C’è una svolta nella vicenda degli audio e delle chat rubati a Raoul Bova, per la quale la procura di Roma ha aperto un fascicolo con le ipotesi di reato di tentata estorsione, ricettazione e violazione della privacy. Gli inquirenti hanno sentito come persone informate dei fatti Fabrizio Corona, Martina Ceretti e un pr milanese, Federico Monzino, amico di quest’ultima, alla quale erano giunti – nell’ambito di conversazioni private – i messaggi audio inviati a lei dall’attore. L’ipotesi, come anticipato da Corriere e Repubblica, è che l’uomo abbia inviato messaggi a Bova informandolo di quegli audio e sottendendo una richiesta. Inizialmente, come riferisce anche l’Ansa, Monzino era stato dato come indagato, ma è stato lo stesso 29enne a chiarire con un messaggio su Instagram di essere al momento solo “persona informata sui fatti”: “Prendo le distanze dalla ricostruzione sui fatti accaduti nella vicenda ‘Raoul Bova/Martina Ceretti’. Prendo le distanze anche dalla sua accusa nei miei confronti di una presunta estorsione – ha scritto Monzino -. Ci tengo anche a precisare che non sono indagato, ma semplicemente come Corona e Martina sono una persona informata sui fatti. Ho già informato i miei legali di quanto pubblicato dal medesimo e dai giornali”.
Il messaggio anonimo e il ricatto
Tutto inizia alcune settimane fa, quando sul cellulare di Bova arriva un messaggio da un numero sconosciuto. Nel testo – spiega Repubblica – l’attore viene avvertito che alcune sue conversazioni intime potrebbero diventare pubbliche, con il rischio di danneggiarne l’immagine. Non c’è alcuna esplicita richiesta di denaro, ma il tono viene considerato dagli inquirenti allusivo e minaccioso, con quello che viene definito come un chiaro intento ricattatorio. Bova decide di non rispondere e di non avviare alcuna trattativa. Pochi giorni dopo, il 21 luglio, gli audio e le chat finiscono nel podcast Falsissimo di Fabrizio Corona, diffondendosi rapidamente sui social e diventando virali, soprattutto per alcuni passaggi dal contenuto intimo.
L’indagine della Procura
La Procura di Roma, coordinata dal pm Eliana Dolce, ha affidato le indagini alla polizia postale. Il numero da cui è partito l’sms è stato individuato, ma risulta intestato a un prestanome. Gli investigatori stanno cercando di capire chi ne sia stato l’effettivo utilizzatore. Il fascicolo, riferisce l’Ansa, è al momento contro ignoti. Corona, pur essendo stato condannato in passato per estorsione, non è indagato. Oltre alla tentata estorsione, i magistrati valutano anche l’ipotesi di ricettazione, nel caso in cui chi ha diffuso i contenuti fosse consapevole della loro provenienza illecita.
Le dichiarazioni dei legali
Il caso ha avuto conseguenze anche sul piano privato dell’attore e della compagna Rocío Muñoz Morales, con cui Bova ha due figlie, Luna (2015) e Alma (2018). Il legale di Bova, David Leggi, ha chiarito nei giorni scorsi: “Raoul e Rocío, che non hanno mai contratto matrimonio, sono separati di fatto da molto tempo e si alternano nell’accudimento delle due figlie. In ordine al materiale illecito diffuso sul web, sono in corso accertamenti da parte della magistratura penale, che indaga sui diversi reati ipotizzabili a carico delle varie persone coinvolte”. A queste parole ha replicato l’avvocato di Muñoz Morales, Antonio Conte, smentendo l’esistenza di una separazione di fatto: “La mia cliente ha appreso dai media quanto accaduto. È assolutamente falso che vi sia una separazione risalente a molto tempo fa. L’unica volontà della signora Muñoz Morales è proteggere le proprie bambine da questo improvviso e doloroso clamore”.
Articolo aggiornato il 28 luglio alle ore 10.