Dopo la voce di Hind Rajab ecco il volto di Fatma Hassona. E, potendoli mettere a confronto, si può affermare che il documentario dell’iraniana esule Sepideh Farsi sia ancor più potente, pregnante e “significante” della ricostruzione docu-ficion della tunisina Kaouther ben Hania. E questo perché Put Your Soul in Your Hand and Walk è tra le proiezioni speciali della 20esima Festa del Cinema di Roma dopo la sua premiere mondiale a Cannes nella sezione Acid – è una testimonianza tanto vibrante quanto straziante di chi non ha mai mollato pur abitando sotto le bombe israeliane di Gaza.
Documentario “video-telefonico”, il film di Farsi nasce dall’incontro con la fotoreporter Fatma Hassona residente con la sua famiglia in Gaza City. Per quasi un anno, cioè dal 24 aprile 2024 al 15 aprile 2025, Sepideh e Fatma si video-chiamate coi loro smartphone con regolarità finché il 16 aprile la giovane e sei famigliari sono stati uccisi da un bombardamento dell’IDF. Se “Fatma è diventata i miei occhi a Gaza. Io, dal mio esilio, sono stata la sua finestra aperta sul mondo” spiega la cineasta che vive a Parigi e che non può tornare in Iran dove altrimenti verrebbe arrestata. Due donne dai destini diversamente dolorosi, entrambe professioniste delle immagini, chiamate l’una attraverso l’altra a rendere testimonianza di quanto sta accadendo nella martoriata Striscia. Un film che è “un’urgenza di memoria, un modo per non lasciare che la sua voce venga cancellata” sottolinea ancora l’autrice. Ma l’importanza dell’opera non si esaurisce con la voce, le parole, i pensieri, le paure e i sogni di Fatma: la ragazza infatti ha inviato a Sepideh numerosi scatti da lei effettuati tra le terrificanti rovine di Gaza, mostrandole anche in video livestreaming quanto vedeva dalla propria finestra – un paesaggio urbano che si faceva nel tempo sempre più apocalittico – e facendole sentire in diretta il rumore assordante dei bombardamenti e degli aerei israeliani.
Dunque un autentico servizio foto-video-audio giornalistico fatto con l’anima, il cuore, la testa e il corpo, corredato dal volto luminoso e dal sorriso bianchissimo di Fatma, un sorriso sempre acceso anche quando spiegava di non mangiare da giorni. Tante le frasi pronunciate dalla fotoreporter che posso ascriversi alla Storia del presente, e fornire vivida materia della “sostanza umana” di un popolo cui è negata di esistere in uno Stato proprio. “Abbiamo una vita semplice ma loro vogliono rubarcela lo stesso”. E ancora “Penso Gaza abbia bisogno di me, devo uscire e mostrare quanto succede”. “Ho incontrato una bimba di 8 anni che mi ha confidato ‘voglio morire’”. “Sogno il pollo, di andare a Roma, un cioccolatino. Ma mi manca tutto, mi manca la mia vita”. E, rispondendo su cosa si muore a Gaza: “Qui si muore di bombe, si muore di paura, si muore di fame”. “Se io muoio, voglio una morte rumorosa, che sia sentita da tutto il mondo”. Imperdibile e straordinaria testimonianza, da mostrare ovunque, il film uscirà prossimamente anche nelle sale grazie a Wanted.
Quasi un pendant di resistenza, un piccolo film dall’Iraq – The President’s Cake (La torta del presidente) di Hasan Hadi – è stato mostrato in questi giorni nella sezione autonoma e indipendente Alice nella Città. Anch’esso proveniente da Cannes, dove ha vinto la Camera d’or come miglior esordio, si tratta di una fiaba a misura di bambina di 9 anni, Lamia, che si adopera in ogni modo pur di realizzare la sua torta per il compleanno del presidente in una Baghdad già sottoposta alle feroci sanzioni americane. Siamo infatti agli inizi della prima guerra del Golfo (1990) e il popolo iracheno tenta a suo modo di non smettere di vivere la propria vita. Lamia abita con la nonna in un villaggio di palafitte sul fiume, il loro mondo si muove su canoe e zattere, i loro tempi e modi sono quelli di un mondo antico. Eppure è la sapienza di chi intuisce le cose a indicare loro la strada, a istruire Lamia verso un discernimento adulto, a farla resistere a scuola in silenzio anche sotto le bombe. Quello di Hadi è un cinema che tanto ricorda le “fiabe” di bambini e ragazzi di Kiarostami e Panahi e per questo ha un valore intrinseco ed eterno. Nelle sale dal 2026 per Lucky Red.