Prima degli smartphone c’era il diario, quello vero che custodiva i segreti delle ragazzine, spesso criptati, comprensibili solo a poche amiche fidate. Sono passati 42 anni ma sembra sia trascorsa un’era dal 1983, un anno in cui a Roma le ragazze sembrava venissero inghiottite dal nulla. È l’anno della scomparsa di Emanuela Orlandi, che ha chiamato in causa Stato, Vaticano, Servizi Segreti italiani, Kgb, fronti terroristici turchi e bulgari, criminalità romana. La storia di Mirella Gregori sembra molto più decodificabile, e la chiave di tutto potrebbe essere nei diari della ragazza di via Nomentana. Pochi versi, una strana poesia trascritta in quelle pagine, corrispondono perfettamente a una pubblicazione più recente, datata 2015. È soltanto una coincidenza o un segnale da approfondire per capire cosa è successo a Mirella?
Una strana poesia
Le due scomparse, quelle di Emanuela e Mirella, sono state sempre considerate connesse, ma forse un po’ forzatamente o almeno questo sembra emergere dai lavori della commissione d’inchiesta “Orlandi-Gregori”, che pur procedendo nel solco di inchieste comuni (come lo fu la prima), ha individuato e segnalato strade che si dividono a partire da quell’estate del 1983. Se c’è un filo rosso tra le due ragazze che neanche si conoscevano, potrebbe essere stato creato all’epoca dei fatti appositamente per allontanare gli inquirenti dalla verità, perché i depistaggi e i mitomani in 42 anni sono stati una delle poche certezze, in queste due vicende. Quella di Mirella è stata definita negli ultimi tempi una “scomparsa a chilometro zero” ovvero legata al suo stesso ambiente.
Che i diari fossero preziosi per capire cosa è accaduto il 7 maggio del 1983, lo ha compreso la criminologa Roberta Bruzzone, autrice di “Mirella Gregori. Viaggio in un’indagine imperfetta” in cui, insieme al suo team, prova a sciogliere i nodi ripercorrendo le pagine di quei diari. La Bruzzone ha poi depositato alla Procura di Roma un esposto contenente piste e spunti mai esplorati. Del libro abbiamo già scritto a suo tempo, ma le ricercatrici della criminologa, successivamente hanno scovato una strana poesia pubblicata nel 2015 da una piccola casa editrice laziale. Pochi versi che disvelano un nuovo scenario ancora enigmatico ma prezioso per chi da 42 anni non ha smesso di cercare Mirella: sua sorella Maria Antonietta, l’unica familiare rimasta in vita. Ne dà notizia il giornalista di inchiesta Marco Cicala sul Venerdì di La Repubblica, ma proviamo a ricostruire tutto, attraverso la giornata di una quindicenne degli anni Ottanta.
“Torno tra dieci minuti”
È un sabato di maggio, il giorno dopo è la Festa della Mamma e Mirella ha appuntamento a Centocelle con le amiche per comprare un regalino a Maria Vittoria Arzenton, sua madre. Lei vive dall’altra parte della città, in via Nomentana. Quel giorno torna da scuola e si ferma, prima di pranzare, al bar dei genitori di Sonia De Vito, proprio sotto casa sua. Le due ragazze si scambiano qualche parola e poi Mirella sale su. Dopo un po’, suona il citofono a casa Gregori, è un tale Alessandro o almeno così dice lei alla madre che le chiede chi c’è dall’altra parte. Le chiede di incontrarla per dieci minuti davanti alla Statua del Bersagliere a Porta Pia, a poche centinaia di metri. “Torno subito”, dice a sua madre che da quel momento non la rivedrà mai più. Prima di andare all’appuntamento che per lei sarà fatale, Mirella passa di nuovo al bar di Sonia e le due si chiudono in bagno per circa un quarto d’ora. Cosa hanno ancora da dirsi? Non si sono appena lasciate? Di tutte questi dettagli abbiamo avuto conferma grazie alle audizioni della commissione di inchiesta che ha ascoltato e verbalizzato i protagonisti della vicenda: Sonia, il suo fidanzato (oggi marito), le amiche di Mirella e Giuseppe Calì, che all’epoca lavorava al bar della famiglia De Vito e che ricorda perfettamente questi passaggi cruciali. Sonia quel giorno dice a Maria Antonietta Gregori, che poco dopo inizia a cercare Mirella temendo il peggio, che la ragazza è andata a Villa Torlonia a suonare la chitarra o almeno, così le ha detto. Ma Mirella non suonava la chitarra e Villa Torlonia è nella direzione opposta a Porta Pia: una circostanza, questa, mai chiarita.
I diari di Mirella
Nei diari di Mirella ci sono nomi di soggetti mai ascoltati che, dopo 42 anni, potrebbero avere molto da dire. “Nell’esposto fatto ne abbiamo indicate alcune”, dice Margherita Di Biagio, membro del team della Bruzzone. “A cominciare da Massimo C., un ragazzo più grande con cui Mirella aveva avuto una relazione intensa e tormentata di un anno e mezzo. Al momento della scomparsa, era totalmente uscito dalla sua vita? Non fu mai interrogato”, come riporta Iil Venerdì. C’è poi un altro strano episodio, raccontato da Simona D.S, amica di Mirella che parla di un uomo adulto che a bordo di un’auto avrebbe inseguito lei e Mirella un paio di volte, pochi giorni prima della scomparsa.
E poi c’è lo strano enigma della poesia. Mentre la Bruzzone e le sue collaboratrici analizzano i diari della ragazza, per il libro inchiesta sopracitato, si imbattono in una lirica scritta da qualcuno, ma non da Mirella: è il 1981. Il testo recita: “Una voce cara/un volto senza sembianze/un’illusione per vivere/ancora”. Firmato: Marco. Sulla stessa pagina in alto si legge: “Compleanno Marco”. Passano i mesi, 2 marzo del 1983, due mesi prima della scomparsa ricompare la stessa poesia, stavolta scritta da Mirella e dedicata a Massimo. Di Massimo nella vita di Mirella ce ne sono due. Uno è Massimo Forti, l’ultimo fidanzatino e poi c’è Massimo C., il precedente. “Da un’audizione della commissione siamo venuti a sapere che a scrivere la poesia sul diario di Mirella nel 1981 fu, per sua stessa ammissione, Giuseppe Calì detto “Marco”, cameriere nel bar sotto casa nonché amico della famiglia Gregori e all’epoca dei fatti 27enne.
Calì ha raccontato alla Commissione di aver preso la poesia da una rivista di fotoromanzi e di averla copiata nel giorno del suo compleanno, 9 gennaio, sul diario della quindicenne. Evidentemente, erano in confidenza”. E fin qui, verrebbe da dire che non c’è nulla di realmente strano.
“Le infinite sfumature dell’amore”
C’è stata una terza apparizione di questa poesia. Molto più enigmatica a differenza delle altre due, del tutto compatibili con la quotidianità di una quindicenne in quegli anni. A scovarla sono le ricercatrici che collaborano con Roberta Bruzzone: questi versi fanno capolino in tempi recenti, nel 2015, su una raccolta pubblicata da una piccola casa editrice laziale con sede a Guidonia. Titolo del libro: “Le infinite sfumature dell’amore”. Autore o autrice: tale Soleluna. Chi c’è dietro lo pseudonimo? “Stiamo cercando di capirlo, Finora dall’editore non abbiamo ricevuto nessuna risposta”, dice la criminologa Roberta Catania al Venerdì. Potrebbe essere solo una coincidenza, afferma la Catania ma “la raccolta ci ha colpito perché in uno stile romantico-adolescenziale parla di un amore deluso e finito tragicamente”. Si tratta solo di una coincidenza o chi ha scritto quella poesia conosceva Mirella? Tutto questo resta ancora un oscuro mistero.