L’Italia, negli anni ’70, era nel pieno delle lotte per i diritti femminili. L’amore, il lavoro e la dignità erano in discussione. È in questo clima di fervente cambiamento che una donna, Angela Caputi, vedova e madre di due figli, ha trasformato la sua passione in un’arte, scegliendo di creare per le donne una sorta di “armatura, uno scudo di grazia e bellezza con il quale affrontare le sfide di una quotidianità non sempre facile”. Oggi, il suo brand, Angela Caputi Giuggiù, in onore al nomigliolo datole dalla madre, celebra mezzo secolo di storia. Per festeggiare l’anniversario, la stilista ha lanciato la collezione in edizione limitata “50th”, un omaggio alla sua lunga carriera creativa iniziata nel 1975, quando lasciò l’insegnamento per dedicarsi all’artigianato di qualità: “Se mi sono ispirata allo stile del cinema americano della prima metà del Novecento”, racconta la designer, “è perché ho vissuto gli anni del dopoguerra: noi venivamo fuori da un conflitto mondiale e dovevamo tirarci su”.
Caputi ha voluto guardare a quell’immaginario di “voglia di vivere” delle pellicole oltreoceano, ma per la sua arte ha scelto un materiale inaspettato per il mondo del lusso: la plastica e le resine. “All’inizio non è stato facile”, confessa, “perché la plastica non era considerata né riconosciuta come una materia prima da cui ricavare oggetti di gran pregio, al punto che siamo stati a lungo identificati nella categoria ‘metalmeccanici'”. Ma lei è riuscita a dare dignità e prestigio a materiali sintetici, conquistando presto il pubblico internazionale, tanto che le sue creazioni sono state esposte anche Metropolitan Museum of Art di New York. Un’integrità creativa che, spiega, è stata una scelta deliberata: “Ho scelto di restare un’artigiana per poter essere libera di realizzare ciò che più mi piace. Per le donne e con le donne”. E ancora oggi, nel suo laboratorio di Firenze, si lavora rigorosamente senza computer: è sufficiente un disegno per ricreare la magia.