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“Ho i nomi che Virginia Giuffrè non ha fatto per proteggere i suoi figli. Sono consapevole dei rischi”. Le rivelazioni di Amy Wallace

L'autrice di "Nobody's Girl" parla dei potenti coinvolti nel giro di traffico sessuale di Epstein e delle prove nascoste

di Antonella Zangaro
“Ho i nomi che Virginia Giuffrè non ha fatto per proteggere i suoi figli. Sono consapevole dei rischi”. Le rivelazioni di Amy Wallace

“Ho i nomi in tante registrazioni dei nostri colloqui, ma Virginia non ha voluto rivelarli per proteggere i suoi figli. E comunque i nastri non sono a casa mia”.
Amy Wallace ha scritto il libro di memorie Nobody’s Girl (edito da Bompiani) insieme a Virginia Giuffrè; lei sa tanto, se non tutto ciò che accadeva nelle ville e sugli aerei privati di Jeffrey Epstein: chi c’era, chi aveva goduto delle prestazioni delle ragazze che lui metteva a disposizione di amici e ospiti. Il finanziere con il forte accento di Brooklyn conosceva i desiderata dei potenti di cui amava circondarsi, le loro perversioni e sulla base di queste intesseva relazioni tra sesso e affari, scalata sociale e avvertimenti in stile mafioso.

“Sono consapevole dei rischi” ci ha spiegato Amy Wallace davanti ad uno sfondo turchese lucido ed intenso che la incornicia mentre si trova in America. “Ho sperato di essere protetta dal fatto che il libro ormai è fuori e non si può tacere; ma i figli di Virginia sono ancora vivi” e, ricordando le diverse minacce, anche di morte, ricevute dalla grande accusatrice di Epstein, dell’ex principe Andrea, di un ex primo ministro, di imprenditori e professori rimasti ancora anonimi, ribadisce che non sarà lei a rivelarli, limitandosi a confermare “sapendo chi sono i nemici, sono attenta”. L’America in questi giorni è ancora appesa alle promesse di Donald Trump che in campagna elettorale aveva assicurato la sua intenzione di dare il via libera alla pubblicazione dei file di Jeffrey Epstein; lì sarebbe custodito ogni segreto, ogni nome altisonante di chi ha partecipato all’orgia collettiva di quei potenti della terra ai quali venivano date in pasto minorenni in difficoltà, arruolate dal faccendiere ambizioso e dalla sua sodale inglese dell’upper class, Ghislaine Maxwell, oggi in carcere in attesa della “grazia” di Trump. Chi sa parli è la richiesta che non conosce più colore politico, perchè al congresso ormai tanto i democratici quanto i repubblicani hanno compreso che è ora di aprire quei faldoni e dire la verità.

Quando Epstein nel 2006 fu arrestato la prima volta nella sua casa di Manhattan si era preparato all’arrivo della polizia. Come spiegato anche nel libro, i computer erano scomparsi e così tutte le prove che potevano contenere. Ma la seconda visita delle forze dell’ordine, tredici anni dopo, lo colse impreparato, quindi “potrebbero esserci stati souvenir o raccolte di prove”, scandisce la Wallace ricordando, tra l’altro, come l’ossessione di Epstein per i trofei così come le foto, nude, delle giovani che avevano frequentato la sua vita, era talmente forte che difficilmente li avrebbe distrutti tutti. E non va dimenticato che le sue case erano piene di telecamere “quindi dovrebbero esistere le registrazioni”. Amy Wallace ribadisce come nulla fosse stato lasciato al caso quando lei e la Giuffrè avevano messo insieme ricordi e prove: “Sono una giornalista, non potevo scrivere un libro vago, ma dovevo verificare tutti i fatti perchè era importante che creassimo un documento credibile”.
La grande accusatrice di Epstein e della sua rete di potenti, si è tolta la vita lo scorso aprile, a 41 anni, sopraffatta dai suoi demoni, ma ha preteso che Amy Wallace andasse avanti con il loro progetto e che il libro uscisse ad ogni costo.

Tormentata dalle voci che le ripetevano continuamente che il mondo sarebbe stato migliore senza di lei, alla fine ha ceduto e la giornalista, che le è stata vicina negli ultimi tempi, dubita che la sua morte possa avere una spiegazione diversa da quella ufficialmente accettata del suicidio.
“Io non c’ero quando è morta, ma c’era il fratello minore Skydy e lui è sicuro che si sia tolta la vita”. Wallace ricorda come quel giorno Virginia Giuffrè si trovasse sola in casa e la porta fosse chiusa a chiave dall’interno. In passato aveva già tentato di togliersi la vita due volte e nel 2019 aveva scritto su X “non ci credete” se vi diranno che mi sono uccisa. “Capisco i sospetti – ha chiosato Wallace ricordando quante morti di questo tipo abbiano cancellato i protagonisti della vicenda Epstein (lui compreso) – la lista è lunga e mancano informazioni”, da qui l’urgenza di pubblicare tutti i contenuti dei file.

Oggi io parlo per lei perchè non c’è, ma questo è il suo libro, è la sua storia, il suo coraggio”. Wallace commossa, ci spiega come la prima motivazione di Virginia Giuffrè fosse quella di aiutare tutte le vittime di violenza, e “migliaia di persone mi hanno cercata anche attraverso i social per dirmi grazie, vorrei poter ringraziare Virginia”. “L’altro giorno una signora di 70 anni mi ha scritto dall’Australia per dirmi: quando avevo 3-4 anni sono stata violentata da un vicino di casa e prima di leggere questo libro non avevo mai capito quanto questo mi avesse fatto male. Grazie per avermi aiutata a guarire”. La giornalista sorride con dolcezza quando il ricordo si fa più personale e descrive la relazione che si era instaurata tra le due. “Lei amava fare spese, l’ultima volta che andammo per negozi era l’ottobre 2024 e lei cercava sempre di comprarmi dei regali”.

Oggi Amy Wallace indossa il grosso anello nero a forma di rosa e creato da una cerniera di stoffa, comprato per 50 centesimi da una ragazza che amava fare regali, cercava di accudire chiunque, in primis la sua famiglia ed i suoi figli, gli amati animali, persino i suoi aguzzini, chiunque tranne se stessa. “Non voglio che la mia vita sembri perfetta dopo tutto quello che ho passato – ripeteva sempre – io cerco di farla sembrare così, ma io sto male ogni giorno e questo deve essere detto. Non sono perfetta, faccio fatica”. Il modo in cui Giuffrè entrava in connessione con le persone che sono state abusate era il suo grande dono, come ricorda Wallace spiegando come la sua storia, oggi più che mai, abbia aperto uno squarcio sulle grandi ingiustizie sociali che abitano negli Stati Uniti, un paese “dove a natale non ci saranno i soldi per riscaldare tante case, dove il presidente dice che i generi alimentari sono più economici ma non è vero”. Questa non è solo una storia di sesso e violenze, insiste Wallace, ma di potere e di classi sociali, di uomini ricchi che adescavano e stupravano ragazzine povere. Questa, a suo dire, si sta trasformando nel simbolo di un discontento più grande infiammato dall’intreccio di potere e abusi ed una indignazione generale che oggi chiede a gran voce che giustizia sia fatta.

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