Cinema

Dreams e Good Boy: amori tossici e genitori mostruosi nei drammi di Franco e Komasa

Alla Festa del Cinema di Roma, Dreams di Michel Franco esplora una passione proibita tra una miliardaria americana e un giovane immigrato messicano, metafora del confine USA-Messico. In concorso, Good Boy di Jan Komasa racconta invece la disturbante “rieducazione” di un adolescente da parte di una famiglia modello. Due film sull’identità, il controllo e la fragilità dei legami

di Anna Maria Pasetti

Toy boy che passione. Jessica Chastain come e “oltre il confine” di Nicole Kidman di Babygirl, perché il suo giovane amante è un avvenente immigrato messicano pronto a sfondare nel mondo della danza classica. Il racconto è quello di Dreams, nuovo film del talentuoso Michel Franco da Città del Messico, presentato fuori concorso in anteprima italiana alla 20ma Festa del Cinema di Roma dopo la premiere mondiale alla Berlinale dove concorreva.

Al suo nono lungometraggio, Franco ritrova la diva americana già protagonista del precedente Memory (visto a Venezia nel 2023) e si avventura in una storia, da lui sceneggiata, che utilizza una coppia “impossibile” quale metafora del muro trumpiano fra Stati Uniti e Messico. Al centro, appunto, è una miliardaria di San Francisco, curatrice della fondazione paterna che, tra le varie cose, sostiene le aspirazioni delle nuove generazioni messicane con scuole, centri creativi e così via. È nel contesto del corso di danza che incontra Fernando, ballerino fuoriclasse poco più ventenne: tra i due è amor fou, passione tossica, acrobatico gioco sessuale. Ma anche, inevitabilmente, assistenza del ricco al povero. La distanza socio-culturale fra i due è siderale, ma la dipendenza della donna dal suo boy cresce quando quest’ultimo sceglie di far di testa propria e soprattutto di cercare la dignità che merita.

Melodramma politico che attraversa i corpi nella loro bellezza e fragilità, Dreams punta sulle geometrie visive – diverse inquadrature ricordano i quadri di Hopper – per marcare i confini che quei corpi tentano di annullare. E in tal senso il film di Michel Franco fa corrispondere la forma al suo contenuto. Purtroppo, tuttavia, la prevedibilità di scrittura e l’eccessivo schematismo progettuale non permettono all’opera di volare alto, rimanendo nel déjà-vu retorico, non solo nel cinema ma in decenni di letteratura pre e post “colonialista”.

È invece una piacevole conferma il nuovo film del polacco Jan Komasa, Good Boy (in concorso), dopo il folgorante Corpus Christi (2019), candidato agli Oscar per la Polonia. Già cineasta di successo in patria (ma anche a livello internazionale) quasi fosse una sorta di nuovo Roman Polanski anche per il tipo di cinema da lui proposto, Komasa ha raccolto una suggestione del grande Jerzy Skolimowski (co-produttore del film assieme all’altra leggenda nel mondo della produzione, Jeremy Thomas) e ne ha realizzato una potente quanto disturbante riflessione sull’ipocrisia morale, sulla ri-educazione borghese, sulla violenza prodotta dalle buone intenzioni, così come sulla ricerca dell’identità in un mondo sempre più confuso. Ma anche sullo status contemporaneo della famiglia, dell’essere genitore e figlio.

Good Boy, già provocatorio nel suo titolo, è il viaggio agli inferi della (in)coscienza umana quando questa si propone di “aggiustare” ciò che è considerato “deviato”. Ne è espressione il teenager teppista ma assai seducente Tommy, che viene letteralmente sequestrato da un padre di famiglia di mezza età che, con la moglie depressa e il figliolo piccolo costretto sempre a sorridere, si incarica di trasformarlo in un bravo ragazzo, appunto un good boy. Ambientato nell’Inghilterra odierna e impreziosito da attori di prima categoria come Stephen Graham (già padre in Adolescence), Andrea Riseborough e soprattutto il magnifico emergente Anson Boon (Mobland), il film racconta una claustrofobia sintomo di una società asfittica, una violenza degna di Haneke, un tentativo di guarigione luttuosa che non potrà che viaggiare bilateralmente. Fortunatamente vedremo il film prossimamente anche nelle sale italiane, dove sarà da non perdere.

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