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“Il ghosting intrappola chi lo subisce in un dolore prolungato, ecco perché sparire fa più male che un rifiuto”: il nuovo studio

Uno studio dell'Università Milano-Bicocca dimostra come il ghosting provochi un dolore più persistente rispetto a un rifiuto esplicito, intrappolando chi lo subisce in uno stato di incertezza

di F. Q.
“Il ghosting intrappola chi lo subisce in un dolore prolungato, ecco perché sparire fa più male che un rifiuto”: il nuovo studio

Prima arrivano i cuoricini, le chat fitte, magari anche un legame consolidato. Poi, all’improvviso, il silenzio. Nessun messaggio, nessuna spiegazione. Solo un vuoto digitale che si trasforma in ferita reale. Il ghosting — sparire senza dire nulla — è diventato la forma più subdola di rifiuto dell’era contemporanea. E secondo un nuovo studio dell’Università di Milano-Bicocca, quel silenzio pesa più di un “no” detto in faccia. Pubblicata sulla rivista Computers in Human Behavior, la ricerca — firmata da Alessia Telari, Luca Pancani e Paolo Riva — ha monitorato in tempo reale come reagiscono le persone al ghosting rispetto a un rifiuto esplicito. “Entrambi i fenomeni feriscono, ma il ghosting intrappola chi lo subisce in uno stato di incertezza che rallenta la guarigione emotiva”, spiega Telari. Il dolore non finisce subito: si prolunga, si annida nella mente e continua a bruciare anche dopo giorni.

Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno condotto un esperimento in cui i partecipanti conversavano via chat con un interlocutore: a metà del test, alcuni venivano ignorati improvvisamente, simulando un episodio di ghosting; altri ricevevano invece un messaggio di rifiuto esplicito. È così che gli psicologi hanno osservato, giorno dopo giorno, l’evoluzione del disagio emotivo. “Chi viene ghostato non riesce a chiudere la storia nella propria testa — chiarisce Telari — perché manca una fine chiara. È come restare sospesi in un dialogo che non arriva mai al punto.” Il ghosting, sostengono gli studiosi, non è solo un gesto scortese: è una vera e propria forma di esclusione sociale digitale, una versione moderna dell’ostracismo. Che non riguarda solo amori finiti, ma anche amicizie, relazioni di lavoro o rapporti familiari. “La comunicazione conta, anche quando si decide di chiudere una relazione considerata poco importante — ricorda Telari — perché dire le cose, anche con difficoltà, aiuta l’altro a elaborare e a riprendersi”.

E se pensate di essere tra le poche vittime, vi sbagliate. Secondo un sondaggio condotto dalla piattaforma di psicologia online Unobravo, il 60% dei single italiani è stato ghostato almeno una volta. E quasi la metà (il 47%) ammette di averlo fatto a sua volta. “Nella maggior parte dei casi — spiega Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo — chi sparisce non vuole ferire, ma fugge da un confronto che non sa gestire”. Il problema, però, è che chi viene lasciato senza spiegazioni resta prigioniero di un dubbio: cosa ho fatto di sbagliato? Il 35% degli intervistati dice che il ghosting ha minato la propria autostima, e il 46% dichiara di avere poi più difficoltà a fidarsi degli altri. Il silenzio, insomma, logora: “L’unico modo per uscirne — conclude Perris — è concentrarsi su ciò che si può controllare: accettare il dolore, non cercare risposte che non arriveranno e non colpevolizzarsi. Anche i sentimenti più scomodi, come la rabbia o la tristezza, fanno parte della guarigione”.

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