“Non posso essere oggi lì con voi perché non esisto”. È quello che dice la protagonista di The Last Image, il primo cortometraggio italiano realizzato totalmente da AI generativa sotto il controllo umano, prodotto dalla software house HAI e da EDI, presentato nelle scorse ore all’Anica di Roma. In una clip proiettata in sala prima dell’inizio del cortometraggio, per un saluto formale al pubblico, la ragazza dai folti capelli ricci e rossi protagonista del film corre lungo il gate di un aeroporto, ma appunto, come la “collega” hollywoodiana Tilly Norwood, né lei, né il gate esistono perché ogni frammento di quell’immagine è creata con Intelligenza Artificiale.
The last image, del resto, non ha una briciola che una di materia organica in scena: cast artistico e tecnico, location compresa, sono frutto dell’elaborazione AI con capireparto umani a supervisionare gli input artificiali. Nel corto veniamo catapultati in una sorta di cupo medioevo alla Trono di spade dove un ragazzo sta per essere decapitato in una pubblica e inferocita piazza. Reo di aver rubato frutta da terreni privati, e dopo orribili torture del non aver confessato quale fosse il suo complice, con la voice over del protagonista veniamo a conoscenza di un suo ultimo desiderio: chissà se una volta tagliata la testa i suoi occhi potranno continuare a vedere l’amata dai riccioli rossi in mezzo alla folla. Dopo un rapido flashback sullo sviluppo del crimine e i momenti di amore con la ragazza, c’è il twist che non spoileriamo, se non per inserire The last image nella categoria di genere cornuto e mazziato.
“È un esercizio di stile, effettuato rispettando i ruoli umani, con capireparto (fotografia, scenografia, art director, ecc…) che hanno supervisionato il materiale generato. Non abbiamo voluto sostituirci al cinema, ma vogliamo mostrare le potenzialità di questo superpotere che, come per gli effetti visivi, può aiutare chi racconta storie”, spiega Francesco Grisi di EDI, l’azienda leader italiana negli effetti digitali, pentolone magico da cui sono usciti, tra gli altri, M – Il figlio del secolo. “Quando in EDI vedemmo i risultati delle prime AI oltre alla meraviglia si scatenò anche ansia e inquietudine. Pensammo: saremmo tutti fregati e la nostra professionalità cancellata. Invece abbiamo provato a guardare il “mostro” per disinnescare la paura. Qualsiasi cosa di tecnologico appartiene sempre a noi: vediamo semmai come può essere modellato e direzionato”, aggiunge Francesco Pepe, produttore di The Last Image e supervisor EDI. In principio l’esercitazione doveva essere uno spot pubblicitario, poi è diventato un racconto vero e proprio con un team di lavoro capitanato nella parte creativa dal regista Frankie Caradonna. “Usare la AI è come danzare con il caos, fare windsurf in Costarica, domare un cavallo selvaggio. L’AI è un potenziale strumento di democratizzazione, ma senza l’immaginazione umana e gli effetti visivi non va da nessuna parte, rimane un meme. Il nuovo mezzo va capito e studiato. Non sarà la AI a rubarvi il lavoro, ma l’ignoranza”.
In cima alla piramide dell’esperimento The last image c’è però Stefano Leoni, il Werner Herzog degli effetti visivi italiani, visionario quanto un Francis Ford Coppola con la Zoetrope, pratico e materiale come il più puntuale direttore di produzione. “Il futuro è la soluzione ibrida”, chiosa Leoni. “Perché porterà gli effetti visivi nella condizione di sistemare situazioni complesse con budget più controllati. Non dico più bassi, ma controllati, ovvero con lo stesso budget potrai gestire più situazioni complesse. Del resto con la AI nel settore VFX non c’è conflitto con la creatività ma un potenziamento delle performance”.