“Ci siamo dentro insieme”. Con queste (incaute) parole scritte in una mail mandata ad Epstein nel 2011, l’ex principe Andrea ha firmato la sua condanna. La vicenda legata ai suoi rapporti con il faccendiere e pedofilo americano non si è chiusa nè con l’accordo extragiudiziale firmato con la sua accusatrice Virginia Giuffrè, nè con la decisione di Carlo III di toglierli tutti i titoli reali e le sue onorificenze. La commissione americana che sta indagando per fare luce sulle attività e sulle relazioni di Jeffrey Epstein è spaccata in due, ma una parte consistente vuole che Andrea parli e che si metta per iscritto tutto quello che sa sul suo amico e sodale. Il Congresso americano ha espressamente chiesto ad Andrea Windsor Mountbatten di farsi ascoltare come persona informata sui fatti. Le prove della sua “lunga amicizia”, della sua frequentazione dell’uomo, morto suicida in carcere nel 2019, sono ormai schiaccianti e conclamate, il fratello del re deve dire tutto ciò che sa. E soprattutto non deve mentire. La commissione detta “Oversight and Government Reform” ha visto 16 membri democratici convinti nel voler formalizzare la richiesta di convocare Andrea, mentre i repubblicani, per il momento, si astengono.
Le indagini sui “traffici sessuali” di Epstein e le prove, come le mail scambiate con Andrea Windsor Mountbatten, “sollevano questioni serie”.
Le pressioni sull’ex principe sono forti, un grattacapo per la casa reale britannica che sperava di togliersi le castagne dal fuoco semplicemente chiudendolo nel dimenticatoio e nascondendolo per sempre in qualche esilio dorato, come quello, probabile, di Abu Dhabi. La commissione americana che indaga a Washington ha le idee chiare e sta cercando in tutti i modi di “scoprire l’identità di chi ha cospirato con Epstein e chi lo ha agevolato” per capire “l’effettiva misura delle sue operazioni criminali”; così riporta il documento pubblicato in data 6 novembre 2015. “Gentile Sig Mountbatten Windsor, Le scriviamo per avere la sua collaborazione nelle indagini condotte dalla Commissione on Oversight and Government Reform’s sui traffici sessuali operati da Jeffrey Epstein”. Quello che cercano, ovviamente, è l’identità di tutte le persone coinvolte e tutti coloro che frequentavano il suo circolo di uomini ai quali venivano offerte le prestazioni di ragazze minorenni come Virginia Giuffrè che, dopo aver denunciato i suoi sfruttatori in una lunga battaglia legale, lo scorso aprile, a 41 anni, si è tolta la vita.
L’amicizia tra Andrea ed Epstein è nata nel 1999 e, come spiegato nella lettera, ci sarebbero evidenze del fatto che sarebbe proseguita fino al 2008, “dopo che Epstein era stato condannato per essersi procurato minorenni per farle prostituire”. Di più, nella lettera vengono evidenziate le prove che dimostrerebbero come il fratello del sovrano avrebbe ripetutamente incontrato l’amico americano nella sua casa di New York, nella residenza della regina Elisabetta II a Balmoral, in Scozia, e sull’isola privata di Epstein nelle isole Vergini americane, laddove lo stesso Andrea, viene riportato, sarebbe stato accusato di abusare di minori. Due pagine ricche di evidenze che metterebbero Andrea all’angolo e questa volta, come sottolineato dai legali delle vittime, non può permettersi il lusso di mentire. Da quel momento scatterebbe una inchiesta nei suoi confronti che potrebbe coinvolgere anche le corti britanniche e per lui sarebbe la fine. Ai microfoni di Bbc Radio4, all’indomani dall’invio della missiva spedita al Royal Lodge, dove l’ex principe è in attesa di futuro trasferimento, si sottolinea come le “inaccuratezze” che Andrea ha espresso davanti alla stampa, ovvio il riferimento all’intervista del 2019 alla Bbc, questa volta rischierebbero di trascinarlo in tribunale.
“Non credo che Andrea si metterà in una posizione di rischio tale” ha commentato Spencer Kuvin, avvocato di molte vittime di Epstein, perchè “chi depone davanti al Congresso deve giurare di dire la verità, diversamente si rischia di venire indagati”. Come del resto, ha ricordato, è accaduto a Ghislaine Maxwell che ora si trova in carcere per aver mentito. La firma sulla lettera porta il nome di 16 democratici, nessun repubblicano e secondo il legale delle vittime, la ragione sarebbe da addursi all’amicizia che anche il presidente americano in carica, Donald Trump, aveva con Epstein. Negli archivi non mancano le loro foto insieme, ma al momento non esisterebbero prove di alcun tipo di coinvolgimento tra di loro. “Sarebbe imbarazzante”, la spiegazione fornita dall’avvocato Spencer Kuvin, per motivare la decisione dei repubblicani di non appoggiare la richiesta del Congresso. Ma le maglie intorno agli “amici” di Epstein si stanno stringendo, forse la verità è sempre più vicina e Andrea (e chi era con lui) non può dormire sonni tranquilli.