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“Vorrei avere il cervello di una donna, basterebbe mezz’ora al giorno. Da ragazzo volevo fare il prete, mia mamma mi sognava parroco. Le disgrazie? Arrivano da sole”: parla Giovanni Rana

L'imprenditore si racconta: dalla vocazione religiosa all'intuizione dei tortellini, fino al ruolo fondamentale delle donne nella sua vita

di Redazione FqMagazine
“Vorrei avere il cervello di una donna, basterebbe mezz’ora al giorno. Da ragazzo volevo fare il prete, mia mamma mi sognava parroco. Le disgrazie? Arrivano da sole”: parla Giovanni Rana

“Se rinasco, vorrei avere il cervello di una donna. Basterebbe mezz’ora al giorno”. È una frase che fa sorridere la platea, ma che racchiude l’essenza di Giovanni Rana, 88 anni, imprenditore pop e simbolo di un’Italia operosa che ha trasformato la cucina in industria e l’artigianato in cultura. L’ha pronunciata, come riferisce il Corriere della Sera, durante una serata organizzata a Padova dalla Fondazione Bellisario, l’occasione per ricostruire mezzo secolo di vita italiana attraverso la sua storia. “Sono credente – esordisce -. Da ragazzo facevo il chierichetto e volevo fare il prete. Anche mia mamma lo pensava: il parroco le diceva ‘Signora, sarebbe perfetto’”. Poi la strada cambiò, e a trasformarlo non fu la vocazione religiosa ma la fatica del lavoro. Gli anni in cui i fratelli lo misero a lavorare nel forno di famiglia “per raddrizzarlo”, quando la maestra ripeteva: “Signora, purtroppo il ragazzo non ce la fa a stare fermo”. A quell’energia instancabile, Rana deve tutto.

La sua intuizione nasce da un’osservazione semplice: nelle botteghe venivano esposti i primi tortellini confezionati. “Chiedevo sempre: quanto costano? Quanti ne vendete? Era una specie di marketing casereccio”. Negli anni Sessanta capisce che le giovani spose non hanno più tempo per fare la pasta ripiena: “Allora li ho fatti io per loro”. Il laboratorio artigianale nasce in una stalla di venti metri per venti, messa a disposizione dal suocero. “Non voleva soldi: dovevo solo sistemarla. Con un amico tiravamo su i muri e io li dipingevo. Una signora centenaria mi insegnò la ricetta: io la pasta, la mia fidanzata il ripieno”. Un’Italia che dava spazio a chi aveva un’idea: “Era un prato verde, dove tutti potevano provare”.

A colpire la platea è la sua riflessione sulle donne: “Hanno un ruolo fondamentale nella mia vita. Hanno un udito speciale, quello del cuore”. Racconta un aneddoto: “Chiedevo alla segretaria di ascoltare i colloqui da dietro la porta. ‘Poi dimmi cosa ne pensi’, le dicevo”. Da qui la frase che resterà: “Se rinasco, vorrei avere il cervello di una donna. Le donne hanno una marcia in più”. E poi ancora: “Le disgrazie arrivano da sole. La felicità invece bisogna cercarla: costa niente e vale tutto”. Ultimo di sei figli, rimasto presto senza padre, Rana dice di non essersi mai sentito solo: “Vado a Roma o a Napoli e qualcuno mi saluta: ‘Ciao Giovanni’”. La fede lo accompagna: “È rimasta come una compagna di lavoro”.

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