Crime

Emanuela Orlandi, chi è Laura Casagrande e perché è stata indagata. “Delle cose strane le ha dette, è importante per ricostruire tutto dall’inizio”: parla l’avvocato Sgrò

La nuova indagata nell'inchiesta sul caso della cittadina vaticana è un'amica ed ex allieva della stessa scuola di musica frequentata dalla quindicenne

di Alessandra De Vita
Emanuela Orlandi, chi è Laura Casagrande e perché è stata indagata. “Delle cose strane le ha dette, è importante per ricostruire tutto dall’inizio”: parla l’avvocato Sgrò

Un’amica di Emanuela Orlandi è stata indagata dalla Procura di Roma. Dopo 42 anni, il mistero della cittadina vaticana sparita nel nulla il 22 giugno 1983 riserva ancora colpi di scena inattesi, angoli bui da approfondire e su cui i pm romani stanno cercando di far luce.

L’indagata
La nuova indagata nell’inchiesta sul caso della cittadina vaticana è Laura Casagrande, un’amica ed ex allieva della stessa scuola di musica frequentata dalla quindicenne. La Orlandi quel giorno scomparve proprio all’uscita da quell’istituto, il “Ludovico da Victoria”, adiacente alla basilica di Sant’Apollinare. L’accusa che le viene contestata è di false informazioni al pubblico ministero. “Avrebbe fornito versioni contraddittorie sulle fasi precedenti alla scomparsa della ragazza” (Ansa). La donna è stata ascoltata ieri a piazzale Clodio dagli inquirenti, accompagnata dal suo avvocato quindi come testimone e non più come persona informata.

La reazione del fratello
“Ho appreso questa notizia dalla stampa. Si tratta di un fatto importante, segnale del fatto che la Procura sta indagando nel completo riserbo perché io stesso ieri mattina ero in Procura e non mi è stato detto nulla da Luciani (il procuratore di Roma, ndr). Questo è un segnale del fatto che i magistrati stanno indagando con piena serietà” commenta Pietro Orlandi, fratello di Emanuela a FqMagazine.

Le ultime ad aver visto Emanuela
Torniamo al 1983 per spiegare chi è Laura Casagrande e perché è stata indagata dalla procura di Roma. La Casagrande, oggi 56enne, è allieva della stessa scuola di musica frequentata da Emanuela. Laura ed Emanuela non sono amiche, semplicemente frequentano lo stesso corso di canto ma non la stessa classe: Laura è iscritta a pianoforte e Emanuela a flauto traverso. Emanuela Orlandi quel giorno ha appena finito la lezione di canto corale. Esce dall’Istituto Ludovico da Victoria, in compagnia dell’amica Raffaella Monzi. Mentre camminano verso la fermata del bus, in corso Rinascimento, davanti al Senato, Emanuela le confida di aver ricevuto un’offerta di lavoro per conto di una ditta di cosmetici che le ha proposto di distribuire volantini per 375mila lire durante una sfilata di moda. Avrebbe dovuto dare risposta quella stessa sera a chi le ha offerto quel lavoretto ben pagato. Raffaella sale sul bus, non la rivedrà mai più. Mentre aspetta l’autobus in corso Rinascimento, Emanuela viene raggiunta da un’altra ragazza: bassa, capelli scuri e ricci, fisico rotondetto. Una sagoma, questa, ancora avvolta nel mistero. Questa “amica” che è assieme a Emanuela viene vista anche da un’altra ragazza della scuola di musica, Maria Grazia Casini, che si trova a passare da lì come ha riferito nell’interrogatorio del 29 luglio del 1983. Nella ricostruzione degli ultimi attimi in cui Emanuela Orlandi è stata vista in vita, si incastra la testimonianza rilasciata all’epoca dalla Casagrande che disse che mentre avanzava su quello stesso marciapiede, ha visto per l’ultima volta Emanuela dietro di sé. Poi non l’ha più vista.

Le audizioni alla commissione di inchiesta
Il 20 giugno del 2024 Laura Casagrande era stata convocata davanti alla bicamerale di inchiesta che indaga sul mistero della Vatican Girl. In quella circostanza ha negato le testimonianze dell’epoca dicendo di non ricordare più di aver visto Emanuela quel giorno dietro di sé. “Non ricordo di averla vista, non ricordo nulla della mia deposizione, ho il vuoto totale”, ha detto. “Ricordo il fatto che era arrivata tardi quel giorno a lezione, è l’unica immagine che ho conservato”, ha aggiunto. Un’audizione che, afferma in queste ore all’Ansa il presidente della Commissione bicamerale Andrea De Priamo, “apparve molto contraddittoria, come se la audita volesse togliersi dalla scena”. “Successivi accertamenti ci fanno tutt’ora ritenere – aggiunge – che possa essere stata una delle ultimissime se non l’ultima persona ad aver visto Emanuela a corso Rinascimento. L’ufficio di presidenza aveva già inserito il suo nome tra le persone da risentire, non escludendo di farlo attraverso la forma dell’esame testimoniale e non quella della libera audizione”. E anche dai verbali dell’epoca risulterebbe che possa essere stata proprio Laura Casagrande l’ultima persona a vedere la ragazza il giorno della scomparsa in corso Rinascimento (fonte: Ansa).

La telefonata misteriosa
Nel corso della prima audizione della Casagrande in commissione (a distanza di un mese ce ne sarà un’altra) la donna oggi 56enne ha poi parlato del ‘telefonista’ che chiamò a casa sua. La Casagrande è infatti una testimone importante: la mattina dell’8 luglio del 1983 alcuni giornali riportarono le ipotesi della polizia secondo le quali a rapire Emanuela sarebbe stato un gruppo che operava con precise finalità terroristiche. Ebbene, verso le quattro del pomeriggio di quel giorno, uno sconosciuto, o con accento mediorientale, telefonò proprio a casa di Laura Casagrande per dettare a sua madre (che ripose al telefono) un messaggio da consegnare all’Ansa, mentre Laura prendeva nota. I presunti rapitori chiesero la liberazione di Agca. Intervistata in quei giorni, Laura disse all’epoca a un noto programma televisivo, Telefono Giallo: “Il messaggio diceva che Emanuela era stata presa soltanto perché era cittadina vaticana e poi c’erano ancora 20 giorni di tempo prima che fosse uccisa. Mi ero presa paura mi chiedevo come mai avessero il mio numero”. Sembra che il numero fosse su un bigliettino, e che sia stato poi reperito da chi rapì Emanuela dalla tasca dei suoi jeans. Ma poi, lo scorso anno la Casagrande ha ricordato in commissione: “Sicuramente, nel corso dell’anno scolastico le avrò dato il mio numero di telefono e l’indirizzo, scrivendoglielo, mi ricordo, su un foglietto di carta. Da piccola avevo la passione dello scambio epistolare e le scrissi il mio numero, visto che stava finendo l’anno”, ha confermato la donna. Quel numero in effetti era scritto anche sul quaderno di solfeggio di Emanuela Orlandi poi pubblicato dagli organi di stampa. Di quella telefonata la Casagrande ha detto in commissione: “Il timbro di quella voce era tra l’arabo e il mediorientale ed era incalzante, non riuscivo a stare dietro alla dettatura”.

La terza testimonianza pubblica della Casagrande
Nel 2024, a distanza di un mese dalla prima audizione, Laura Casagrande è stata riconvocata dai commissari a Palazzo San Macuto che sono tornati sulla telefonata datata 8 luglio 1983. Questa, dopo la sua intervista dell’epoca e dopo la prima audizione, sarebbe la terza pubblica testimonianza della donna in cui disse: “La voce (del presunto rapitore, ndr) aveva un timbro tra l’arabo, l’orientale e il mediorientale, anche se non so distinguere l’arabo dal turco”. Tornando al giorno della scomparsa di Emanuela ha ribadito: “Il ricordo che ho impresso di quel giorno è che non venne alla lezione di coro. La aspettavo, perché era una delle ragazze con le quali avevo più legato. Non la vidi arrivare o arrivò molto tardi, a lezione cominciata: questo ora mi sfugge. Non ho memoria alcuna. Non ricordo nulla di tutto quello che ha riletto della mia deposizione dell’epoca. Ho un vuoto totale”. Tutto questo è parso molto “oggettivamente molto strano” al presidente della Commissione Andrea De Priamo.

Le parole dell’avvocato di Orlandi
Dichiara oggi a FqMagazine l’avvocato Laura Sgrò: “Le incongruenze nelle sue dichiarazioni ci sono da sempre ed è molto sensato fare un approfondimento come spunto investigativo delle prime ore della scomparsa di Emanuela”.
“Questa notizia è una molto positiva perché la Casagrande delle cose strane le ha dette, ci sono molte discrasie e lei è importante per ricostruire tutto dall’inizio”. L’avvocato di Pietro Orlandi fa notare inoltre che: “Sembrerebbe quantomeno strano che all’epoca della telefonata del 1983 la Casagrande e sua madre andarono direttamente all’Ansa, così come gli dissero di fare i telefonisti e non dai Carabinieri anche solo per la paura”.

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