunque obbligata dalla “coerenza stilistica con le altre iniziative”. La sostanza, invece, è che il video era già commissionato, toccava però pagarlo e appiattire l’ultimo di una di serie scogli sotto il peso di Chigi.

All’epoca, l’agenzia non era reperibile sul Mercato elettronico della Pubblica amministrazione in quanto “ha presentato richiesta di reiscrizione a seguito della ristrutturazione della medesima piattaforma e la pratica risulta in corso di lavorazione”. E dunque? “Considerato che il video oggetto della prestazione contrattuale dovrà essere mostrato in occasione della presentazione della campagna” si fa un’eccezione. In barba ad altre agenzie, che avrebbero ben potuto concorrere – facendo peggio o meglio, non importa – e si erano premurate di curare la loro iscrizione all’albo dei fornitori. Il risultato è sotto gli occhi del mondo, ma ora è più chiaro da quale portone sia uscita la Venere in bici. E si potrà chiedere a Giorgia del suo silenzio.

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