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“Passavo 5 ore in bagno ogni notte, ma la gente dice sempre la stessa stupidaggine”: Sebino Nela parla della sua lotta contro il cancro

Campione d'Italia con la Roma, l'ex calciatore ha parlato del tumore e della sua famiglia "falcidiata dalla malattia". Con una nota amara: "Sono stato solo più fortunato di D'Amico, Rossi, Mihajlovic e Vialli"
“Passavo 5 ore in bagno ogni notte, ma la gente dice sempre la stessa stupidaggine”: Sebino Nela parla della sua lotta contro il cancro
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Una carriera legata alla Roma, con cui ha vinto uno scudetto nel 1982/83. Dopo il ritiro una “seconda” vita da dirigente e da opinionista sportivo. In mezzo una lotta contro il tumore al colon. Sebino Nela si racconta al Corriere della Sera e lo fa raccontando come ha vissuto quel periodo. Nel 2013 ha rivelato di aver avuto e sconfitto il cancro, ma prima c’è stato un cammino lungo e tortuoso. “Noi calciatori viviamo di obiettivi, una partita dopo l’altra. Con la malattia ho fatto così. Passavo cinque ore in bagno tutte le notti con i dolori di stomaco dopo la chemio. Mi sono detto: ‘Cerchiamo di stare in bagno quattro ore. Poi tre e mezzo, poi tre’. Ha funzionato. Mi dispiaceva farmi vedere pallido. Ora cerco di essere sempre abbronzato”.

C’è una sola cosa che Sebino Nela si porta dietro da quel periodo così difficile: “La stupidaggine della gente che mi dice: ‘Non c’erano dubbi che con quel fisico ne venissi fuori’. E allora tutti i colleghi che ho perso? Vincenzo D’Amico, Paolo Rossi, Sinisa Mihajlovic, Gianluca Vialli. L’unica differenza tra me e loro è che io sono stato più fortunato”.

Un periodo in cui l’ex Roma si è aggrappato alla famiglia, che però inizialmente non riusciva a dargli forza: “Una notte ho trovato mia moglie e le figlie che piangevano, ho detto: ‘Basta, siete voi che dovete aiutare me’. Dentro casa la situazione è cambiata. Ho perso mio padre per questa malattia, suo fratello. Ho perso mia sorella, la persona che stimavo di più al mondo: si è lasciata morire dopo 8 anni di cure. L’altra mia sorella convive da 14 anni con il cancro. Una famiglia falcidiata dai tumori: non ce lo meritavamo”.

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