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Raoul Bova deposita il marchio “occhi spaccanti”: la mossa per evitare la diffusione dell’audio

La legale: "Se otterremo il via libera quelle frasi non potranno essere utilizzate senza il permesso di Raoul altrimenti si andrà incontro a sanzioni"

di Francesco Canino
Raoul Bova deposita il marchio “occhi spaccanti”: la mossa per evitare la diffusione dell’audio

Dopo il ricorso al Garante della privacy per chiedere lo stop alla diffusione degli audio privati, la querela a Fabrizio Corona e le mosse legali per arrivare ad un accordo sull’affidamento delle figlie, Raoul Bova ha messo a punto un’altra iniziativa giudiziaria – decisamente inaspettata – per tutelarsi dopo che i suoi messaggi con la modella Martina Ceretti sono diventati virali.

Pochi giorni fa, i legali dell’attore protagonista di Don Matteo hanno infatti depositato all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi alcune frasi presenti nei vocali WhatsApp diffusi da Corona durante l’ultima puntata di Falsissimo, diventati poi oggetto di una indagine della Procura di Roma che ipotizza il reato di tentata estorsione ai suoi danni. Repubblica ha rivelato infatti che il 5 agosto scorso sono state presentate due domande: una per la frase “Buongiorno essere speciale, dal sorriso meraviglioso e dagli occhi spaccanti”, l’altra per la formula “occhi spaccanti”, diventata sui social un tormentone declinato in video, meme e post ironici. Compresi quelli, poi cancellati, apparsi sulle pagine di Ryanair e delle squadre di calcio Napoli e Torino (che ora rischiano pesanti denunce).

Ma qual è l’obiettivo di questa mossa inaspettata? A spiegarlo è l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace, l’ex suocera e legale di Bova: “Punta a bloccare la diffusione illecita del contenuto degli audio. Tutto l’incartamento è ora al vaglio dell’ufficio Brevetti. Ci vorranno alcune settimane, ma se otterremo il via libera quelle frasi non potranno essere utilizzate senza il permesso di Raoul altrimenti si andrà incontro a sanzioni”. Tradotto, potrebbe essere un modo per far cessare la diffusione dei video con gli audio e le chat, che continuano però ad essere facilmente rintracciabili sia su YouTube che sui social. Nel frattempo, il Garante per la privacy ha aperto un’istruttoria “per accertare eventuali violazioni della normativa” e delle regole deontologiche dei giornalisti.

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