Si dorme un’ora in più. Nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre, le lancette degli orologi torneranno indietro di un’ora, ristabilendo l’ora solare fino a marzo 2026. Ma dietro questo gesto abitudinario si nasconde un paradosso europeo: mentre l’Italia ha appena concluso sette mesi di ora legale risparmiando oltre 90 milioni di euro, la proposta di abolire questo cambio semestrale è bloccata da sette anni a Bruxelles, ostaggio dell’indecisione degli Stati membri.
Il paradosso Ue: proposta di abolizione ferma dal 2019
Nonostante questi dati, il futuro del cambio d’ora rimane incerto. Nel 2018, in risposta alle richieste del Parlamento europeo e di diversi Stati, la Commissione europea aveva presentato una proposta di direttiva per abolire il cambio semestrale, lasciando a ogni Paese la scelta se adottare permanentemente l’ora solare o quella legale. Da allora, però, il dossier è bloccato. La proposta “non è stata discussa in Consiglio dal 2019”, ha ammesso una portavoce dell’esecutivo comunitario. Gli Stati membri non riescono a trovare un’intesa, divisi tra chi preferisce un fuso e chi l’altro. Complici la pandemia e le crisi successive, la proposta è rimasta ferma, anche se non ritirata. “Ieri abbiamo presentato il programma di lavoro della Commissione e la proposta sul cambio dell’ora è ancora lì”, ha confermato la portavoce durante un briefing con la stampa.
La Commissione ha ribadito la sua posizione: la decisione non può essere imposta dall’alto, ma deve essere coordinata. “Crediamo fondamentalmente che si tratti di un aspetto che gli Stati membri devono concordare e coordinare tra loro”, ha aggiunto. “Ma ora la palla è nel campo degli Stati membri, e spetta davvero a loro trovare una posizione comune su questa proposta”. In attesa che i governi trovino un accordo, la vecchia direttiva resta in vigore. E, come ha concluso con una nota di ironia la portavoce, l’unica certezza è la “buona notizia” immediata: “Preparatevi: potrete dormire un’ora in più il prossimo fine settimana”.