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Occhi fissi, espressione neutra, faccia impassibile e senza dire nulla: esplode il fenomeno “Gen Z Stare”

I giornali lo analizzano, i boomer lo temono, i millennial lo parodiano. Intanto su TikTok l’hashtag macina milioni di visualizzazioni

di Youssef Taby
Occhi fissi, espressione neutra, faccia impassibile e senza dire nulla: esplode il fenomeno “Gen Z Stare”

Su internet si fa un gran parlare dello “Gen Z Stare”. Occhi fissi, espressione neutra, faccia impassibile. I più lo chiamano Gen Z Stare. I giornali lo analizzano, i boomer lo temono, i millennial lo parodiano. Intanto su TikTok l’hashtag macina milioni di visualizzazioni: giovani che si filmano immobili, con lo sguardo perso nel vuoto o puntato nella camera, come se non ci fosse nulla da dire – o forse troppo.

Secondo il sito specializzato Know Your Meme, il termine è stato usato per la prima volta in modo virale da Meghan Alessi, un’utente statunitense che nel luglio 2024 ha raccontato su TikTok alcune interazioni avute con lavoratori della generazione Z: “Giuro, ogni volta che parlo con qualcuno della Gen Z, loro si limitano a fissarmi, senza dire niente”. Da allora, lo “Gen Z stare” è diventato un fenomeno riconoscibile e discusso.

Alcuni utenti lo descrivono come un segnale di indifferenza; altri lo ironizzano, pubblicando tutorial su come ottenere l’espressione perfetta :sguardo fisso, sopracciglio appena sollevato, nessuna reazione apparente. Il contesto più citato è quello del negozio: clienti adulti che provano a iniziare una conversazione e ricevono in risposta un silenzioso, impenetrabile “Gen Z stare”.

La scrittrice Jean M. Twenge, intervistata dal New York Times, lega il fenomeno al contesto in cui è cresciuta questa generazione: “Chi è nato dopo il 1997 ha attraversato l’adolescenza durante la pandemia. I lockdown hanno limitato drasticamente le interazioni in presenza, proprio in una fase cruciale per lo sviluppo delle competenze relazionali”. Secondo Twenge, il “Gen Z stare” sarebbe anche il risultato di un maggior tempo trascorso online e di una minore abitudine alla comunicazione faccia a faccia. Michael Poulin, professore di psicologia all’Università di Buffalo, ha spiegato su Vox che “il distacco apparente di certi sguardi non è una novità esclusiva della Gen Z. Le critiche che oggi ricevono somigliano a quelle che, a loro tempo, venivano rivolte ai millennial. E prima ancora, ai loro genitori“.

Ma il dibattito si è spostato anche sul piano lavorativo. Secondo Forbes, lo “Gen Z stare” è diventato un elemento di incomprensione tra datori di lavoro e dipendenti più giovani. Joe Galvin, direttore della ricerca di Vistage, ha spiegato a Forbes come “Questo tipo di espressione può essere percepito come sfida, disinteresse o disimpegno. Ma spesso è solo un segnale di disconnessione generazionale, e di un cambiamento nelle aspettative sul posto di lavoro”.

Secondo Galvin, “la generazione Z cerca autenticità, flessibilità, dialogo aperto. Vuole essere seguita, non controllata, e si aspetta che il lavoro abbia un significato, non solo una retribuzione”.

Nel frattempo, testate come ABC News spiegano che fenomeni simili si ripetono ciclicamente con ogni generazione. I millennial, per esempio, sono stati associati alla “pausa millennial” – un’esitazione prima di parlare in video – mentre i boomer erano noti per firmare i messaggi di testo come se fossero lettere. Sebbene il tono con cui si parla del Gen Z stare sia spesso ironico o polemico, non è raro che dietro l’irritazione emerga una dinamica più ampia: quella del confronto generazionale, che oggi si manifesta soprattutto online. Video, meme e tutorial proliferano, mentre creator e osservatori provano a decifrare un gesto che, almeno per ora, resta aperto a molte interpretazioni.

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