Moda e Stile

Prima della Scala 2025, i retroscena dal foyer: Mahmood e Achille Lauro emozionati (ed elegantissimi). Enzo Miccio: “Look sottotono. C’è qualche coroncina, qualche zarina russa, ma regna la sobrietà”

Sobrietà, velluto e nero dominano il red carpet, mentre il Piermarini applaude per undici minuti l’opera censurata da Stalin e riportata alla ribalta. Ecco chi c'era (e chi no) e com'era vestito

di Ilaria Mauri
Prima della Scala 2025, i retroscena dal foyer: Mahmood e Achille Lauro emozionati (ed elegantissimi). Enzo Miccio: “Look sottotono. C’è qualche coroncina, qualche zarina russa, ma regna la sobrietà”

L’avviso sui display delle poltroncine rosse avverte il pubblico sui contenuti violenti e sulle scene a tinte forti. La storia racconta di una donna, Katerina che desidera affermare la sua libertà e affrancarsi dal marito che le è stato imposto. Appassionata e desiderosa di libertà, si innamora, tradisce e uccide. In piazza, i cori delle proteste dei sindacati e dei gruppi pro Palestina – “No al colonialismo, vergogna!” – fanno da controcanto al rito mondano della Prima. Dentro, nel ventre dorato del Piermarini, la stagione lirica 2025/26 si apre con Una Lady Macbeth del distretto di Mtsensk” di Dmitrij Shostakovich, diretta da Riccardo Chailly, mentre platea e palchi si trasformano in un teatro nel teatro: quello dei look, degli omaggi e dei messaggi silenziosi affidati agli abiti.

Sul tappeto rosso arrivano uno dopo l’altro imprenditori, politici, artisti, volti dello spettacolo. Pierfrancesco Favino, in impeccabile smoking blu grigio scuro Armani, sfila al fianco di Anna Ferzetti, avvolta in un abito blu e verde smeraldo tempestato di leggere brillantezze, anche questo firmato Armani. È uno dei tandem più eleganti della serata, quasi un manifesto vivente di quello che sarà il fil rouge dell’inaugurazione: la memoria ancora freschissima di Giorgio Armani, scomparso il 4 settembre, e un tributo compatto al suo lessico di sobrietà e rigore. Ma si sente l’assenza anche di Ornella Vanoni, altra habitué.

Achille Lauro, con il suo ricciolo di capelli che cade sulla fronte, sceglie uno smoking Dolce&Gabbana, completato da mocassino di vernice e una spilla di brillanti a forma di corolla. “Sono contento di essere spettatore per una volta”, dice sorridendo. Mahmood, anche lui al debutto alla Scala, opta per un particolare smoking Versace: giacca nera, papillon, panciotto nero con ricami oro che ricordano i toreri spagnoli. “Sono felice, è la mia prima volta”, confessa, visibilmente emozionato all’idea di essere, per una sera, dall’altro lato del palcoscenico. Quando si incontrano nell’amezzato durante il primo intervallo si abbracciano e si salutano come due vecchi amici che non si vedono da tempo: sono spontanei e anche un filo imbarazzati davanti alla raffica di domande dei cronisti, ma se la cavano alla grandissima. Non ci sono né la premier Meloni né il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma tra gli ospiti più attesi c’è Liliana Segre, affezionatissima al Teatro, presente su incarico proprio di Mattarella. “Opera scandalosa ma interessante”, dirà a fine spettacolo, cogliendo in poche parole lo spirito della serata: un’opera che fu censurata per anni nell’Unione Sovietica, riportata al suo pieno potenziale sulla scena scaligera.

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, unico membro del governo presente, arriva accolto dal prefetto Claudio Sgaraglia, dal governatore della Lombardia Attilio Fontana e dal sindaco Beppe Sala davanti all’ingresso del Piermarini. “Buonissima la Prima, grande prova d’orchestra”, commenterà poi. Accanto a Sala, elegantissima, la compagna Chiara Bazoli in un sofisticato Giorgio Armani Privé in velluto nero, con corpetto destrutturato e punti luce sul décolleté: uno dei look più fotografati della serata. Con lei, in Armani Privé, anche Giovanna Salza e Anna Olkhovaya, moglie dell’ex sovrintendente Dominique Meyer.

Barbara Berlusconi, oggi nel Consiglio d’amministrazione del Teatro, indossa un prezioso abito ricamato di Giorgio Armani. “È un abito di qualche collezione fa”, precisa. “L’ho già indossato altre volte e mi è sembrato un modo bello per ricordarlo e celebrarlo”. Poi aggiunge il senso del suo nuovo ruolo: “È una bella emozione, c’è tanto lavoro da parte mia, ma soprattutto questa è un’occasione importantissima che porta Milano nel mondo”.

La danza è protagonista anche fuori dal palcoscenico. Arrivano in coppia, come sempre, Nicoletta Manni, étoile della Scala, e il marito Timofej Andrijashenko, primo ballerino, entrambi in Giorgio Armani. Lei in un elegante abito lungo, lui in smoking. “Una volta all’anno siamo dall’altra parte del palcoscenico ma soprattutto per noi è una serata speciale che segna sempre un nuovo inizio”, racconta Manni. “È una serata importante per Milano, dove vogliamo portare anche il nome del corpo di ballo della Scala”, aggiunge Andrijashenko.

Il parterre dei danzatori crea quasi un tableau vivant dedicato alla sartoria di via Borgonuovo: la prima ballerina Virna Toppi in completo Armani; i primi ballerini Nicola Del Freo, Claudio Coviello e Marco Agostino in smoking della maison; le prime ballerine Martina Arduino e Alice Mariani in abiti Armani; Antonella Albano in una tuta elegantissima, moderna e pulita, sempre firmata Giorgio Armani. Una sfilata collettiva che trasforma la Prima in un grande, discreto omaggio al “Re Giorgio”.

Nel foyer passa anche Giorgio Pasotti, emozionato per il suo debutto alla Prima del 7 dicembre. “Avevo visto la prima di un balletto con Roberto Bolle ma non un’opera lirica”, racconta. “Mi aspetto uno spettacolo molto forte, so che quest’opera è stata censurata per anni e anni e noi abbiamo il privilegio di vederla. Evidentemente è qualcosa di molto impattante e per chi viene dal cinema come me è affascinante”.

Federica Panicucci sceglie un lungo abito da sera elegante e misurato, al fianco del compagno Marco Bacini. Tra i volti televisivi spunta anche Vittorio Brumotti, storico inviato di “Striscia la notizia”. Il total black domina, rassicurando i più tradizionalisti: abiti lunghi, velluti, schiene nude, punti luce di cristalli, qualche pennellata di colore – fucsia, bianco, verde smeraldo – ma nessun eccesso urlato. Lontani i tempi della parata di pellicce e dell’ostentazione in stile Santanché: questa Prima parla con il linguaggio della misura. O, per dirla con le parole del conduttore televisivo Enzo Miccio: “Il foyer è un po’ sottotono quest’anno. C’è qualche coroncina, qualche zarina russa, con queste bellissima mise bianche, ma in generale devo dire che regna la sobrietà. Nel primo anno senza Giorgio Armani ci sono tantissime signore che hanno scelto di indossare il suo stile. Come Anna Ferzetti, che ha scelto un bellissimo abito in tulle ricamato, come la compagna del sindaco Sala (Chiara Bazoli) e come tantissimi uomini. Tutti in blu Armani, un classico chic senza tempo. Io però, pensando al gelo della Russia, ho deciso per il bianco”.

Dentro la sala, l’attenzione si sposta sul palcoscenico: “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk” nella versione originale del 1934 – quella che fece infuriare Stalin – inaugura la stagione con oltre undici minuti di applausi, fiori lanciati dai palchi, nessun fischio. Riccardo Chailly, al suo dodicesimo e ultimo 7 dicembre scaligero, guida l’orchestra con energia e chiarezza, restituendo tutta la durezza, l’ironia e il tragico paradosso della scrittura di Šostakovič. Sara Jakubiak, protagonista nel ruolo di Katerina Izmajlova, racconta così la sua serata: “La mia Katerina? È stata una tigre. Non mi aspettavo questo successo, non si aspetta mai una cosa del genere nella vita. Non so dire quanto mi senta fortunata per questo. Penso di aver guidato la macchina a 200 miglia all’ora in questa esperienza. E sono semplicemente felicissima”. Accanto a lei, Najmiddin Mavlyanov, Yevgeny Akimov e Alexander Roslavets compongono un cast solido, capace di fare esplodere tutte le sfumature taglienti dell’opera.

La regia di Vasily Barkhatov trasporta la vicenda negli anni Cinquanta dell’Unione Sovietica, mescolando realismo e visioni, violenza e pietà, erotismo e grottesco. Scene, costumi e luci costruiscono un ambiente essenziale ma potente, che dialoga con la musica senza sovrastarla. Lo spettacolo conquista platea e gallerie, in una serata che entra di diritto nel ciclo delle Prime più applaudite degli ultimi anni. Ma è la forza delle immagini, crude e violente, oltre alla strepitosa musica che passa dal registro più tragico a quello talvolta scanzonato, a fare la differenza rispetto ad altre opere. Immagini ancora oggi di impatto, come quella che vede il suocero molestare Caterina o quella del palpeggiamento di una lavorante nella cucina del ristorante. Nell’ultima scena del primo atto, fortissima, il regista sceglie una sovrapposizione di piani temporali: Caterina e il suo amante, Sergej, stanno consumando la loro passione sulla sedia e sul tavolo del locale mentre attorno ci sono uomini di potere che fotografano e deridono la donna. Solo lei. Anche se entrambi pagheranno per aver ucciso. Il secondo atto presenta già nello sviluppo iniziale un’altra scena violenta. Il garzone amante di Caterina, Sergej, è tenuto fermo e frustato dal suocero della donna davanti ai suoi occhi. Ma è la musica Shostakovich la vera protagonista. L’eccellenza del cast vocale, del coro, della direzione musicale di Chailly, della regia e allestimento ‘cinematografico’. Tutti aspetti capaci di restituire al pubblico passaggi emotivi e stati d’animo, in una sovrapposizione di piani e dimensioni. Poi il gran finale con effetti a sorpresa hollywodiani.

Il rito sociale della Prima mostra tutta la sua vitalità. In sala, oltre al sindaco Sala e al ministro Giuli, il presidente della Corte costituzionale Giovanni Amoroso, il governatore Attilio Fontana, il Consiglio d’amministrazione della Scala con Giovanni Bazoli, Barbara Berlusconi, Diana Bracco, Claudio Descalzi e Melania Rizzoli, gli ex sovrintendenti Carlo Fontana, Alexander Pereira e Dominique Meyer. A sorpresa, tra gli ospiti internazionali, appare l’attore britannico Russell Tovey, in un completo Versace con camicia gialla, molto fotografato. “È uno spettacolo bellissimo ed è davvero un privilegio essere qui”, dice. “Non ho mai vissuto qualcosa di simile a Milano ed è un onore essere qui a godermi questo evento”. Sull’opera aggiunge: “Ho preferito la seconda parte. Continuo a lasciarmi assorbire dall’orchestra. Sono così affascinato e ipnotizzato nel guardare gli strumenti. È semplicemente magico. È un’opera difficile e sono contento che ci siano le traduzioni. È una rappresentazione epica e le scenografie sono incredibili”. Ricorda anche la storia dell’opera: “È stata vietata in Russia per molti anni e solo negli anni ’70 è stato permesso mostrarla di nuovo. Trovo affascinante che l’arte possa essere così controversa e che possa suscitare una reazione tale da portare le persone a vietarla”.

Un record, la “Lady Macbeth” di Šostakovič, lo segna comunque: con 1.896 spettatori e un incasso di 2.679.482 euro, supera di oltre 100mila euro la Prima della scorsa stagione, diventando l’inaugurazione più redditizia nella storia del Teatro. Per cinquecento invitati la serata prosegue alla Società del Giardino, dove lo chef Davide Oldani firma la cena di gala con piatti che raccontano Milano, dalla vellutata di zucca con polvere di caffè ai cappelletti al burro nocciola fino al rustin negàa.

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