La famiglia allargata, la solidarietà tra donne (che spesso purtroppo manca nella realtà di oggi), l’invito a reinventarsi e a riprendere in mano la propria vita. Sono solo alcuni dei temi della nuova serie tv “La Ricetta della Felicità”, in quattro prime serate in onda su Rai1 da giovedì 25 settembre. Protagoniste assolute sono Cristiana Capotondi e Lucia Mascino. La serie narra il viaggio di Marta (Cristiana Capotondi), una donna che con determinazione affronta scomode verità, trasformandole in opportunità per riscoprire la propria identità. Centrale alla trama è l’incontro con Susanna (Lucia Mascino), figura all’apparenza lontanissima dal suo mondo, con cui si sviluppa un legame profondo e inatteso. La loro amicizia, tanto complessa quanto essenziale, finirà per trasformare irrimediabilmente le vite di entrambe.
“La mia ricetta della felicità – ha spiegato Cristiana Capotondi a FqMagazine – è, in parte anche quella del personaggio, quindi un pensiero positivo che ha questo mantra dell’ultimo ventennio: un po’ di leggerezza”.
La Mascino ha aggiunto: “La mia ricetta della felicità è aderire a se stessi, è incontrare altre persone con cui avere degli scambi importanti e con cui condividere la vita e sentirsi di potersi aprire, avere fiducia nel futuro e questi sono sicuramente tre elementi grossi e importanti”.
La serie narra delle famiglie allargate, un concetto possibile in un Paese fortemente cattolico? “Le famiglie allargate credo siano all’ordine del giorno – ha detto la Capotondi – quindi credo che è l’orizzonte insomma di questo nostro tempo poi per famiglia si intende sempre di più una comunità o una rete una comunità o una rete cioè ciò che costruisce a partire da una similitudine da un incontro al di là della relazione di sangue, quindi credo che il Paese sia un pochino più avanti nel concreto rispetto anche a un osservatorio che pone la domanda quanto sia complesso, complicato costruire una famiglia allargata almeno questo”.
“La famiglia allargata vuol dire creare rete”
“Da una parte la famiglia allargata è la rete, la comunità, è qualcosa che io, quando lo ritrovo vagamente, – ha continuato la Mascino – per esempio in un quartiere romano, c ‘è una rete effettivamente, è una cosa meravigliosa, cos’è sempre il terrore che si perda, perché si perde proprio la capacità di stare in gruppo, cioè nel senso non lo so. Da alcune parti vedo che esiste ancora quella autenticità, quei rapporti, quella voglia di darsi la mano. C’è una generosità, la generosità è istintiva nei bambini, esiste già. Mi sembra dall’altra che ci sia sempre meno allenamento a questo darsi, a questo essere di riferimento l’uno per l’altro, è una cosa terribile, ma abbiamo tutti in realtà bisogno ed è anche una cosa culturale. Quindi va mantenuta. Sono tanti argomenti che vanno tutti insieme, come le città che vengono spopolate dagli abitanti, questa è una cosa che distrugge le reti, quindi l’abitudine di stare insieme, di fidarsi uno l’altro, di essere in relazione. Non è una cosa solo istintiva, è una cosa che va costruita attraverso anche delle politiche, dei pensieri fatti appositamente perché questo si mantenga e certamente tutto parte dal nucleo familiare e via via allargando, in Italia sicuramente c ‘è stata, sicuramente in alcuni punti c ‘è ancora. Roma stessa ne è un esempio, io vengo una piccola città, ma insomma, Roma ne è un esempio ed è veramente qualcosa che è una grande forza”.