Mafie

Regionali Puglia, arrestato candidato di Forza Italia: “Voto di scambio politico-mafioso con il clan Parisi”

Sei misure cautelari chieste e ottenute dalla Dda di Bari: c'è anche Antonio Lopez, assessore a Modugno e in corsa con gli azzurri per le Regionali. Indagato il sindaco Nicola Bonasia

Assessore al Comune di Modugno e candidato con Forza Italia alle Regionali delle prossime settimane. Almeno fino all’alba di mercoledì, quando è stato messo agli arresti domiciliari. Si è interrotta la parabola di Antonio Lopez, aspirante consigliere regionale in Puglia e membro della giunta del Comune alle porte di Bari, guidata da Nicola Bonasia, indagato nella stessa inchiesta. Pesanti le accuse, a vario titolo, ipotizzate dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Bari: scambio elettorale politico mafioso, estorsione e detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo.

C’è un nuovo terremoto che fa tremare la Puglia e che ha portato all’arresto di sei persone su ordine del giudice per le indagini preliminari di Bari. Le indagini della Guardia di finanza, con gli investigatori del Gico, ha permesso di svelare un “accordo, per le elezioni amministrative del giugno 2020 nel Comune di Modugno, tra esponenti di spicco della criminalità organizzata barese – clan Parisi – ed attori della politica locale candidati in quella tornata elettorale” e “diversi episodi estorsivi perpetrati da un imprenditore del foggiano, ai danni di imprenditori agricoli, sfruttando la caratura criminale di uno dei medesimi esponenti del clan”.

In particolare è stato accertato come Lopez, che ha la delega alle Attività produttive, nella tornata elettorale del 2020, poi effettivamente eletto, abbia ‘acquistato’ voti da esponenti del clan Parisi del quartiere Japigia del capoluogo in cambio di denaro (25 euro a voto) e della disponibilità a soddisfare le esigenze del gruppo mafioso. Inoltre avrebbe fatto da tramite in occasione del ballottaggio, per procacciare voti a Bonasi, poi eletto allo stato attuale indagato e non colpito da misura personale, in cambio della promessa, poi mantenuta, di garantire l’assunzione ad un affiliato, il quale si è personalmente impegnato a procurare le preferenze.

Oltre ai sei arresti risultano indagate dalla Dda del capoluogo pugliese, nello stesso ambito, altre cinque persone (tra cui un consigliere comunale già coinvolto nel primo filone di inchiesta) che si sarebbero incontrati in un summit, tenutosi nell’abitazione di uno degli esponenti di vertice del clan Parisi del capoluogo regionale, al fine di stringere un accordo relativo alla tornata elettorale per le Europee del 2024.

L’intesa, in questo caso, si sarebbe concretizzata nell’impegno a reperire voti, dietro il pagamento di denaro agli esponenti della organizzazione criminale, a beneficio di un candidato risultato ignaro dell’intesa ed estraneo ai fatti. Per il giudice per le indagini preliminari è “perniciosissima” la commistione tra interessi politici e mafiosi, che “sovente, come nello specifico caso, mina il regolare svolgimento delle tornate elettorali ed inquina la libertà di voto”.

La vicenda di Modugno rischia di terremotare Forza Italia alla vigilia delle Regionali e ad appena cinque giorni dalla “calata” della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e degli altri leader di centrodestra per sostenere la candidatura di Luigi Lobuono contro Antonio Decaro. Basti pensare che proprio a Bari e proprio contro Decaro, il centrodestra aveva tentato di giocarsi un’inchiesta giudiziaria sul terreno dello scontro politico alla vigilia delle elezioni comunali alle quali era candidato il suo braccio destro Vito Leccese.

Il coordinatore regionale degli azzurri, il deputato Mauro D’Attis che fa parte anche della commissione Antimafia, ha quindi dovuto subito avvisare che “non potrà mai esserci spazio per chi compra i voti o ha anche solo vagamente a che fare con la mafia”, pur sottolineando che “non tiriamo mai sentenze prima del tempo”.

Quindi ha rimarcato che la “segreteria regionale del nostro partito compie, nella redazione delle liste, un controllo formale” e che dalla verifica “nulla di opaco era desumibile a suo carico, avendo il certificato penale pulito”. Se le accuse saranno confermate, ha concluso D’Attis, “non c’è altro da fare che prendere nettamente le distanze: sulla lotta alla mafia bisogna essere in prima linea sempre, senza se e senza ma”.

Inoltre gli inquirenti hanno accertato come un imprenditore del foggiano, che opera principalmente nel settore della commercializzazione di prodotti per l’agricoltura, sfruttando la caratura criminale dell’esponente di vertice del clan Parisi e di due suoi presunti complici, abbia recuperato o tentato di recuperare dalle proprie vittime, tutti imprenditori agricoli, alcuni crediti derivanti dalla sua attività commerciale, minacciandole di “tagliare” il loro raccolto se non avessero onorato i debiti contratti e garantendo, successivamente, il 50% del denaro riscosso al mafioso.

È stato documentato, secondo gli investigatori, che l’imprenditore e il presunto esponente mafioso, unitamente a un terzo pregiudicato, avrebbero detenuto e portato in luogo pubblico armi comuni da sparo. Sarebbe inoltre stati documentati incontri e summit tra esponenti dei clan foggiani, uomini dei Parisi ed appartenenti alla famiglia dei Casamonica.