“Non credo ci siano i resti di Emanuela lì sotto ma qualcosa che riguarda lei forse sì”: così Pietro Orlandi ieri a “Storie Italiane”, il programma Rai condotto da Eleonora Daniele. Il fratello della cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno del 1983 parla degli scavi in corso alla Casa del Jazz di Roma.
Gli scavi interrotti
I lavori erano partiti, un mese fa circa, su iniziativa dell’ex giudice Guglielmo Muntoni che ha reperito dei fondi privati per procedere. La sua ipotesi investigativa è che i sotterranei di Villa Osio, prima che venisse confiscata alla criminalità per diventare un polo culturale, possano nascondere qualcosa nell’antica e storica galleria che venne tombata nel 1994 da Enrico Nicoletti, il cassiere della Banda della Magliana che acquistò la villa dal Vicariato. “Potremmo trovare dei corpi lì sotto e uno dei corpi ipotizzati è quello del giudice Paolo Adinolfi” ha dichiarato Muntoni. (fonte: Il Giornale). Il giudice scomparso e mai ritrovato lavorava per la sezione fallimentare di Roma e a quel tempo stava indagando, siamo agli inizi degli anni ’90, su alcune grosse operazioni finanziarie illecite gestite anche da Nicoletti. A orientare gli scavi è stato, nelle scorse settimane, don Domenico Celano, un sacerdote che apparteneva alla congregazione religiosa che ha gestito la compravendita del Vicariato di Roma al boss della banda di Romanzo Criminale. Adesso, i lavori sono stati bloccati. “Improvvisamente si sono fermati dopo aver inserito la sonda, non sappiamo perché. Pensavamo per il mal tempo – ha ipotizzato ieri Eleonora Daniele – ma adesso a Roma splende il sole da giorni”. “C’è qualcosa in più – ha suggerito ieri Pietro Orlandi –, hanno investito tempo e soldi: che smettano di cercare è quantomeno strano. Il fatto che li abbiano bloccati mi fa pensare che può essere successa qualunque cosa. Evidentemente con la sonda avranno visto qualcosa e hanno preferito forse interrompere i rapporti coi media per procedere con cautela. Qualcosa è accaduto, se non avessero trovato nulla lo avrebbero detto, no?” si domanda Orlandi dopo che, giorni fa, era stata diffusa la notizia del ritrovamento della botola che conduceva al sottosuolo interrato da Nicoletta, poi trivellato e sondato dagli operai.
Le parole del prete
“Lì sotto potrebbe esserci qualcosa di Emanuela, potrebbe avercela messa Enrico De Pedis, io penso che lì qualcosa c’è”, ha detto ieri Pietro Orlandi. Poche settimane fa, don Celano, il sacerdote che ha indicato agli operai dove scavare, aveva tracciato una breve storia di Villa Osio davanti alle telecamere di Storie Italiane. “Quel bene fu alienato dal Vicariato per appoggi che Nicoletti aveva nelle alte sfere, riuscì a orientare le autorità religiose sulla vendita. Nicoletti era persino parente di un monsignore del Vicariato. (Quando era di proprietà della Chiesa, ndr) Andavamo a giocare in quel tunnel coi seminaristi – ha poi aggiunto don Celano – e solo dopo Nicoletti l’ha ampliato rompendo un muro. Se scavano, di sicuro trovano il tunnel di cui parlo”. Don Celano ha anche costruito a mano un modellino di Villa Osio che ha recapitato ieri al programma Storie Italiane. Un disegno di com’era, lo consegnò nel 2011 anche alla sorella di Emanuela Orlandi, Natalina. Ha ribadito nelle scorse settimane di averlo consegnato al marito di Natalina che è architetto “perché facesse delle verifiche al catasto”. “Era un periodo molto particolare – ricorda Pietro –, non potevamo andare a scavare noi ma avvisammo chi di dovere su questa questione”. Per un periodo don Celano non ha più parlato alla stampa, “Mi hanno detto bocca cucita, non posso più parlare” ma ieri ha rotto di nuovo il silenzio stampa a Storie Italiane.
Il documento scomparso
A Villa Osio si era, tempo fa, già scavato, ben prima che diventasse la Casa del Jazz, nel 1997. Eleonora Daniele ha ieri mostrato la relazione finale sulla conclusione degli scavi, datata luglio del 1997. Su cui c’è scritto: “In nessun punto sono presenti tracce di attività umane risalenti all’ultimo decennio, fatta eccezione per la gradinata ed è esclusa la presenza di cadaveri umani”. “Manca una pagina da questa documentazione”, ha fatto notare la conduttrice televisiva. “Non condivido questa conclusione – ha spiegato l’avvocato di Pietro Orlandi, Laura Sgrò –.perché all’epoca coi georadar sono stati in un’area ben delimitata che invece si estende attraverso cunicoli che non sappiamo dove portino. Non possiamo più essere spettatori di tutto questo. Chiederemo alla procura di aprire un’indagine in relazione a questi scavi e che don Domenico venga ascoltato. Credo che sappia molto di più di quello che ha detto E più di una volta ha utilizzato questa frase: “Lo sapevano tutti, ma cosa? Che andasse a raccontarlo agli inquirenti”. Che il prete in questione sappia qualcosa in più lo pensa anche Pietro Orlandi: “Lui parla chiaramente di Emanuela Orlandi, fa sempre il suo nome con riferimento a fatti particolareggiati. Ci sono tre inchieste aperte su mia sorella e nessuno lo ha ancora convocato, mi pare assurdo. Credo sia un dovere ascoltarlo da parte delle procure (italiana e vaticana) e della commissione parlamentare, era la prima cosa da fare. Forse non può dirlo ai media ma qualcosa lui saprà”.
La pista familiare
Ieri, anche il giornalista Massimo Giletti è tornato sul mistero della Vatican Girl nel suo programma “Lo Stato delle cose”. “Io vado avanti per la mia strada, seguendo la pista familiare”: ha dichiarato, rispondendo alle critiche della famiglia Orlandi. “Una pista mai seguita e approfondita in modo serio”, ha aggiunto Giletti, puntando il dito contro gli inquirenti dell’epoca. Giletti ha poi nuovamente mostrato un verbale dei Carabinieri datato 30 agosto 1983 in cui Natalina raccontava al Capitano dell’arma di alcune avances ricevute, nel 1978 quindi cinque anni prima, dallo zio Mario Meneguzzi. La questione è riemersa due anni fa durante il Tg La7 quando Enrico Mentana mostrò una lettera spedita dal Vaticano al padre spirituale di Natalina (l’unico a conoscenza dei fatti, oltre al marito di lei) in cui il sacerdote confermava al segretario di Stato del Vaticano di queste “avances verbali” (ha poi chiarito la donna in tempi recenti). “Colpisce il modo in cui è stata sminuita la cosa”. (fonte: Lo Stato delle Cose”. “Perché Pietro – ha dichiarato Giletti rivolendosi al fratello di Emanuela Orlandi – non sto dicendo che tuo zio ha rapito tua sorella ma che bisognava indagare meglio”.
Le parole di Natalina
“A 70 anni non potrei pensarla come a 20, sarei ridicola”: ha detto Natalina Orlandi a Lo Stato delle cose, rispondendo all’accusa di aver ridimensionato i fatti del 1978. “All’epoca sono stata onesta, l’ho raccontata a chi di dovere (ai Carabinieri, ndr). Non l’ho raccontato certo a mio padre. Quando accadde, il mio fidanzato andò da mio zio e gli disse di lasciarmi in pace. Fu risolto così, non l’ha più fatto. Ho salvato la mia famiglia, è stata una mia decisione mia e nonostante tutto oggi confermo che mio zio Mario è stata l’unica persona che ha aiutato mio padre. Sia lui che il fratello: furono loro a stampare i manifesti di Emanuela che mettemmo in giro per Roma. Per me la questione era risolta, adesso la fate sembrare non risolta”. “Io se avessi dei dubbi anche su mio padre – ha risposto Pietro agli inviati de Lo Stato delle Cose – lo direi perché voglio arrivare alla verità. La storia delle avances è finita lì e non c’entra col rapimento di Emanuela. Non posso pensare che il Vaticano e Papa Giovanni Paolo II abbiano detto delle cose perché tentano di coprire mio zio da 42 anni. Io vado avanti, voglio capire cosa è successo a Emanuela, non stare dietro a questo gossip. 40 anni di falsità mi hanno stancato”.