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“Come formiche in coda, tutta colpa di Tim Cook e di Apple”: centinaia di persone in fila per salire sul Seceda, esplode la rabbia dei residenti per l’overtourism sulle Dolomiti

di Davide Turrini
“Come formiche in coda, tutta colpa di Tim Cook e di Apple”: centinaia di persone in fila per salire sul Seceda, esplode la rabbia dei residenti per l’overtourism sulle Dolomiti

Tim Cook mostra come funziona il nuovo iPhone usando l’altipiano dolomitico che si estende sotto il Seceda e scoppia l’overtourism globale per salirci. Nelle scorse ore i quotidiani italiani online hanno pubblicato lo scatto fotografico dove veniva ritratta una lunga fila di persone, fenomeno “formiche in coda”, per salire sulla funivia che sale al Seceda. Un serpentone davvero impressionante che oramai da decenni siamo abituati a registrare lungo le coste marittime e che ora ci dobbiamo sorbire anche per le incontaminate montagne del Nord Italia. Il gruppo dolomitico delle Odle separa la Val Gardena dalla Val di Funes e sotto di sé presenta uno scenario naturalistico di pregio che, detto da chi ha vissuto e passeggiato in montagna da decenni, non è proprio il più incredibile e mozzafiato che ci sia anche solo tra le Dolomiti.

Il problema, se così lo vogliamo chiamare, perché oggi a livello ministeriale avere chilometri di coda per vedere una chiesa o un monte è diventato una irrinunciabile risorsa economica, l’ha provocato Tim Cook che nel 2023 ha mostrato la qualità della telecamera dell’iPhone 15 inquadrando proprio il Seceda, lanciando online le foto scattate da lui stesso (senza il serpentone per salire). Insomma, da qui è partito un passaparola social che ha portato ad un graduale, rapido gonfiarsi di presenze per visitare il luogo dolomitico, fino alla conseguenza estrema degli ultimi giorni. La massima aspirazione del turista che, dicono gli esperti della zona, proviene principalmente da paesi anglosassoni e al più occidentali, è quella di prendere la funivia e poi una volta sceso scattare le foto da mettere sui social. Così è l’andamento turistico oggi. Fenomeno, quello del passaparola social, che ha avuto antenati anche non social.

In Italia è celebre il caso del lago di Braies, in Val Pusteria, dove dopo la messa in onda della serie Rai, Un passo dal cielo, si autoalimentò un flusso tale di turismo qui tutto italiano tale da modificare l’immagine di un paesaggio come quello del lago di Braies inizialmente pressoché incontaminato. Del resto per capire cosa significhi avere improvvisamente decine di migliaia di persone in un luogo dove passeggiano cervi e marmotte, basta ricordare che l’amministrazione locale in quel di Seceda ha introdotto le figure dei ranger per “sensibilizzare i visitatori sul rispetto dell’ambiente montano. In pratica bisogna correre dietro a paffuti omini in braghette del Connecticut dicendogli che non possono usare i droni, che le marmotte non sono pupazzetti da rincorrere, che non si cammina tra le rocce con le ballerine, e che non ci si può gettare su chilometri di prati come fossero eserciti della seconda guerra mondiale all’arrembaggio. Come segnala Vanity Fair, c’è perfino chi sale vestito con addosso abiti da matrimonio solo per scattare una foto con sfondo Seceda e poi torna a Bangkok felice e contento. Nell’attesa di un parere di Mauro Corona sul caso, abituiamoci a questo andazzo che sarà duro antropologicamente da scalfire.

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