A più di sette mesi dal suo inizio, l’Eurovision Song Contest 2026 (si terrà a Vienna dal 12 al 16 maggio 2026) ha già scatenato un ampio dibattito. La questione che sta tenendo banco da settimane è la presenza di Israele. In segno di protesta contro il conflitto in Medio Oriente, Islanda, Irlanda, Paesi Bassi e Spagna hanno già minacciato di boicottare la manifestazione se allo Stato Ebraico verrà concesso di esserci. In Italia, tre consiglieri di amministrazione Rai hanno chiesto di seguire questo filone.
Se inizialmente una decisione definitiva sul caso doveva essere presa a dicembre a Ginevra, adesso i tempi sono stati accorciati. Il caso avrà una risposta a novembre, mese in cui è stata convocata una sessione straordinaria dell’Assemblea Generale. Come riportato da diverse testate tra cui il The Guardian.
Tutti i Paesi potranno votare online per decidere sulla partecipazione di Israele alla kermesse. In una lettera inviata giovedì 25 settembre alle emittenti degli Stati partecipanti, la presidente dell’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), Delphine Ernotte Cunci, ha spiegato che esiste una “diversità di opinioni senza precedenti riguardo la partecipazione della tv israeliana KAN”. Motivo per cui “dato che l’unione non ha mai affrontato una situazione tanto divisiva prima, l’Executive Board ha concordato sul fatto che la questione merita una più ampia base democratica per una decisione, dove a tutti i membri si possa dare voce”.
La radiotelevisione israeliana: “Potenziale squalifica problematica per la 70esima edizione del concorso”
La risposta della radiotelevisione israeliana non si è fatta attendere. “KAN esprime la sua ferma speranza che l’Eurovision Song Contest mantenga la sua identità culturale e non politica – si legge nell’account ufficiale dell’emittente su X –. La potenziale squalifica dell’emittente pubblica israeliana, tra i partecipanti più antichi, popolari e di successo, sarebbe decisamente problematica in vista dell’edizione numero 70 del concorso, che è stato fondato come simbolo di unità, solidarietà e fratellanza. Una simile scelta potrebbe avere implicazioni ad ampio raggio per la competizione e i valori che l’EBU sostiene”.
E ancora: “Lo statuto EBU stabilisce che decisioni straordinarie di questo tipi richiedano una maggioranza del 75% dell’Assemblea generale, una percentuale eccezionale. Confidiamo che l’EBU salvaguarderà il carattere professionale, culturale e non politico del concorso, che taglia lo storico traguardo dei 70 anni nell’unire attraverso la musica”. Raggiunta dal Times of Israel per avere delucidazioni sul tipo di maggioranza necessaria a escludere Israele, l’Unione Europea di Radiodiffusione ha spiegato che basterà il 50% di contrari perché la tv israeliana KAN non partecipi alla gara.
Le polemiche a Malmö e Basilea nel 2024 e nel 2025
Già a Malmö, nel 2024, l’indignazione per le condizioni di vita degli abitanti della Striscia di Gaza era palpabile. E neanche a Basilea, a maggio scorso, erano mancate le polemiche sulla partecipazione dello Stato Ebraico, rappresentato da Yuval Raphael con la ballad “New Day Will Rise”. Durante la sfilata sul turquoise carpet, la cantante sopravvissuta al massacro di Hamas del 7 ottobre era stata insultata, le avevano sputato addosso e qualcuno l’aveva anche minacciata di morte. In arena, tra prove e serate ufficiali, erano comparse bandiere della Palestina ed era arrivato anche qualche fischio. A sostegno della causa palestinese, alle proteste si era aggiunto l’appello di oltre 70 artisti, tra cui il vincitore della manifestazione nel 2024 con il brano “The Code”, Nemo. Il regolamento del concorso prevede infatti di poter estromettere dalla gara una nazione che violi gravemente i diritti umani o sia coinvolta in conflitti bellici. È già successo nel 2022, quando la Russia è stata esclusa dopo l’invasione dell’Ucraina.
Come riporta il Guardian, l’emittente ospitante di quest’anno, l’austriaca ORF, si è detta ottimista sulla possibilità che la gara si svolga anche in caso di boicottaggio di alcuni Stati e, di conseguenza, perdite economiche ingenti. Soprattutto nel caso di assenza della Spagna, la prima delle Big Five (i Paesi che maggiormente finanziano la competizione) che ha preso una posizione netta contro Israele. “L’Eurovision Song Contest si terrà a Vienna nel 2026 e l’evento si svolgerà indipendentemente dal numero di partecipanti”, le parole di un portavoce del broadcaster.