Musica

“La malattia ha avuto un impatto drammatico su di me, cambiando ogni mia prospettiva. Oggi per me è primavera”: Luca Carboni è un (meraviglioso) miracolo vivente

Non è stato solo un concerto, ma soprattutto la dimostrazione del coraggio di un uomo che ha saputo prendere in mano la propria vita e ricominciare, con occhi diversi, il suo cammino artistico e umano

di Andrea Conti

Un miracolo della natura umana, un rientro in grande stile, ma soprattutto una manifestazione di amore immenso non solo dal suo pubblico, ma anche da colleghi e amici come Elisa, Jovanotti e Cesare Cremonini. Luca Carboni, dopo aver affrontato il tumore ai polmoni diagnosticato nel 2022, è riapparso sul palco dell’Unipol Forum di Assago (Milano), cantando per due ore e mezza, attraversando il suo repertorio da “Farfallina” a “Mare Mare” fino alla chiusura (non a caso) con “Ci vuole un fisico bestiale”. La penna e la poesia di Carboni mancavano da tanto tempo e ieri sera, 11 novembre, non è stato solo un concerto, ma soprattutto la dimostrazione del coraggio di un uomo che ha saputo prendere in mano la propria vita e ricominciare con occhi diversi il suo cammino artistico e umano.

“Era da tanto tempo che non avevo questa quantità non solo di persone, ma di affetto addosso. – ha confessato l’artista qualche attimo dopo la fine dello show – È una cosa molto toccante, ma soprattutto avevo paura di non reggere perché mi è già successo altre volte che in sussulto di agitazione, la respirazione non la riuscissi a gestire. Quindi avevo il terrore di dovere bloccare il concerto per fermarmi e per riprendere il fiato. Insomma non è stato sempre semplice però pian piano questi giorni di prove sono stati un bell’allenamento e gli esercizi per la respirazione, mi sono serviti per farmi sentire abbastanza pronto”.

Come ma il ritorno alle scene?
Ferdinando Salzano (fondatore dell’agenzia Friends & Partners, ndr) e altri nostri collaboratori mi hanno spinto in questa direzione. Perché devo dire che la malattia che ho vissuto mi ha portato in una dimensione nuova, non per forza negativa. Forse un po’ distaccata da tutta una serie di logiche, di cose, legate anche alla musica e agli aspetti legati alla scrittura della musica

Cosa ti ha portato questa dimensione?
Un po’ a distaccarmi da quello che è la promozione, il marketing, gli orpelli che poi sono importanti, ma mi sento un po’ più distante da tutto questo ora. Quindi anche l’idea di fare un grande evento fine a se stesso non mi interessava. Da un altro punto di vista avevo anche molto paura di non farcela, di non sapere se avrei retto anche perché il lavoro con la respirazione, con il diaframma, è stato impegnativo e ho dovuto lavorarci sopra. In realtà mi ho preso anche molta pausa dal canto, quindi mi ero quasi un po’ abituato a questa situazione “defilata”.

Stupito dal sold out immediato?
Molto. Quindi pian piano dopo il sold out, i miei collaboratori mi hanno convinto anche a continuare la festa nella mia città, a Bologna nel 2026. Ma non sto pensando a un tour. Mi è piaciuta questa esperienza perché potrebbe dare il via a una serie di concerti unici per costruire qualcosa di diverso di volta. Un po’ come Guccini che faceva un concerto una volta al mese e ogni volta in base a quello che beveva era un po’ diverso e anche quello che raccontava,

Cosa ti ha regalato questo concerto?
Mi ha dato molta energia e anche il fatto di non avere un disco nuovo, ha aiutato nella composizione della scaletta. Questa volta avevo solo la mia storia nuda e cruda. Non è stato proprio un viaggio cronologico, c’erano anche canzoni non per forza così popolari, soprattutto pescate dai primi dischi a cui sono legato.

Come hai aperto con il brano “Primavera” (1984)?
La primavera è un simbolo di rinascita, di cambiamento affascinante che accade non per forza dopo una sfiga, dopo una malattia, ma anche nella vita, anche quando va tutto bene. Può essere che la primavera ti metta dentro quell’entusiasmo di vivere qualcosa di nuovo o una nuova leggerezza o una nuova felicità o la ricerca della felicità.

Sul palco sono comparsi Elisa, Cesare Cremonini e Jovanotti, un atto forte di amicizia e di stima…
Quando Cesare mi ha invitato a cantare al suo stadio, lì ho avuto percezione che ero tornato a vivere. Poi ho accettato di cantare la sua ‘San Luca’ perché è un luogo che ritorna spesso nella mia vita sia artistica che privata. Con Lorenzo mi sono sentito spesso, anche quando lui stesso stava vivendo un altro momento difficile. È stata una persona importante, chiacchieravamo non per piangerci addosso, ma per tenerci su e aggiornarci sul nostro stato di salute. Poi Elisa c’è perché ha un grande talento e una voce straordinaria.

Che impatto ha avuto la malattia nella tua vita?
È stato molto drammatico perché non mi avevano quasi dato speranza. Mi ha fatto vivere un trauma abbastanza profondo però ho dovuto reagire nello stesso tempo. Ora vedo tutto diversamente. Sai quando senti i luoghi comuni che dicono che cambi la prospettiva di tutto dopo la malattia? È vero.

C’è un disco nel cassetto?
Sì. Avevo iniziato a lavorarci prima della malattia ma è figlio di quel tempo lì. Però sento che c’è il germe per qualche canzone nuova, però devo cominciare.

L’artista con “Rio Ari O Live” (stesso titolo dell’esposizione delle sue opere al Museo della Musica di Bologna) farà tappa anche nella sua Bologna, all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno, con due appuntamenti nel 2026: sabato 24 gennaio e domenica 19 aprile. A queste si aggiunge una nuova data annunciata nella Capitale, il 12 marzo al Palazzo dello Sport di Roma.

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