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“Le nostre zuppe sono merd* per i poveri, si tratta di pollo uscito dalle stampanti 3D. Chi compra questa merd*?”: bufera su un dirigente Campbell’s. Cosa è successo

Tutto inizia con Martin Bally, vicepresidente della compagnia, che convoca un dipendente, Robert Garza, per discutere dello stipendio. Durante quella chiacchierata formale, accade l'inaspettato e il capo inizia un monologo furibondo contro l'azienda e i suoi consumatori

di Claudia Rossi
“Le nostre zuppe sono merd* per i poveri, si tratta di pollo uscito dalle stampanti 3D. Chi compra questa merd*?”: bufera su un dirigente Campbell’s. Cosa è successo

La zuppa Campbell’s la conoscono tutti. Anche chi mai l’ha assaggiata l’ha vista dappertutto, grazie a Andy Warhol e a tutte le successive imitazioni della sua opera 32 Campbell’s Soup Cans, uscita nel 1962. Stavolta però non si parla della zuppa per l’influenza che il suo contenitore, la lattina, ha avuto nell’immaginario pop, con l’opera dell’artista nato a Pittsburgh che rappresenta – tra le altre – la democratizzazione definitiva del soggetto artistico ma anche un altare della produzione di massa.

Stavolta si parla di un dipendente della compagnia Campbell, Robert Garza. A novembre 2024, Martin Bally convoca Garza per parlare del suo stipendio. Bally è vicepresidente e chief information security officer dell’azienda, Garza cybersecurity analyst. Ruoli che parrebbero secondari da citare ma che serviranno a capire meglio la causa che Garza ha intentato, e i motivi.

Il colloquio non prende la piega attesa, perché stando alle carte della causa, Bally inizia un monologo furibondo contro la Campbell Soup Company e i suoi consumatori. Garza accende un registratore appena capisce dove vuole andare a parare il suo capo (in Michigan è legale che una delle parti di una conversazione registri l’altra senza consenso, come ricorda il Detroit Free Press) e le frasi che restano ‘incise’ sono del tipo: “Le nostre zuppe sono mer** per poveri”, “Chi compra la nostra mer**? Io i prodotti Campbell’s quasi non li compro più. Non è sano, ora che so che ca*** c’è dentro”.

Non solo, WDIV (emittente televisiva locale di Detroit, affiliata a NBC) riporta anche frasi come “si tratta di carne bioingegnerizzata, non voglio mangiare un pezzo di pollo uscito da una stampante 3D” e ammissioni di Bally sull’uso di droghe durante il lavoro. Fine? No, il vicepresidente avrebbe anche pronunciato commenti denigratori nei confronti dei dipendenti indiani: “Quegli Indiani del cazz* non sanno un cazz* come se non sapessero pensare con la loro fottut* testa”.

Cosa succede dopo il colloquio? Passa del tempo e nel gennaio 2025, Garza decide di raccontare al suo supervisore diretto, J.D. Aupperle (entrambi gerarchicamente sotto Bally) tutto quello che era emerso e che aveva registrato. Poche settimane dopo, Garza viene licenziato. Da qui, la causa per wrongful termination (licenziamento illegittimo): “Ho denunciato un comportamento gravissimo del mio capo. Loro invece di premiarmi mi hanno licenziato”, le parole dell’ex dipendente.

People ha raggiunto l’avvocato di Garza, Zachary Runyan: “Lui pensava che la Campbell’s avrebbe apprezzato che avesse segnalato il comportamento di Martin, invece è stato bruscamente licenziato. Non vediamo l’ora di ottenere giustizia per Robert“. Sempre l’avvocato Ruyan ha detto a WDIV che il suo cliente “stava davvero cercando di difendere altre persone. È andato dal suo capo diretto e ha detto: ‘Martin dice queste cose sui colleghi indiani e queste altre su chi compra i nostri prodotti, sui consumatori che tengono in piedi la nostra azienda, e io non credo che una cosa del genere debba essere permessa’”. Ha poi aggiunto che Garza non era mai stato richiamato prima né era mai stato sottoposto ad alcuna misura disciplinare.

E la Campbell Soup Company? “Siamo orgogliosi del cibo che produciamo e della qualità degli ingredienti che utilizziamo. Le zuppe Campbell’s sono fatte con vero pollo. I commenti ascoltati nella registrazione riguardo al nostro cibo non sono accurati e la persona che li ha pronunciati non lavora più in azienda. Siamo grati ai milioni di persone che acquistano e apprezzano i nostri prodotti, e siamo onorati della fiducia che ripongono in noi”, la dichiarazione. Come stanno le cose lo deciderà la corte che esamina il caso ma “la monumentalizzazione del banale” fatta da Warhol assume un’altra connotazione.

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