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“Attenzione, questo vulcano “zombie” si sta risvegliando dopo 700.000 anni. Si rischia un’eruzione esplosiva”: l’allarme dei ricercatori nel nuovo studio

Uno studio internazionale pubblicato su Geophysical Research Letters ha rilevato un "respiro" del vulcano, con picchi di deformazione e rilascio di gas

di F. Q.
“Attenzione, questo vulcano “zombie” si sta risvegliando dopo 700.000 anni. Si rischia un’eruzione esplosiva”: l’allarme dei ricercatori nel nuovo studio

Per quasi un milione di anni è rimasto silente, tanto da far credere che fosse innocuo e che di lui non rimanesse che una grande montagna. Ma ora, il vulcano Taftan, uno stratovulcano di quasi 4.000 metri nell’Iran sud-orientale, ha iniziato il suo “risveglio” e sta mostrando segni inequivocabili di “agitazione”. A lanciare l’allarme è un nuovo studio internazionale che ha rilevato un preoccupante rigonfiamento del suo cratere, un segnale che la pressione di magma e gas sta aumentando nelle sue viscere. Insomma, per i ricercatori i segnali sono chiari: il grande vulcano “zombie” si sta risvegliando e costituisce una minaccia per l’intera area.

La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters, è stata fatta da un team di ricerca guidato dalla Stazione Vulcanologica delle Canarie (IPNA-CSIC), in collaborazione con le università di Hong Kong e Berlino. Utilizzando misurazioni satellitari radar (InSAR) tra il 2023 e il 2024, gli scienziati hanno osservato una “deformazione significativa” della sommità del vulcano. Il team, coordinato dal professor Pablo J. González, ha registrato picchi di rigonfiamento fino a 11 centimetri all’anno, alternati a fasi di rallentamento associate a emissioni di gas, descrivendo il fenomeno come una sorta di “profondo respiro”.

Ciò che rende la situazione preoccupante è che questo rigonfiamento appare “spontaneo”: non è stato innescato da eventi esterni come terremoti o piogge intense, che spesso possono destabilizzare i sistemi vulcanici. Proprio questa assenza di una causa scatenante, ha portato i ricercatori a ipotizzare che qualcosa stia covando nelle camere magmatiche del vulcano. Gli studiosi hanno ipotizzato quindi due scenari: o un’alterazione del sistema idrotermale superficiale che ha portato a un accumulo di gas, o, ipotesi più allarmante, un’intrusione magmatica profonda che sta pressurizzando il sistema dal basso. Questo accumulo di pressione si starebbe verificando ad alcune centinaia di metri di profondità sotto la vetta, un meccanismo che potrebbe portare a un’eruzione esplosiva.

Sebbene il Taftan sia considerato l’unico membro “attivo” dell’arco vulcanico del Makran (tra Iran e Pakistan), la sua attività storica è stata debole e incerta: l’unica e ultima vera sua eruzione risale a circa 700.000 anni fa, dopo di che si ha notizia solo di alcune emissioni di fumo nel 1902 e di una piccola, non verificata, colata lavica nel 1993. Questa lunga inattività ha portato a una sorveglianza non particolarmente stretta, da qui ora il monito dei ricercatori: “Le nostre scoperte rivelano che il Taftan è più attivo di quanto precedentemente riconosciuto”, hanno concluso gli autori dello studio. Sebbene non ci sia un rischio di eruzione imminente, i risultati evidenziano “l’urgente necessità di una revisione dell’attuale rischio vulcanico” nell’area. Questo include la creazione di reti di monitoraggio permanenti e l’aggiornamento delle mappe di rischio: nei pressi del vulcano, infatti, si trovano diversi villaggi rurali, come Ziyarat, meta di pellegrinaggio religioso alle sue pendici, e la città di Khash, a soli 50 chilometri di distanza.

Qui lo studio integrale.

Foto d’archivio

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