Televisione

“Il mio ultimo programma in Rai andò bene. Era piaciuto così tanto che non me l’hanno fatto più fare, al mio posto ci hanno messo delle smandrappate”: così Syusy Blady

La conduttrice, attrice e scrittrice si è raccontata al Corriere della Sera in occasione dell'uscita del suo libro Dracula non muore mai. Storia vera di un vampiro per caso

di F. Q.
“Il mio ultimo programma in Rai andò bene. Era piaciuto così tanto che non me l’hanno fatto più fare, al mio posto ci hanno messo delle smandrappate”: così Syusy Blady

Si chiama Dracula non muore mai. Storia vera di un vampiro per caso il nuovo libro di Syusy Blady, al secolo Maurizia Giusti, amata conduttrice tv, attrice e scrittrice che si è raccontata al Corriere della Sera a partire proprio dal “vero Draculea, il figlio del Drago: Vlad III principe della Valacchia, vissuto intorno alla metà del 1400. E detto l’Impalatore, per la fine che riservava ai nemici”.

Gli esordi con “Patrizio (Roversi che è stato suo compagno e marito a lungo anche nella vita), Davide Parenti, poi arrivarono i Gemelli Ruggeri, Vito, Paolo Hendel, Bergonzoni. Mettevamo in scena il Gran Pavese Varietà, mix di alto e basso, dal poeta all’uomo della strada, la risposta alla serietà barbosa di una certa politica”. Poi il debutto in Rai e ancora, su ItaliaUno con Moana Pozzi che “era in studio tutta nuda, a parte le scarpe, i maschietti non sapevano dove guardare”, in una puntata di uno show mai andato in onda. E Blady ricorda così Moana: “Era una creatura tranquilla, quasi ieratica. Le feci un’intervista, parlammo dell’Aldilà, Moana lo immaginava con alberi, fiori, animali. Scherzò: ‘Però non ho nessuna voglia di morire'”.

Poi l’amore con Roversi (“Insegnavo cinema, lui teatro. Piccoli, Patrizio 19, io 20. Lo vidi che sollevava il viso da un pentolone di spaghetti”), oggi cambiato dopo la fine del matrimonio: “Però restiamo come parenti. Fratelli. Il suo è l’unico numero di telefono che ricordo a memoria. A un certo punto il rapporto è diventato limitante. Sono sempre io quella più inquieta. Il legame tra noi non finirà mai, siamo tuttora complici”. Un legame che, dice, “non si può definire”.

E ancora, il suo parlare di accettazione di sé prima che fosse sdoganato come oggi, con l’invenzione della ‘tap model’ (“Quando ero ragazzina, andavano di moda le stangone tipo Veruschka. Mascoline, esili. Però non ci soffrivo. Sono 1 metro e 55, quindi non sono piccolina, ma nella norma dell’altezza mediterranea. La Venere di Milo e di Cirene sono alte come me”): “Il mio motto era: ‘Meglio una tap model oggi che una top model mai‘. Non è giusto imporre un’estetica standard, oggi è terribile. C’è appiattimento, quasi una distopia, fa impressione, pare diventato un mondo di idioti”. E sul ritorno in Rai ha le idee molto chiare: “È un discorso chiuso. L’ultimo programma è stato In viaggio con la zia, andò bene. Era piaciuto così tanto che non me l’hanno più fatto fare, al mio posto ci hanno messo delle smandrappate”.

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