Musica

Il suono del presente: così nasce la musica colta del Duemila. E il compositore diventa inventore. I consigli per un primo ascolto

Saariaho, Adams, Campogrande: alcuni dei principali protagonisti della composizione trasformano il linguaggio classico in una mappa cosmopolita del nostro tempo. E dietro la loro musica, un sistema di mecenati, istituzioni e visioni che tiene viva l’arte dell’ascolto

di Benedetta Morelli
Il suono del presente: così nasce la musica colta del Duemila. E il compositore diventa inventore. I consigli per un primo ascolto

Nel mondo dell’ascolto immediato e del consumo digitale, la musica colta contemporanea continua ad essere un luogo di resistenza e libertà. In un’epoca in cui tutto tende a scorrere rapido, senza lasciare traccia, i compositori del XXI secolo invitano a fermarsi, ad ascoltare, a riconoscere nel suono una forma di pensiero. La loro musica non cerca la superficie, ma la profondità; non l’effetto, ma il senso. È un linguaggio vivo, in costante trasformazione, che riflette il presente e al tempo stesso lo supera, mettendo in dialogo tradizione e innovazione, memoria e immaginazione.

Kaija Saariaho, poesia e tecnologia

Kaija Saariaho (1952-2023), la grande compositrice finlandese scomparsa di recente, ha rappresentato in modo emblematico questa tensione tra poesia e tecnologia. La sua scrittura, sospesa tra il mondo acustico e quello elettronico, ha saputo creare paesaggi sonori di rara intensità, in cui il timbro si fa materia, la luce diventa suono e ogni frequenza sembra respirare. Le sue opere non si limitano a essere ascoltate: si vivono, si attraversano. L’ascoltatore non è semplicemente spettatore, ma viene immerso in un ambiente sonoro che lo circonda, lo avvolge e lo fa partecipare fisicamente e percettivamente. Nella musica tradizionale, il tempo musicale procede in avanti: c’è un prima e un dopo. In Saariaho, invece, il suono si espande nello spazio: le masse timbriche si trasformano lentamente, come nuvole di luce o materia che mutano forma davanti a noi. Orion (2002), ad esempio, è una composizione per orchestra ispirata al mito di Orione, un cacciatore della mitologia greca che dopo la morte viene trasformato in una costellazione. L’opera esplora il contrasto tra la vita umana e l’immortalità celeste, tra il dinamismo e la contemplazione. Ebbene, l’orchestra non “narra” ma respira: i suoni si muovono come costellazioni, emergono e si dissolvono. L’ascoltatore si sente dentro un paesaggio cosmico, non davanti a esso. O ancora L’Amour de loin (2000), opera in cinque atti ispirata alla storia del trovatore medievale Jaufré Rudel, principe di Blaye, che si innamora di una donna lontana, Clémence, contessa di Tripoli, senza averla mai vista. Saariaho intreccia musica, luce e parola in un’unica trama percettiva. L’intera opera è una metafora della distanza e del desiderio: i suoni si allungano, le armonie scintillano come miraggi. Non si “segue” la storia: la si sente nel corpo, come un viaggio emotivo e visivo. Il mare che separa i due amanti diventa un’enorme distesa sonora che lo spettatore attraversa insieme a loro.

John Adams, la complessità diventa accessibile

Di tutt’altro temperamento, ma con un’identica urgenza espressiva, è l’americano John Adams (1947-). Prolifico soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, a lui si deve l’invenzione di un nuovo linguaggio narrativo, capace di unire la pulsazione del minimalismo con l’energia del racconto storico. Le sue partiture – Nixon in China, Doctor Atomic, Harmonielehre – raccontano la contemporaneità con la forza del teatro e la precisione dell’architettura. Adams è riuscito in un’impresa rara: rendere accessibile la complessità, portando la musica colta dentro le grandi domande politiche e morali del nostro tempo. Le sue note sono insieme riflessione e movimento, ordine e passione. La sua opera in due atti dal titolo The Death of Klinghoffer (1991), che aprirà la prossima stagione del Maggio Musicale Fiorentino per la regia di Luca Guadagnino, racchiude al meglio tutte queste caratteristiche. L’opera, su libretto della poetessa Alice Goodman, prende spunto dal clamoroso fatto di cronaca dell’ottobre 1985: il sequestro e dirottamento della nave italiana da crociera Achille Lauro da parte di terroristi del Fronte per la liberazione della Palestina. La vicenda si concluse con l’assassinio di uno dei passeggeri, Leonard Klinghoffer, cittadino statunitense di religione ebraica, costretto su una sedia a rotelle, e il cui corpo fu poi gettato in mare dai terroristi. La partitura si articola in ampie sezioni corali e in lunghi monologhi in cui i personaggi, invece di dialogare tra loro, affidano le proprie emozioni a una sorta di diario interiore. Il linguaggio musicale è estremamente diversificato: spazia dalla scrittura corale polifonica al duetto voce–strumento solista, passando dall’estetica minimalista fino allo Sprechgesang (particolare stile di canto dell’espressionismo tedesco).

Nicola Campogrande, la musica “profonda e godibile insieme”

E poi c’è l’Italia, con una voce che ha saputo rinnovarsi senza smarrire la propria identità lirica. Tra i compositori che meglio rappresentano questa rinascita c’è Nicola Campogrande (1969-), autore di una musica chiara, elegante, profondamente comunicativa. Le sue partiture uniscono la precisione del mestiere alla voglia di raccontare emozioni, con un linguaggio che parla tanto agli appassionati quanto ai neofiti. Campogrande rifiuta l’idea di una musica colta chiusa in se stessa: la sua arte è un ponte, un gesto di apertura. “La musica può essere profonda e godibile insieme”, ama ripetere, e forse è proprio questa la chiave per capire la vitalità della composizione oggi. Come profonda e carica di umanità è la sinfonia Un mondo nuovo (2022), composta da Campogrande dopo l’invasione dell’Ucraina. Quattro i movimenti: Allegro, Adagio espressivo, Allegro spiritoso, Adagio cantabile. Un tentativo di immaginare, citando l’autore, uno “specchio illuminato del nostro tempo”, di dare una risposta musicale all’angoscia che il nostro continente attraversa: perchè la musica ha la libertà di costruire spazi di pace, ai quali, talvolta, la politica non riesce ad accedere. E il prodotto musicale è questo lavoro commissionato a Campogrande da ben dodici orchestre: dagli Stati Uniti alla Germania, dall’Italia alla Lituania. Nei primi tre movimenti i sentimenti di calma e riconciliazione fanno da contraltare, soprattutto nel primo, al tema più ansioso enunciato dai fiati. L’Adagio espressivo, evanescente come una bruma, si dissolve nell’ironia brillante dell’Allegro spiritoso. E nell’ampio Adagio cantabile finale, la voce di un mezzosoprano, sul testo di Piero Bodrato, innalza un canto di speranza e fiducia nella vita, immerso in sonorità eleganti, dense e di gusto talvolta straussiano. Parole che celebrano il gesto del canto stesso come attività umana, comune a ogni popolo, e capace di dare vita anche a ciò che un attimo prima non esisteva. Parole di fiducia per un mondo nuovo in cui vogliamo immaginare di vivere: un mondo che la musica, come sempre, ci promette.

Musica contemporanea, un laboratorio globale di culture ed esperienze

Ora, il panorama della musica colta contemporanea non è più centrato su poche capitali. Berlino, Londra, Parigi e New York restano poli d’eccellenza, ma la mappa si è fatta planetaria. In Asia, la compositrice sudcoreana Unsuk Chin e il cinese Tan Dun coniugano la tradizione orientale con la ricerca timbrica e digitale; in America Latina, l’argentino Osvaldo Golijov e la brasiliana Clarice Assad intrecciano la struttura sinfonica con il ritmo popolare; in Europa, una costellazione di giovani autori spinge oltre i confini della scrittura orchestrale. La musica colta è diventata dunque una lingua comune: un laboratorio globale dove si incontrano esperienze, culture e sensibilità.

Ma la creatività non vive soltanto di talento: dietro ogni nuova opera c’è una rete di committenti, istituzioni e fondazioni che sostengono e diffondono la musica di oggi. In Europa i grandi festival come il Donaueschinger Musiktage in Germania, il Warsaw Autumn in Polonia o la Biennale Musica di Venezia sono luoghi in cui il nuovo repertorio nasce e si confronta con il pubblico. Orchestre e ensemble storici – dalla BBC Symphony alla London Sinfonietta, dall’Ensemble Intercontemporain alla Los Angeles Philharmonic – considerano ormai la commissione di nuove partiture un dovere culturale, non un gesto marginale. Accanto ai committenti pubblici, il ruolo dei privati è sempre più determinante. Fondazioni come la Ernst von Siemens Musikstiftung, la Fondation Louis Vuitton, la Paul Sacher Stiftung o, in Italia, la Fondazione Prada, hanno compreso che sostenere la musica contemporanea significa investire nella forma più sofisticata e visionaria della creatività. I loro interventi non si limitano al finanziamento: creano ecosistemi, favoriscono residenze artistiche, promuovono l’incontro tra musica, arte visiva, scienza e tecnologia.

Un contributo fondamentale arriva anche dal mondo accademico, dove centri come l’IRCAM (Istituto per la ricerca e la coordinazione acustica/musicale) di Parigi o il Centro di Sonologia Computazionale di Padova portano avanti una ricerca che unisce la composizione alla scienza del suono. Qui, la figura del compositore si fonde con quella dell’inventore: la partitura non è più solo un foglio di note, ma un laboratorio di possibilità acustiche.

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E infine, nell’ultimo decennio, è emersa una nuova forma di mecenatismo digitale. Etichette indipendenti, piattaforme online e residenze virtuali offrono spazi di libertà a una generazione di autori che non dipende più esclusivamente dalle istituzioni tradizionali. È un modo diverso di intendere la committenza: più fluido, più collaborativo, spesso internazionale. In questo senso Internet ha reso la musica colta più accessibile, più condivisa, senza impoverirla.

Ciò che accomuna tutti questi protagonisti – compositori, interpreti, mecenati – è la fiducia nell’ascolto. In un’epoca dominata dal rumore, la musica colta difende il silenzio come spazio di rivelazione. Chiede attenzione, certo, ma restituisce intensità. Invita a una forma di esperienza che non si misura in like, ma in emozioni. Saariaho, Adams e Campogrande, ciascuno con la propria voce, ci ricordano che la musica non è solo intrattenimento: è conoscenza, intuizione, speranza. Le loro note raccontano la complessità del presente e la possibilità, ancora, di trovarvi bellezza. E se oggi la musica colta continua a esistere e a evolversi, è perché, nel profondo, c’è ancora qualcuno disposto a credere che ascoltare sia un atto rivoluzionario.

Photos by SSG Chris Branagan – John Adams with The U.S. Army Blues The United States Army Band

Kaija Saariaho alla Cité de la Musique, Parigi, nel 2013 Tappinen

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