Rocca e lo stigma su chi ha abusato di droghe pesanti

Non conosciamo Francesco Rocca e non sappiamo se, in caso di elezione, sarà un buon presidente della Regione Lazio. Quello che invece sappiamo è che la sua candidatura da parte del centrodestra è un fatto positivo per la nostra politica. La scelta del suo nome fa per la prima volta cadere lo stigma dei partiti nei confronti di chi ha usato o abusato di sostanze stupefacenti. Uno stigma sociale fino a ieri fortissimo che non si cancellava nemmeno quando chi ne era rimasto vittima riusciva a uscire dalla droga.

Per questo la candidatura di Rocca è una buona notizia. L’aspirante successore di Nicola Zingaretti, prima di diventare un avvocato penalista specializzato nella difesa dei collaboratori di giustizia e poi numero uno della Croce Rossa italiana e mondiale, è stato un tossicodipendente. Da giovanissimo si è bucato e per finanziare i suoi acquisti di eroina, come spesso accade a chi ha la scimmia sulla spalla, ha pure spacciato. Nel 1985, quando aveva 19 anni, è stato arrestato dai carabinieri durante un’indagine su un giro di droga pesante a Casal Palocco gestito da una banda di pusher nigeriani. Dopo essere finito in manette, Rocca ha confessato ammettendo di aver consegnato per conto degli spacciatori quasi un etto e mezzo di brown sugar a un ragazzo di Roma che lui stesso aveva individuato come acquirente.

L’arresto, a cui è seguita una condanna a tre anni di reclusione, è stato una fortuna per il futuro candidato presidente della Regione. È stato il momento che gli ha permesso di trovare la forza prima per disintossicarsi e poi per laurearsi in Giurisprudenza. Il resto è storia nota. Con Rocca che per cinque anni gira con la scorta perché assiste i pentiti della criminalità organizzata e poi entra nel mondo della sanità pubblica fino a essere eletto nel 2013 numero uno della Croce Rossa.

Su quanto Rocca ha fatto in carriera la valutazione è libera (non mancano le polemiche e le critiche per i suoi rapporti con gli Angelucci, la potente famiglia proprietaria di cliniche private). Come libere sono pure le valutazioni degli elettori sulle sue simpatie di destra estrema che lo hanno portato a scegliere come portavoce della Croce Rossa l’ex parlamentare di An, Marcello De Angelis, condannato negli anni Ottanta per associazione sovversiva e banda armata.

Nelle prossime settimane cercheremo di ricostruire in maniera approfondita la sua storia in modo che ciascuno, prima delle Regionali, possa farsi un’opinione completa del candidato Rocca (e lo stesso faremo con le altre candidature). Per oggi, invece, ci limitiamo a dire che non è sulle sue vecchie vicende di droga che gli avversari dovranno attaccarlo. Perché quella di Rocca e l’eroina è una storia di riscatto. E perché la tossicodipendenza, come la malattia, non è una colpa. Il fatto che cominci a rendersene conto anche il Parlamento è un bene. Anche se, proprio pensando alla destra, ci chiediamo cosa intenderanno fare le forze politiche di quello schieramento dopo aver candidato Rocca.

Nel loro programma, quando si parla di sostanze stupefacenti, si trovano le consuete promesse di lotta allo spaccio, ma si fa pure esplicito riferimento alle “campagne di informazione e prevenzione”. Ovvero all’unico sistema per governare un fenomeno che coinvolge milioni di persone (basti pensare che il 20 per cento circa degli studenti dichiara di aver utilizzato sostanze illegali) e che finisce per riempire inutilmente le carceri. Ecco, magari Rocca potrà ricordare ai suoi amici che è ora di passare dalle parole ai fatti: dallo stigma all’informazione.

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Non conosciamo Francesco Rocca e non sappiamo se, in caso di elezione, sarà un buon presidente della Regione Lazio. Quello che invece sappiamo è che la sua candidatura da parte del centrodestra è un fatto positivo per la nostra politica. La scelta del suo nome fa per la prima volta cadere lo stigma dei partiti nei confronti di chi ha usato o abusato di sostanze stupefacenti. Uno stigma sociale fino a ieri fortissimo che non si cancellava nemmeno quando chi ne era rimasto vittima riusciva a uscire dalla droga.

Per questo la candidatura di Rocca è una buona notizia. L’aspirante successore di Nicola Zingaretti, prima di diventare un avvocato penalista specializzato nella difesa dei collaboratori di giustizia e poi numero uno della Croce Rossa italiana e mondiale, è stato un tossicodipendente. Da giovanissimo si è bucato e per finanziare i suoi acquisti di eroina, come spesso accade a chi ha la scimmia sulla spalla, ha pure spacciato. Nel 1985, quando aveva 19 anni, è stato arrestato dai carabinieri durante un’indagine su un giro di droga pesante a Casal Palocco gestito da una banda di pusher nigeriani. Dopo essere finito in manette, Rocca ha confessato ammettendo di aver consegnato per conto degli spacciatori quasi un etto e mezzo di brown sugar a un ragazzo di Roma che lui stesso aveva individuato come acquirente.

L’arresto, a cui è seguita una condanna a tre anni di reclusione, è stato una fortuna per il futuro candidato presidente della Regione. È stato il momento che gli ha permesso di trovare la forza prima per disintossicarsi e poi per laurearsi in Giurisprudenza. Il resto è storia nota. Con Rocca che per cinque anni gira con la scorta perché assiste i pentiti della criminalità organizzata e poi entra nel mondo della sanità pubblica fino a essere eletto nel 2013 numero uno della Croce Rossa.

Su quanto Rocca ha fatto in carriera la valutazione è libera (non mancano le polemiche e le critiche per i suoi rapporti con gli Angelucci, la potente famiglia proprietaria di cliniche private). Come libere sono pure le valutazioni degli elettori sulle sue simpatie di destra estrema che lo hanno portato a scegliere come portavoce della Croce Rossa l’ex parlamentare di An, Marcello De Angelis, condannato negli anni Ottanta per associazione sovversiva e banda armata.

Nelle prossime settimane cercheremo di ricostruire in maniera approfondita la sua storia in modo che ciascuno, prima delle Regionali, possa farsi un’opinione completa del candidato Rocca (e lo stesso faremo con le altre candidature). Per oggi, invece, ci limitiamo a dire che non è sulle sue vecchie vicende di droga che gli avversari dovranno attaccarlo. Perché quella di Rocca e l’eroina è una storia di riscatto. E perché la tossicodipendenza, come la malattia, non è una colpa. Il fatto che cominci a rendersene conto anche il Parlamento è un bene. Anche se, proprio pensando alla destra, ci chiediamo cosa intenderanno fare le forze politiche di quello schieramento dopo aver candidato Rocca.

Nel loro programma, quando si parla di sostanze stupefacenti, si trovano le consuete promesse di lotta allo spaccio, ma si fa pure esplicito riferimento alle “campagne di informazione e prevenzione”. Ovvero all’unico sistema per governare un fenomeno che coinvolge milioni di persone (basti pensare che il 20 per cento circa degli studenti dichiara di aver utilizzato sostanze illegali) e che finisce per riempire inutilmente le carceri. Ecco, magari Rocca potrà ricordare ai suoi amici che è ora di passare dalle parole ai fatti: dallo stigma all’informazione.