“Difficile promulgare valori di sinistra in un mondo dove anche il più punk è griffato” - 2/5
Il rapper, una delle poche voci fuori dal coro della nostra scena musicale, nonostante il successo, mantiene un legame stretto con la periferia in cui è nato e cresciuto: “Ho visto susseguirsi i governi di tutti gli schieramenti, ma nel pratico, per persone semplici come i miei genitori, non è mai cambiato letteralmente nulla (…). A volte mi danno del comunista. Non lo sono. Il problema oggi è il capitalismo (…). Difficile promulgare valori di sinistra in un mondo dove anche il più punk è griffato. Io vengo dalle popolari. Ho sempre voluto fare una musica che potesse ascoltare anche la mia vicina di casa. Ho sempre voluto parlare al mio ceto sociale, alla gente comune”.
L’artista, come da lui stesso spiegato anche in un’intervista col giornalista Francesco Oggiano, nutre forti dubbi sull’attivismo social, da tastiera. Anche perché, in alcuni casi, è fatto solo per posizionamento. La causa in sé passa in secondo, terzo e quarto piano. “Sui social ci sono quelli che si schierano oggi per una cosa e domani per un’altra senza avere credibilità, senza conoscere il problema. Questo è impegno? No, è abbracciare certe cause solo per un ritorno personale, per posizionamento d’immagine”, ha spiegato Marracash.
Il passaggio di mezzo è “Noi, loro, gli altri” (2021). Disco che, nella complessiva qualità dei tre, è probabilmente quello più riuscito. Viene subito in mente un brano come “Cosplayer”, in cui il rapper, a fine canzone, dice: “Puoi essere quello che vuoi, perché se non c’è cultura non c’è appropriazione culturale (…). Da cosa ti sei vestito oggi? Oggi che possiamo rivendicare di essere bianchi, neri, gialli, verdi. O di essere cis, gay, bi, trans o non avere un genere. Non possiamo ancora essere poveri. Perché tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi, no? Oggi che tutti lottiamo così tanto per difendere le nostre identità, abbiamo perso di vista quella collettiva. L’abbiamo frammentata”.
“Nessuna ragazza, per come ero vestito anni fa, mi avrebbe mai notato, al massimo poteva notarmi la polizia – ha detto Marracash, nel libro -. Facevo un vanto del mio venire dalle fogne (…). Oggi il denaro, la fame di denaro, ha cambiato tutto. Chi è povero vuole sembrare splendente (…). Non c’è più un orgoglio di classe, di ceto (…). È un ceto, quello più popolare, che non si può più rappresentare perché non vuole più essere rappresentato. E i social, con la loro narrazione tossica, alimentano tutto questo. Lavorare, cercare veramente la propria rivincita spesso sono oggetto di scherno: ‘Ma davvero vai a lavorare? Io faccio i soldi facendo i video in cui scorreggio nelle bottiglie’. I social sono questo”.