“Oggi la diabolica trinità è venuta a farmi visita. Senso di vuoto, ansia e solitudine sono arrivati per rimanere più del solito”. Ha gli occhi umidi di lacrime Gaia mentre, seduta su un treno che da Roma la porta a Milano, scrive un lungo post sui social aprendosi come forse mai aveva fatto prima d’ora. Non è la prima volta che la cantante mostra le proprie fragilità, ma la riflessione di queste ore è più che mai potente, sincera, cruda.
Questi tre sgraditi ospiti (ansia, vuoto e solitudine appunto) si sono fatti largo dentro di lei fino a dettare legge, “imbavagliandomi l’anima e rendendola ostaggio”. Il viaggio in treno diventa l’occasione per tornare sui ricordi di una vita che proprio quella tratta fa riaffiorare: dai primi amori sbocciati nella Capitale alle “prime responsabilità che mi richiamavano verso il freddo Nord e i primi sensi di vuoto” che neanche l’amore dei genitori riusciva a colmare.
Un’inquietudine che ha seguito l’artista ovunque nei viaggi fuori e dentro di sé fatti proprio per cercare una risposta, che al momento non è ancora arrivata. E forse proprio questa smania di trovare un perché non fa altro che alimentare l’irrequietezza come un cane che si morde la coda. Gaia in realtà a qualche conclusione è giunta: “La bimba che è in me vorrebbe solo essere vista, amata, accettata, cercata. Senza dover per forza fare ‘la brava’, servire a qualcosa o qualcuno”.
Un senso di solitudine che le relazioni odierne non fanno altro che ingigantire: “Non interagiamo quasi più tra di noi […] agiamo spinti da intenzioni egoistiche travestite da azioni eroiche e ci rinchiudiamo in noi stessi ogni volta che qualcuno riconferma la teoria dell’inevitabile solitudine e dell’opportunismo eticizzato”, scrive, ricordandoci una volta di più che anche dietro le luci abbaglianti dei social e del successo (in fondo la sua “Chiamo io chiami tu” è una delle poche, vere hit dell’anno) si celano zone d’ombra comuni a tutti noi. Essere compresi nel profondo e amati senza condizioni: questa è la vera vittoria a cui chiunque aspira.
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