Moda e Stile

Ecco il testamento di Giorgio Armani: “Entro 18 mesi vendere il 15% a Lvmh, Essilor-Luxottica o L’Oreal”. Il futuro dell’azienda definito nei minimi dettagli

Lo stilista nel suo testamento ha disposto un dettagliato piano per il futuro della maison, che prevede nel giro di qualche anno l'entrata in maggioranza di un colosso del lusso e della moda (escludendo, quindi, i fondi d'investimento e finanziarie) o, in alternativa, la quotazione in Borsa, con la Fondazione al 30% del capitale. E' questo, in sintesi, quello che emerge dalla lettura del testamento dello stilista, da poco scomparso

di Ilaria Mauri
Ecco il testamento di Giorgio Armani: “Entro 18 mesi vendere il 15% a Lvmh, Essilor-Luxottica o L’Oreal”. Il futuro dell’azienda definito nei minimi dettagli

Giorgio Armani non ha lasciato nulla al caso. Neppure la morte. Lo dimostrano i due testamenti, redatti di suo pugno pochi mesi prima di spegnersi a 91 anni, che raccontano la doppia anima dello stilista: maniacale nella precisione con cui disegna il futuro del suo impero, dolce e appassionato quando si rivolge alla famiglia e al compagno di una vita, Pantaleo “Leo” Dell’Orco. C’è l’acume dell’imprenditore che mette al sicuro il suo impero con clausole, quote e veti incrociati; e la tenerezza dell’uomo che affida i suoi ricordi più cari, pezzo per pezzo, a familiari e amici fidati. È il testamento di un uomo lucidissimo, capace di alternare operazioni finanziarie raffinate a scelte di cuore, fino a fissare persino linee guida stilistiche per chi porterà avanti la sua eredità. I documenti, segreti e resi noti martedì 9 settembre, svelano la divisione di un patrimonio stimato in oltre 11 miliardi di euro e, soprattutto, tracciano la rotta per il futuro della Giorgio Armani Spa. Una vera eredità a tutto tondo: non solo economica, ma anche stilistica e culturale per proteggere l’azienda e insieme le persone che hanno fatto parte della sua vita.

Il futuro della maison: la Fondazione e la vendita

Il cuore della strategia è la Fondazione Armani, creata dallo stilista una decina di anni fa insieme al compagno Leo Dell’Orco e al banchiere Irving Bellotti di Rothschild. Ad essa va l’intera proprietà della maison: nel dettaglio, il 9,9% delle azioni in piena proprietà e il 90% in nuda proprietà, con usufrutto assegnato a Dell’Orco, ai nipoti Silvana e Andrea Camerana e alla sorella Rosanna. Un equilibrio che garantisce solidità: i diritti di voto saranno divisi con precisione matematica — 40% a Dell’Orco, 30% alla Fondazione, 15% ciascuno ai nipoti Silvana e Andrea Camerana. Roberta Armani e Rosanna riceveranno azioni senza diritto di voto: un segnale chiaro, che tutela l’unità del gruppo evitando conflitti futuri. Il tutto con un compito ben preciso, ovvero custodire i “principi fondanti” del brand: dalla “ricerca di uno stile essenziale, moderno, elegante e non ostentato” alla “gestione etica”.

Ma la vera notizia, che scuote il mondo della moda, è una clausola precisa: su impulso della Fondazione e con l’accordo di Leo Dell’Orco, a partire dal terzo anno dalla successione ed entro il quinto, si dovrà procedere alla cessione della maggioranza della società o, in alternativa, alla sua quotazione in Borsa ma senza mai scendere sotto il 30,1%. Insomma, dopo una vita passata a lottare per rivendicare la propria indipendenza rifiutando ogni proposta d’acquisizione, Re Giorgio ha dovuto arrendersi all’inevitabilità della vendita, lasciando che la sua azienda, tra gli ultimi baluardi del Made in Italy ad esser rimasta davvero italiana, passi in mani estere. Armani ha però indicato una rosa di partner prioritari: LVMH, EssilorLuxottica o L’Oréal, “o ad altre società o gruppo societario dalla stessa individuato con l’accordo di Leo” Dell’Orco. “Pongo a carico della Fondazione i seguenti oneri – si legge nel testamento – decorsi 12 mesi ed entro i primi 18 dalla data di apertura della successione, cedere una partecipazione del 15%”. Nel dettaglio, come riferisce l’Ansa, dopo la vendita a un gruppo della moda e del lusso del 15% del capitale di Armani Spa, Giorgio Armani impone nel testamento, “a decorrere dal terzo anno ed entro il quinto anno dalla data di apertura della successione” di cedere al medesimo acquirente un’ulteriore quota pari a un minimo del 30% fino a un massimo del 54,9% del capitale. O in alternativa la quotazione in Borsa tra 5 o al massimo 8 anni. Con la Fondazione che scenderà come minimo al 30,1%. Un atto di estremo pragmatismo, con cui lo stilista ha accettato che il suo impero, un giorno, potesse perdere la sua indipendenza ma con aperture calcolate e selezionate.

Gli immobili e le dimore di una vita

La parte immobiliare riflette lo stesso equilibrio tra famiglia e affetti privati. La società L’Immobiliare Srl, che detiene proprietà come le case di Saint Tropez, Antigua, Broni e Pantelleria, va per il 75% in piena proprietà a Rosanna, Andrea e Silvana, e per il 25% in nuda proprietà, con l’usufrutto a vita riservato a Dell’Orco. Il palazzo di via Borgonuovo a Milano, cuore pulsante della vita e del lavoro di Armani, viene lasciato in usufrutto al compagno, con una clausola precisa: nessun arredo dovrà essere spostato, eccezion fatta per un Matisse e una foto di Man Ray. Tutto dovrà restare “complemento dell’immobile finché Leo voglia viverci”. Un gesto intimo, quasi domestico, che restituisce il senso di casa. Ancora, la casa di St. Moritz andrà in nuda proprietà ad Andrea Camerana con usufrutto a Dell’Orco, mentre a New York uno degli appartamenti sarà del compagno, l’altro di Rosanna, Andrea e Silvana. Ma con un’attenzione speciale: Dell’Orco potrà concedere l’uso a Michele Morselli, amico e amministratore della società immobiliare, “di una casa a sua scelta e della piscina, per temporanei soggiorni dello stesso con Francesca e Bianca”.

I lasciti finanziari: Luxottica e non solo

Armani possedeva quasi il 2% di EssilorLuxottica, un pacchetto dal valore di oltre 2,5 miliardi di euro. Nel testamento, assegna il 40% di queste quote a Dell’Orco e il 60% ai familiari, distribuendo anche pacchetti simbolici: 100mila azioni all’amico Michele Morselli, 7.500 a Daniele Ballestrazzi, Giuseppe Marsocci, Laura Tadini e Luca Pastorelli. A Morselli e alla figlia Bianca vanno inoltre titoli e Btp per circa 60 milioni di euro, insieme a una polizza assicurativa destinata alla ragazza, definita dallo stesso Armani “quasi come mia figlia”.

I lasciti privati a Leo Dell’Orco

Se la Fondazione è il garante, l’uomo chiave del futuro è senza dubbio Leo Dell’Orco, compagno e braccio destro di una vita. Emerge come il grande beneficiario del testamento, sia sul piano affettivo che su quello patrimoniale: a lui va il 40% dei diritti di voto della società, la quota di maggioranza relativa che lo rende la figura più potente nella governance. Ma sono i lasciti personali a raccontare la profondità del loro legame. Armani gli ha destinato il suo “ritratto di Andy Warhol”, insieme a statue bronzee di animali, tappeti giapponesi e arredi firmati, oltre alle opere d’arte più importanti, le auto d’epoca e, soprattutto, l’usufrutto a vita del palazzo di via Borgonuovo a Milano, con la disposizione che gli arredi, da lui scelti, “non vengano rimossi finché Leo voglia viverci”. A questo si aggiunge l’usufrutto di quasi tutte le altre proprietà immobiliari, da Saint Tropez a Pantelleria, fino a St. Moritz. E il 40% della sua quota in EssilorLuxottica, un pacchetto azionario dal valore di oltre un miliardo di euro.

A Rosanna, invece, un Matisse, una foto di Man Ray, un tavolo di Sottsass e un secretaire cinese. Alla nipote Roberta due paraventi giapponesi e cavalli in terracotta. Gli arredi del piano terra del palazzo di via Borgonuovo — poltrone, divani, tavoli, persino un grande quadro con gli stilisti — restano alla Fondazione: perché anche gli oggetti domestici diventino memoria collettiva.

Le linee guida: lo stile come testamento morale

Non solo beni e quote. Nel suo testamento, Giorgio Armani ha affidato alla Fondazione le linee guida che dovranno plasmare il futuro della maison: principi che rappresentano il suo lascito più autentico, un vero e proprio decalogo morale e stilistico. Tra questi spiccano la “gestione delle attività in modo etico, con integrità morale e di correttezza” e, soprattutto, la “ricerca di uno stile essenziale, moderno, elegante e non ostentato“, con una perenne attenzione al dettaglio e alla vestibilità. Sul piano strategico, le direttive impongono di dare “priorità allo sviluppo continuo a livello globale del nome ‘Armani’“, mantenendo coerenza tra i diversi marchi e una costante “attenzione all’innovazione, eccellenza, qualità e ricercatezza di prodotto“. La gestione finanziaria, infine, è vincolata a un “approccio cauto ad acquisizioni“, a un “adeguato livello di reinvestimento degli utili” e a un “limitato ricorso all’indebitamento“, per preservare l’equilibrio e l’indipendenza del gruppo.

La nota del Comitato Esecutivo della Giorgio Armani

A poche ore dalla pubblicazione dei testamenti, arriva anche la nota ufficiale del Comitato Esecutivo della Giorgio Armani, l’organo composto da familiari e top manager incaricato di gestire la transizione. Dopo aver preso atto delle volontà dello stilista, il Comitato sceglie di non commentare le scelte relative alla “strettissima sfera privata”, ma si sofferma sulla parte societaria, sottolineando come “rimane confermato in ogni passaggio l’intento del signor Armani di garantire continuità strategica, compattezza societaria e garanzia finanziaria“. Le decisioni strategiche, si legge nella nota, sono “demandate alla guida del signor Dell’Orco e alla famiglia”, ma sempre nel rispetto dei principi e delle regole definite dal fondatore. In quest’ottica viene letta anche la clausola sulla vendita o la quotazione in Borsa, vista come “l’apertura a un socio di minoranza di riconosciuta levatura” o a un’IPO, un percorso che sarà sempre gestito dai vertici ma “su impulso della Fondazione”. Quest’ultima, che avrà come primo compito quello di proporre il nome del nuovo amministratore delegato e non scenderà mai sotto il 30% del capitale, agisce come garante “per sempre” del rispetto dei principi fondanti.

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