Moda e Stile

Marc by Sofia, la Coppola racconta Jacobs: chiacchiere tra amici, tanti curiosi filmati d’epoca sulla moda e poco cinema

La recensione di Marc by Sofia, il documentario di Sofia Coppola sullo stilista Marc Jacobs presentato Fuori Concorso alla Mostra di Venezia 2025

di Davide Turrini
Marc by Sofia, la Coppola racconta Jacobs: chiacchiere tra amici, tanti curiosi filmati d’epoca sulla moda e poco cinema

Ma come si veste privatamente Marc Jacobs? Tra l’immensità di difetti, Marc by Sofia, il documentario di Sofia Coppola sul 62enne amico stilista newyorchese, Fuori Concorso a Venezia 2025, ha un pregio peraltro del tutto involontario. Mostra come il re dei look audaci, spropositati, delle linee ingigantite, abnormi, gonfiate, quando deve farsi intervistare in casa o in ufficio dall’amica Sofia si vesta come un qualsiasi damerino con maglioncini girocollo a triste tinta unita o con un discutibilissimo pigiama oro marrone. Colui che ha ibridato la moda con la cultura pop e l’arte, il “guru del grunge” e poi l’enfant prodige chez Luis Vuitton, nel documentario della figlia del celebre Francis Ford diventa un mero dispensatore di chiacchiere tra amici, di già sentiti (sempre gradevole l’aneddotica dell’infanzia passata con la nonna) e già detti. Niente tensioni dialettiche, niente rivelazioni, niente domande (e risposte) scomode.

Marc by Sofia è uno scontato botta e risposta di gioie, pene e paure del protagonista a ridosso della collezione primavere estate del 2025. Seguiamo così la preparazione della sfilata fin dalla scelta dei tessuti e dei colori, poi gradualmente la scelte di forme, volumi e tagli, fino alle prove con le modelle. Un lavoro di gruppo che procede sincronico con il largo e composito team della Marc Jacobs. Anche se è nei filmati di repertorio – soprattutto quelli della Coppola stessa e di Spike Jonze sulla celebre e divertita sfilata X-Girl – che Marc by Sofia si ravviva, come per dimostrare che appunto nello scavo odierno dell’opera c’è poco o nulla, mentre per lustrarsi gli occhi bisogna andare a scavare in archivio.

Tanti del resto i riferimenti d’ispirazione del nostro che, a loro volta, tornano ad essere repertorio: i film di Bob Fosse, le sequenze con Liz Taylor, Diana Ross, Barbra Streisand. Infine ci sarebbe anche da dire che il documentario non è consigliabile nemmeno a chi non sa nulla della carriera di Jacobs. Perché i fili ricuciti del suo passato creativo sono appena accennati e non cronologicamente disposti (la prima sfilata con i maglioni con le smile faces rimane un gioiello), mentre non si capisce bene perché si deve passare dalla descrizione di questa funzione di creatore di abiti per i processi, qui per Winona Ryder, Kim Kardashian e Courtney Love.

Altro dato mancante: il respiro di una sorta di contro-contro cultura, quella degli anni novanta newyorchesi, trampolino di lancio di Jacobs, ma anche fertile terreno fashion a 360 gradi per una moda che muta pelle e si fa discorso produttivo più ampio, multidisciplinare. Rimane la grande intuizione visiva e concettuale della sfilata per la collezione autunno-inverno 2024 con sedile e tavole giganti di Robert Therrien (No Title – Folding table and chairs), utili per comprendere le figure rigide alla Barbie che sfilano ampi giocosi vestitoni.

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