Nayt, l'emozione di un vero e proprio debutto - 4/7
“Che cos’è l’arte? Cos’è che dà veramente senso alle cose in un periodo storico dove la raccolta di dati fa da padrona. Un’epoca in cui siamo sommersi dalle informazioni. Io credo che la risposta sia il racconto. Avere la capacità di mettere in ordine i dati con lo scopo di ricostruire la storia. La nostra. È questo darci un senso. Forse inconsciamente l’ho sempre saputo ed è questo che ha portato ad innamorarmi della scrittura e a farlo con la musica. E oggi che l’industria si rapporta al pubblico esclusivamente come una macchina fa con i suoi consumatori, io è proprio al racconto che voglio rivolgere l’attenzione. Qualche tempo fa ho letto che gli antichi greci sostenevano che se qualcosa non ha un nome per essere chiamata allora non esiste. Immaginiamo di non avere dei termini per esprimere quello che sentiamo. Oggi non mi sembra una condizione tanta rara. Credo che porti ad uno stato di solitudine devastante, ad una vera e propria incapacità di vedere sé stessi e gli altri. l’esatto opposto di quello che io trovo sia la cultura. Allora ho pensato che in questo senso riuscire a dare un nome alle cose significhi diminuire il dolore nel mondo. E io come artista posso concentrarmi su questo. Posso provare, in qualche modo, a trovare il vero nome delle cose e magari fare la magia di chiamare le cose con il loro vero nome”, aveva detto Nayt durante il suo monologo a “Le Iene”.
Anche William Mezzanotte, così all’anagrafe, sarà per la prima volta in gara alla 76ª edizione del Festival di Sanremo. Nayt è tra gli artisti più apprezzati e introspettivi della sua generazione e, con la sua scrittura, riesce a smuovere le coscienze trattando, nei suoi brani, temi non convenzionali. Un esempio è “Di abbattere le mura (18 donne)”, una canzone-poesia dove Nayt omaggia diciotto donne. “Non ho perso un fratello come accadde a Ilaria Cucchi, che mostrò a tutti un omicidio che altri non vedevano. Non ho visto l’inferno di Liliana Segre. La colpa di esser nata, l’amore che ha esternato. Non sono Michela Murgia e la sua lotta al patriarcato. Il suo sorriso, gli strumenti che ha lasciato (…). Io non sono Alda Merini, la poesia e l’elettroshock. Vestito incandescente che indossò andando via. Non sono Paola Zukar per l’hip hop (…). Né Letizia Battaglia e la sua guerra alla mafia (…). O Giulia Cecchettin, che invece ci ha provato. Io non sono mia madre e tutti i suoi sacrifici. Né mia nonna e i problemi con tre figli”, dice Nayt, prima d’interrogarsi. “Ma io che cosa sono? Davvero, chi sono? La mia identità è un interrogativo a cui non rispondo. E per arrivare in fondo, per trovare me. A volte penso di dover sottrarre quello che c’è intorno”.
Con 5 album certificati Oro, “Raptus 3”, “Mood”, “Doom”, “Habitat” e “Lettera Q”, oltre dieci anni di carriera e i due live nei palasport, con una data al Palazzo dello Sport di Roma (23 ottobre) e una all’Unipol Forum di Milano (25 ottobre), Nayt è pronto a esibirsi anche a Sanremo 2026.
“Sono arrivato qui con la mia musica. Qualcuno ha paura che io possa tradirmi, ma io non faccio nulla che non metta al centro la musica”, ha scritto l’artista in una storia Instagram dopo l’annuncio di Carlo Conti.