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“Mamdani sindaco di New York? Ci sono cose su cui non sono d’accordo. Mi preoccupa Trump se la democrazia per lui non va bene, reagisce in maniera forte”: così Joe Bastianich

E ancora: "Trump, che è nato a Queens come me, si metta in maniera forte a gestire una situazione che secondo il suo parere è andata male"

di F. Q.
“Mamdani sindaco di New York? Ci sono cose su cui non sono d’accordo. Mi preoccupa Trump se la democrazia per lui non va bene, reagisce in maniera forte”: così Joe Bastianich

Joe Bastianich, a teatro con lo spettacolo sulla sua vita “Money – Il bilancio di una vita”, è stato ospite oggi 5 novembre, a Radio2 Stai Serena. L’imprenditore, che è nato e cresciuto in America, ha commentato l’elezione del nuovo sindaco di New York Zohran Mamdani: “Io ho votato, ora devo digerire un po’ la situazione. Io sono per l’uguaglianza e la giustizia, anche se ci sono tante cose su cui non sono d’accordo, speriamo che faccia il meglio per la città”.

“Io sono cresciuto a New York negli Anni 70 e 80, quando c’era la musica, c’erano gli artisti, la diversità culturale, ora è cambiata tantissimo ed è diventata una città solo per i ricchi, e questo non va bene – ha proseguito – Ora a livello economico sarà un peso che dobbiamo sopportare tutti di più, perché sicuramente aumenteranno le tasse. Ma l’unica cosa che mi preoccupa un po’ è che Trump, che è nato a Queens come me, si metta in maniera forte a gestire una situazione che secondo il suo parere è andata male. Quando la democrazia nella testa di Trump non funziona, lui interviene e questo non va bene per nessuno”.

Tornando alla sua infanzia nel Queens ha raccontato: “È stata un’infanzia molto bella, eravamo una famiglia umile di migranti con la nonna Erminia sempre a casa, vivevamo un po’ in un piccolo borgo italiano. Ma mi sentivo diverso, parlavamo un’altra lingua, avevamo abitudini e una cultura diversa, e la musica – ascoltandola e poi suonandola – era la mia possibilità di essere uguale agli altri anche se culturalmente eravamo così diversi. Mia nonna è andata via dall’Istria che non era più Italia, non si poteva parlare italiano o andare in chiesa. Eravamo profughi di guerra, una storia un po’ estrema in cui la mia famiglia ha conosciuto la fame a San Saba, ma in America mia nonna ha avuto una nuova opportunità, e ha creato un futuro per noi e finanziando il mio primo ristorante con 80mila dollari è diventata la mia prima socia”.

“Io ho lavorato strettamente nel business come imprenditore per anni, ma con la tv ho avuto l’opportunità di avere un palco e dare voce al mio lato artistico”, ha spiegato.

E ancora: “Lo spettacolo lo abbiamo chiamato Money perché volevamo suscitare interesse dato che i soldi sono un soggetto un po’ tabù qui in Italia. In America se hai un amico ricco che sta facendo bene e sta facendo i soldi sei felice per lui e gli vuoi stare accanto per essere contagiato dal successo. Noi siamo molto positivi, qui c’è più gelosia. In America il fallimento non è una cosa personale, non è perché tu hai sbagliato. Se fai prima o poi i fallimenti arrivano, li digerisci e vai avanti. Ma non è letale, così come il successo non è definitivo. È il coraggio di continuare che conta di più”.

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