“Possibile che non ci siano più canzoni con un minimo di connotazione politica?” - 5/5
Si arriva, poi, all’ultimo progetto della trilogia, “È finita la pace”. Disco pubblicato a schiaffo. Senza promo, né il minimo indizio social. La copertina dell’album vede Marracash all’interno di una bolla. Che “è plasticamente il simbolo di questi anni (…). In ‘Crash’ nomino una lunga serie di bolle: la bolla finanziaria, la bolla speculativa, la bolla del Covid, la bolla del presente non vissuto, la bolla di ciascuno assicuro nel suo pertugio, la bolla dei confini e dell’immigrazione. La bolla dei live. La bolla dell’indignazione: la gente, proprio come dico nel pezzo, si scrolla i morti di dosso scrollando sui social”.
“Ho realizzato ‘È finita la pace’ per colmare un vuoto. Mi sono detto: ‘Possibile che non ci siano più canzoni con un minimo di connotazione politica?’. Ho provato io a rispondere a quella domanda, facendole (…)”, ha continuato il rapper che ha osservato, in ottica mainstream, quello che, tra tutte le virgolette del caso, ha “meno funzionato all’interno della trilogia”. “Gli aspetti politici dei tre dischi, non colti abbastanza, forse sono una delle poche scommesse perse di questi tre album. Alla gente la politica sembra interessare davvero poco”, ha spiegato il cantante. Marracash, inoltre, ha offerto il proprio punto di vista sull’attuale scena rap: “La colpa degli artisti è quella di adeguarsi a un mercato che si è arenato in certi schemi, che richiede certi autori e featuring per scalare le classifiche. La colpa degli artisti è quella di non rompere quegli schemi, ma nuotarci dentro”. “Per me il rap non è solo un suono, è un’attitudine. Non basta utilizzare un vecchio beat hip pop per dire ‘ho fatto del rap, ho fatto cultura’. Per me il rap devo avere una componente disturbante, è un genere antagonista”.
Una delle tracce più impattanti, ma allo stesso tempo “ingannevoli”, all’interno di “È finita la pace” è senz’altro “Gli sbandati hanno perso”. Perché potrebbe ingannare? Il motivo è legato alle sonorità presenti, su tutte, nel ritornello. Una melodia pop pensata apposta per bilanciare il testo riflessivo al ritornello apparentemente innocuo. Una scelta per cercare di veicolare un concetto forte nel mainstream. “Io non ho un amico che non sia a pezzi – ha precisato Marracash -. Che non abbia gravi problemi. La gente che ha inseguito il sogno di essere alternativo al mainstream oggi è schiacciata e annichilita dagli psicofarmaci, ha continui attacchi di panico. Gli sbandati hanno letteralmente perso. Quel mondo non c’è più. La generazione anni Novanta, cresciuta con tutta quella alternative culture in cui c’erano band come i Radiohead, i Nirvana, i Chemical Brothers, che cosa potrà trovare oggi in radio di vagamente disturbante? (…) Passano solo roba innocua”.
All’interno dell’approfondito libro, Marracash e Cabona, offrono moltissimi altri spunti sulla trilogia e su tutto ciò che ne è orbitato. “Il viaggio dell’eroe” – termine usato nella prefazione dalla sua storica manager Paola Zukar – “della trilogia è stato quello alla ricerca del significato odierno dell’amore”. E l’eroe, il “poeta delle popolari”, con il seguente volume, ha chiuso alla grande il cerchio legato a “Persona”, “Noi, loro, gli altri” ed “È finita la pace”.