Memorie

Steve Jobs, la versione della figlia Lisa: “Ho visto la sua parte peggiore, era in bilico tra l’umano e il disumano”

In uscita il 4 settembre la versione di Lisa “Apple”

25 Agosto 2018

“Mi vergognavo di essere la parte peggiore di una grande storia”. Parola di Lisa Jobs. Soggetto di innumerevoli biografie – in vita e in morte –, dell’esistenza di Steve Jobs i suoi fan così come i suoi detrattori conoscevano già ogni dettaglio. Compreso quello del complesso rapporto con sua figlia, nata Brennon perché da lui riconosciuta solo tardivamente e da allora cresciuta schiacciata da suo padre, l’illustre “buonuomo” che ha rivoluzionato il rapporto tra uomo e tecnologia. Peccato che non abbia saputo fare lo stesso con le relazioni padre-figlia. Oppure sì. Visto che lei, Lisa, a pochi giorni dall’uscita della biografia, Small Fry – che ha in primo piano proprio papà Steve – confessa di averlo perdonato. “Vorrei che anche i lettori lo facessero – spiega in un’intervista al New York Times – vorrei che restassero impresse a chi legge le immagini di noi due contenti in pattini a rotelle, quanto il suo annuncio che non mi lascerà l’eredità”.

Esperimento difficile. Basta leggere le anticipazioni del libro, infatti, per immaginare lo sforzo che deve aver significato per lei, riconosciuta solo da adolescente, venire a patti con “la parte peggiore” di suo padre. E che padre. Eppure è Lisa stessa a confessare di essere riuscita a darsi una spiegazione per ogni singola freddura che Steve Jobs le ha riservato. Come quella volta che ci tenne a spiegarle che “Apple Lisa”, il computer da lui creato non era in suo nome. “Voleva insegnarmi a non cavalcare l’onda della sua fama”, spiega la donna al Nyt. O quando le negò l’aria condizionata in camera. “Non è che fosse insensibile – chiarisce – voleva insegnarmi un sistema di valori”. O quel giorno in cui lei decise di spruzzarsi un profumo per lui che la gelò con “odori come un gabinetto”. “Mi stava soltanto mostrando la sua onestà”. Small Fry dunque, sarebbe un modo per la scrittrice di “fare pace” con suo padre, anche se lei stessa non ne sembra molto convinta e si augura “di riuscire a passare un buon Ringraziamento”. Nonostante tutto. Perché ce n’è per tutti nel suo racconto. Sullo sfondo c’è la Silicon Valley degli anni 80: un mix di artisti, hippy e tecnologi. Ed è in questo clima che sua madre Chrissann Brennan, artista, e suo padre, il futuro rivoluzionario dell’informatica si conoscono, si amano, concepiscono Lisa e poi si lasciano. Sarà proprio sua madre – costretta ai lavori più umili – a crescerla nonostante i milioni di dollari che nel frattempo seppelliscono il suo padre biologico. E non basterà neanche la prova del Dna a darle ragione. Servirà una sentenza del tribunale che obbligherà Jobs a sostenere gli studi di sua figlia, per veder riconosciuta a Lisa la paternità. Lei che solo allora decide di confessare ai suoi compagni del liceo di Palo Alto di essere la figlia dell’inventore del Mac. Small Fry racconta anche questo. Come Jobs sia diventato l’eroe locale.

Eppure sempre freddo nei confronti di sua figlia. Tanto da “costringere” i vicini a farsi carico dell’adolescente spaesata e ad accoglierla in casa loro. A proposito di casa, Lisa ricorda quando su richiesta di sua madre, Steve le accorda l’acquisto di un’abitazione “purché sia bella”. Chrisann Brennan ne trova una all’altezza. Al punto che l’ex decide di andarci a vivere con sua moglie, Laurene Powell. La donna che – durante una sessione di terapia con Lisa piangente perché si sente sola – risponde al terapeuta: “Siamo solo persone fredde”. Altroché fredde, Lisa racconta di come suo padre “scherzasse” simulando un amplesso con la signora Powell davanti ai suoi occhi.

E la madre della ragazza si spinge a rievocare la scelta di mettere tra Steve e sua figlia piccola un accompagnatore “per via degli atteggiamenti inappropriati” del manager con la bambina. “A nove anni lo sorpresi a ridere di lei su ipotetici rapporti con un fidanzatino”.

Ma Lisa “giustifica” anche questo: “Era così inopportuno perché non sapeva fare di meglio. Era sempre in bilico tra l’umano e il disumano”. Ma come in tutte le fiabe mentre Jobs era malato terminale arriva il “lieto fine”. “Lui si scusa e nella sua biografia ammette di essere pentito di non aver trascorso più tempo con lei e di non aver risposto alle sue chiamate né di averla richiamata”. Salvo spiegarle di non averlo fatto non perché fosse occupato, bensì “perché offeso per non essere stato invitato ai week end di Harvard”. Oggi Lisa avrà perdonato suo padre, forte anche dei milioni ricevuti in eredità, pari a quella degli altri figli, eccetto per la parte finanziaria. “Se avessi quella la donerei alla Gates Foundation”, confessa fiera. “Sarebbe troppo perverso, si domanda?”. Almeno quanto dire di aver perdonato suo padre e poi dare alle stampe queste memorie, avendo promesso a lui di non farlo.

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