I protagonisti

Ultras Juventus, da Mocciola a Toia e Franzo “il vecchio”: morte criminale di una curva

Torino - In carcere leader pregiudicati, ma anche uno “storico” spesso invitato a convegni

17 Settembre 2019

Sabato sera sarà particolare la curva Scirea dell’Allianz Stadium senza striscioni. Dopo la scomparsa di quelli dei “Bravi Ragazzi” per l’arresto di Andrea Puntorno (traffico di droga) e dei Viking quello di Loris Grancini (condanna definitiva per tentato omicidio), spariranno quelli di Nucleo, Tradizione e Nucleo 1985. I gruppi principali sono finiti: “La Curva Sud è morta”, si leggeva su uno striscione appeso ieri vicino lo stadio. “Last banner” è il nome dell’operazione che ha rivelato un fenomeno noto,l’intimidazione che si vive in alcune curve, con i tifosi costretti a cambiare posto, a cantare cori discriminatori, a cedere i palloni arrivati lì. O con i gestori dei bar costretti a regalare birre.

L’ultimo striscione, un nome evocativo: la Questura dovrà ritirare le autorizzazioni per esporre gli stendardi perché tornano in cella molti capi curva. Dopo molti anni in libertà vissuti quasi come un fantasma, rivede il carcere Dino Mocciola, il leader più influente della curva che gestiva, nonostante il Daspo e nonostante la sorveglianza speciale. Apprese di quel provvedimento da un articolo del Fatto quotidiano perché gli ufficiali giudiziari non trovavano il suo domicilio. “Gli interlocutori non pronunciano mai il suo nome, ma utilizzano l’appellativo ‘Presidente’ o ‘lui’”, si legge nell’ordinanza. Incute timore Mocciola: ex allievo della scuola di polizia a Trieste da cui fu allontanato per l’aggressività, dopo la tragedia dell’Heysel (finale di Coppa dei campioni del 1985 contro il Liverpool, 39 tifosi morti per la carica degli hooligans), obbligò i gruppi ultras a lasciare i nomi inglesi.

Nella sua fedina penale ha il concorso nell’omicidio di un carabiniere, avvenuto il 28 gennaio 1989 a San Giacomo Vercellese dopo una rapina. Agisce con fare circospetto, incontra gli interlocutori all’aria aperta oppure in un McDonald di periferia, e parla ai suoi colonnelli, Salvatore Cava, Sergio Genre e Domenico Scarano, con dei “citofoni”, cioè dei telefoni usati per comunicare soltanto con pochi contatti, così da evitare intercettazioni. Stavolta non c’è riuscito: gli investigatori della Digos sono arrivati a lui dopo aver seguito uno sodale che telefonava a “Dino” da una cabina. Cava era il suo braccio destro e braccio economico, come lo era stato Ciccio Bucci, l’ultrà morto suicida il 7 luglio 2016. Cava è il titolare del sito “Drughi Store”, ma non solo: “È la voce del Presidente – dice Pairetto agli inquirenti –. Cava non muove un dito se il presidente non è d’accordo. È un esecutore degli ordini”. Tuttavia sgarra e viene sostituito: non piacciono certe sue dichiarazioni diffuse da Report e al suo posto il capo ultrà piazza Genre e poi Scarano.

Altro leader storico è Umberto Toia a capo dei “Tradizione”, che stanno nel primo anello, sotto i “Drughi”, eterni rivali. Di lui si ricorda l’aggressione subita nel dicembre 2013 all’interno del bar “Black & White” di Grugliasco, rimasta impunita.

Infine c’è Beppe Franzo, ai domiciliari perché accusato di concorso in estorsione, ultrà vecchio stile e “figura carismatica della curva bianconera sebbene non appartenente ad alcun gruppo”, si legge ancora nell’ordinanza. È il fondatore dell’associazione “Quelli di via Filadelfia”, promotore di iniziative benefiche e convegni sulla repressione negli stadi e anche autore di libri sulla storia della curva: viene utilizzato come mediatore e portavoce con la società (a volte scrive i comunicati), “costantemente” in contatto con Alberto Pairetto, supporter liaison officier della Juventus.

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