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“Quando è finito Non è la Rai ero nel pieno della malattia. Ero una ragazzina. E quella malattia ti frega, se non capisci da dove arriva”: lo rivela Ambra

di Francesco Canino
“Quando è finito Non è la Rai ero nel pieno della malattia. Ero una ragazzina. E quella malattia ti frega, se non capisci da dove arriva”: lo rivela Ambra

“Il momento più difficile? Se guarda l’ultima puntata di Non è la Rai, ero nel pieno della malattia. Ero una ragazzina. E quella malattia ti frega, se non capisci da dove arriva”. Ambra Angiolini torna a parlare dei disturbi alimentari di cui ha sofferto quand’era giovane e lo fa per due ragioni: è il tema di cui discuterà oggi in un incontro con i ragazzi al Giffoni Film Festival e perché “InFame”, il suo libro in cui ha raccontato come ha affrontato la bulimia, diventerà presto un film che sta scrivendo in questo periodo. Un lavoro importante e potente, per il quale si sta confrontando anche con il suo ex, Francesco Renga.

QUANDO AMBRA ANGIOLINI HA SCOPERTO DI SOFFRIRE DI BULIMIA – Ambra Angiolini era giovanissima quando ha iniziato a soffrire di bulimia, proprio mentre il successo le esplodeva tra le mani con Non è la Rai. Dunque, ha dovuto affrontare i disturbi alimentari quando era costantemente sotto i riflettori e veniva giudicata anche per i cambiamenti del suo corpo. “In Rai, andò in onda un servizio che ho poi ripubblicato: mi definivano ‘generazione XXL’”, ricorda in un’intervista a Repubblica, concessa alla vigilia dell’incontro a Giffoni. Ma quando capì di essere affetta da bulimia? “Nella libreria di un aeroporto. Mi sentivo strana ma funzionavo, avevo successo. Prendo un libro, Tutto il pane del mondo di Fabiola De Clercq. Lo apro. Leggo: ‘Vomito tutto quello che mangio’. Mi spavento. Lo chiudo. Lo compro. Lì ho capito. Ho dato un nome a quel male. Ero un animaletto tirato fuori da una tana, buttato in mezzo agli aeroporti, alle stazioni”, racconta senza sottrarsi ai ricordi, anche quelli più dolorosi.

L’ULTIMA PUNTATA DI NON È RAI (E LE BATTUTE DI BONCOMPAGNI) – Proprio mentre il personaggio Ambra esplode, lei diventa un fenomeno mediatico analizzata da critici e sociologi ma nel privato vive una sofferenza immane. “Gigantesco tutto, mentre io a malapena mettevo insieme un congiuntivo”, ammette. “Anzi, li sbagliavo”. Ed ecco emergere il ricordo di quello che definisce uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita: “In diretta, Boncompagni in auricolare, sbaglio un congiuntivo e lui: ‘Ambra, con tutti i soldi per farti studiare…’, e continua a mangiare una brioche; perché era così: tenero e crudele allo stesso tempo. Ma il bello è che alla fine ridevamo. In regia, con il pubblico. Non c’erano i social. Altrimenti sarei stata distrutta”. A trent’anni esatti dall’ultima puntata, andata in onda il 30 giugno del 1995, di quella giornata Ambra ha impressa un’immagine nitida: “Ero nel pieno della malattia. Ero una ragazzina. E quella malattia ti frega, se non capisci da dove arriva. Oggi, a 48 anni, posso dire che sento tutto in modo speciale. Anche cose che non mi riguardano. Forse è per questo che sono arrivata a spiegarmi quella malattia come qualcosa che parte dalla “taverna” che ho dentro, nel corpo. Non è più una malattia, oggi è un aggettivo”.

IL FILM DAL SUO LIBRO SUL DISTURBI ALIMENTARI – Oggi ammette di stare meglio, di non vomitare più, “ma quella parte c’è, è diventata una forma di coscienza, un modo di sentire il mondo. Sono bulimica nel senso profondo, negli affetti, nel lavoro. Ho bisogno di abbracciare e di essere abbracciata. Di comunicare. Ho bisogno di verità”. Una verità che sarà il filo rosso del film tratto da “InFame”: la sceneggiatura la sta scrivendo da sola, come le ha chiesto il produttore Roberto Proia, e sarà una commedia irriverente “con la vela e l’ironia sempre accese”. “È una storia molto personale, una ferita che mi ha insegnato tanto. Quando l’ho scritto, ho capito quanto fosse tragicomico, e a tratti pericoloso, ciò che avevo vissuto. Ora, con la distanza giusta, mi rendo conto che è uno sguardo per chi pensa – da dentro – di non poter guarire mai. Sto scrivendo da sola, come mi ha”. Del film non sarà l’attrice protagonista (“Voglio godermi questa cosa da sceneggiatrice”) mentre non esclude di poter firmare la regia. “Vedremo. Ora vivo per scrivere. Dovunque vada, ho con me il mio computer di mia figlia, mi ha fatto una cartella che si chiama ‘Mammona’ in cui metto tutte le cose che scrivo. Poi le mando di notte a Francesco (Renga, ndr.), il papà dei miei figli, con cui ho un bellissimo scambio di idee”.

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