Colosimo sta ‘aprendo i cassetti’ di via d’Amelio, ma quello di Caselli lo tiene ben chiuso
In Italia non ci sono più soltanto “figli e figliastri” ma anche “cassetti” e “cassettardi”, cioè cassetti che possono essere aperti più tardi. Il neologismo me lo ha ispirato la Presidente dell’Antimafia Chiara Colosimo, che da un lato dichiara di essere ormai ad un passo dalla verità sulla strage di Via D’Amelio, ma dall’altro rinvia sine die la continuazione dell’audizione di Gian Carlo Caselli, che il 31 di Luglio aveva criticato radicalmente l’impostazione data all’inchiesta, riservandosi di produrre ulteriori argomenti e documenti. Qualche giorno fa infatti, intervenendo a Firenze nell’ambito di una iniziativa organizzata dal suo partito (FdI) ed intitolata “Oltre il tetto di cristallo – Il lavoro delle donne”, la presidente dell’Antimafia aveva parlato dei “cassetti” finalmente aperti per trovare le verità taciute sulla strage del 19 Luglio 1992, lasciando intendere di avere ormai aperto quelli giusti.
Il film lo conosciamo: sradicare la strage di Via D’Amelio dal contesto unitario seppure complesso, che si sviluppa tra il 1989 ed il 1994, esasperare il ruolo del “nido di vipere” (i colleghi magistrati di Borsellino), di certi imprenditori del nord (il gruppo Ferruzzi) in combutta con quelli mafiosi siciliani (Buscemi) e naturalmente di Cosa Nostra, per spiegare la strage come volontà di impedire che Paolo Borsellino mettesse le mani sulla inchiesta mafia-appalti, opponendosi all’insabbiamento e scoperchiando i rapporti criminali tra mafia, magistratura collusa, imprenditoria senza scrupoli e politici avvezzi alla convivenza compiaciuta. Tutto materiale umano rigorosamente targato “Prima Repubblica”, tutta roba resa inerte dal passaggio non tanto del tempo, quanto del comando.
A questa rilettura della storia, che avendo pure il merito di spruzzare fango sui magistrati della Procura di Palermo e su certi magistrati di quella di Caltanissetta protagonisti del prima e del dopo strage serve a placare la sete di vendetta del duo Mori-De Donno, si sono opposte diverse voci autorevoli, tra le quali quella di Gian Carlo Caselli, procuratore di Palermo tra il 1993 ed il 1999. Gian Carlo Caselli è stato audito dalla Commissione parlamentare antimafia il 31 di Luglio scorso e già in quel primo round era riuscito in poco meno di un’ora di trattazione a contestare diversi punti della ricostruzione, ribadendo tra l’altro che non si capisce perché Cosa Nostra avrebbe dovuto uccidere in quella maniera Paolo Borsellino e la sua scorta, subendo conseguenze durissime che sarebbero state facilmente evitabili (la conversione in legge del decreto 306 dell’8 Giugno 1992), se contemporaneamente si sostiene che il “nido di vipere” fosse già riuscito nell’intento di neutralizzare l’indagine su mafia e appalti.
Al termine di quella audizione l’ex Procuratore di Palermo e Torino aveva avuto rassicurazioni sul fatto che quanto prima ci sarebbe stato un secondo round per completare l’esposizione, raccogliere la documentazione offerta, rispondere alle domande dei Commissari. L’estate è passata, il Parlamento ha riaperto Camere e palazzi, ma niente: pare che il calendario dei lavori della Commissione sia così denso da aver imposto una pausa di riflessione ed un rinvio a data da destinarsi.
Possibile?
Questa settimana, per dire, la Commissione parlamentare antimafia ha in programma una sola riunione plenaria, che sarà dedicata a sentire i vertici dell’IILA. Temo che i più non sappiano nemmeno cosa sia l’IILA. Trattasi del meritorio Istituto Italia-Latino America, organismo governativo italiano, nato negli anni 60, incardinato nel Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, che si occupa di presidiare e promuovere un ampio ventaglio di progetti di collaborazione tra l’Italia ed i Paesi latino americani. L’Istituto Italia-LatinoAmerica soltanto nel mese di luglio di quest’anno, proprio in occasione dell’anniversario della strage di Via D’Amelio, si è reso protagonista di un convegno svoltosi a Palermo sulla comune strategia di contrasto al crimine organizzato, che ha coinvolto un centinaio tra magistrati ed investigatori di tredici Stati diversi. Insomma: che dio benedica l’IILA! Che tanto bene già fa su un piano evidentemente inter-governativo.
Qual è quindi il ruolo della Commissione parlamentare antimafia? E soprattutto qual è l’urgenza che fa scalare a questa audizione le agende della presidenta? Non è dato a sapersi.
Però il mitico Donzelli di Fratelli d’Italia si è affrettato a definire la Colosimo, proprio dopo le sue uscite fiorentine, niente meno che la migliore presidente della Commissione antimafia della storia repubblicana. Se davvero lo fosse o volesse anche soltanto candidarsi ad esserlo, alle domande che le sono state fatte a Firenze, sul rapporto tra Firenze e le mafie, anziché parlare del rischio di infiltrazioni nel turismo, avrebbe fatto meglio a ricordarsi della famiglia Nencioni e di Dario Capolicchio ammazzati nella strage di Via dei Georgofili del 26 Maggio 1993. Lei, donna e madre, avrebbe potuto spendere qualche parola per Caterina che non aveva due mesi di vita quando fu uccisa insieme alla sorella, alla madre ed al padre in quella tragica notte italiana nella quale i mafiosi di Brancaccio, gli stessi di Via D’Amelio, seminavano morte per il continente in “buona” compagnia.
Avrebbe potuto ricordare che la Distrettuale antimafia di Firenze ha in piedi una indagine sui concorrenti esterni a Cosa Nostra per quelle stragi, che riguarda lo stesso Mori. “Cassetti” e “Cassettardi” appunto, intanto Caselli aspetta una telefonata. E noi con lui.