Una lunga e densa intervista quella rilasciata da Caterina Caselli a Walter Veltroni per il Corriere della Sera. Un’intervista che inizia dall’infanzia (“Noi eravamo una famiglia povera, la nostra casa era costituita da due stanze”), con la passione per la musica che arriva presto: “A Sassuolo, dietro la mia scuola, c’era un’insegna bellissima con su scritto: ‘Maestro Callegari, maestro di canto e di musica’. Andai da mia mamma e le dissi che ci volevo andare, a tutti i costi. Da ragazza avevo immaginato tre possibilità per il mio futuro: cantante, hostess, missionaria in Africa. Volevo comunque girare il mondo, uscire da quel luogo che mi stava stretto. Caldo, ma stretto, volevo andarmene. Mi sembrava una vita limitata, una vita angusta”. La mamma le dice “tu devi trovare un buon partito e sposarti”, la zia invece la porta a scuola di musica, e poi il papà: “A lui piaceva che cantassi, era un mio grande sostenitore in questa piccola tenzone familiare. Ma è morto quando avevo quattordici anni. Si è tolto la vita. Soffriva di depressione, che allora non veniva riconosciuta come tale. Era stato da ragazzo in Libia come militare. Chissà cosa ha visto in quei nove anni”. La sofferenza, la gratitudine verso il professore di lettere (“Gli sarò sempre grata, si chiamava Cortesi, che quando tornai a scuola ci assegnò il tema “Il più grande dolore della vostra vita”. Evidentemente voleva che tirassi fuori la mia disperazione”), il trasferimento con la madre che “lavorava a maglia, ma tirare avanti da sola con due figlie non era facile”.
E poi l’inizio della carriera, quando Maurizio Vandelli dell’Equipe 84 e Pier Farri vanno a vedere l’Orchestra Callegari a Scandiano e Vandelli le dice che deve trasferirsi a Roma, cosa che accade e si esibiscee “in un locale che si chiamava Capriccio, vicino a via Veneto. Vennero a sentirmi Gianni Minà, Gino Paoli e soprattutto arrivarono Bornigia e Crocetta, i due proprietari del Piper. Il Piper già allora era una specie di Eden che risuonava nell’immaginazione dei ragazzi degli anni sessanta. Fui ingaggiata e divenni la prima ragazza del Piper“.
Si parla degli anni Sessanta come del “tempo delle possibilità. Nulla sembrava precluso, nessun muro sembrava intangibile, nessuna autorità era assoluta. Un periodo magico, di leggerezza e di passione. Non ci rendevamo conto di quello che ci stava accadendo. Era un’atmosfera di gioia. Ma gioia consapevole, non egoista”, del Cantagiro, del successo di Nessuno Mi Può Giudicare (“Pensa che Celentano rifiutò quel brano. E il pezzo passò da un uomo a una donna, capovolgendo positivamente il senso di quel titolo”), della decisione di dedicarsi alla famiglia, dopo il matrimonio con Piero Sugar e la nascita di un figlio e poi della nuova vita come discografica, con la scoperta di tanti nomi che oggi fanno parte del panorama musicale italiano: “Bocelli innanzitutto. Elisa, Negramaro, Malika Ayane, Avion Travel, Gualazzi, Madame, Lucio Corsi e molti altri”.
Non manca un passaggio sulla malattia: “Nel 2017 mi è stato riscontrato un carcinoma invasivo alla mammella. Ho fatto una terapia innovativa che non ha funzionato e poi sono passata alla chemioterapia. Mi sono caduti i capelli a ciocche, il parrucchiere a un certo punto me li ha tagliati con la macchinetta. Mi fecero una parrucca di capelli veri. Perché io volevo andare da mia mamma, che anche lei non stava bene, senza farla preoccupare. Non si accorse di niente. Io sono stata anche recidiva e quindi proseguo cure e controlli e al momento sto bene. Ma quello che più mi aiuta è il lavoro. Mi distrae, mi mette energia, mi spinge a non fermarmi”.