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“Avevo tre possibilità per morire: il palco, il tavolo verde e la fi*a. Le ultime due le ho cassate. Non mi rimane che morire sul palco”: lo rivela Pupo

"Pupo 50...storia di un equilibrista" tra il 2025 e il 2026 vedrà il cantautore protagonista in 4 continenti, passando dall’Europa agli Stati Uniti, dall’America del Sud all’Australia, passando per la Russia, l’Uzbekistan e il Kazakistan

di F. Q.
“Avevo tre possibilità per morire: il palco, il tavolo verde e la fi*a. Le ultime due le ho cassate. Non mi rimane che morire sul palco”: lo rivela Pupo

Il 13 luglio scorso da Arezzo, Pupo ha dato il via al suo tour mondiale dal Mengo Music Fest. Oltre 7mila persone hanno applaudito il cantautore che proprio quest’anno segna un compleanno e un anniversario speciali: non solo festeggiamenti per i 70 anni d’età, ma soprattutto per i 50 anni di carriera. “Pupo 50…storia di un equilibrista” tra il 2025 e il 2026 vedrà il cantautore protagonista sui palchi di 4 continenti dall’Europa agli Stati Uniti fino all’America del Sud, l’Australia, la Russia, l’Uzbekistan e il Kazakistan.

In scaletta un mix delle sue hit storiche, da “Su di noi” a “Gelato al cioccolato”, fino all’inno dell’Arezzo calcio e ai nuovi brani contenuti nel nuovo album “Insieme”, scritto interamente dall’artista insieme David Brandes, produttore tedesco a capo della storica etichetta Bros Music.

“Come vorrei morire? – si domanda l’artista a Rolling Stone – Le possibilità erano tre, come le mie passioni: il palco, il tavolo verde e la figa. Sul tavolo verde e la figa non può più succedere, non mi rimane che morire sul palco“.

Poi si è tolto qualche sassolino dalle scarpe. Come il terzo posto al Festival di Sanremo 1980 quando con “Su di noi” arriva terzo, ma sapeva di aver vinto: “Meritava il primo posto, infatti ha vinto il premio della resistenza. Su di noi è molto più popolare di Solo noi, per non parlare della canzone di Malepasso, che era un mio grandissimo amico e purtroppo è scomparso prematuramente. All’epoca le classifiche erano abbastanza variabili fino all’ultimo, direi piuttosto umorali. Pensa che io ero sicuro di vincere, tanto che chiamai a casa la sera della finale perché il mio discografico di allora mi disse che avevamo vinto Sanremo. Come avevamo fatto? Allora bastava frugarsi in tasca e accordarsi con gli organizzatori. Avevano già preparato i festeggiamenti per quando sarei tornato, poi, all’ultimo, ho dovuto chiamare poco prima dell’annuncio per avvisare di annullare tutto”.

E ancora: “Quello che mi spiegarono è che “Freddy” Naggiar, a un certo punto, litigò con gli organizzatori perché le loro richieste aumentavano sempre di più. Per questo lui mandò tutti a quel paese e io non vinsi Sanremo. Ma sai, all’epoca le cose funzionavano così”.

Infine un aneddoto sull’autore di uno dei suoi grandi successi “Gelato al cioccolato”: “Malgioglio è una persona capace, simpatica e di una intelligenza fuori dal normale. Come si è saputo gestire nella sua carriera è incredibile. Un re Mida che ha trasformato tutto quello che ha toccato in oro. Lui è stata una delle prime persone che negli Anni 70 ho conosciuto a Milano. È divertente, ma anche ambiguo nella scrittura e ha una vita personale, con questi amori all’estero, che definirei esotica. Quella canzone è nata nel periodo in cui collaborava con Mina, Vanoni e Zanicchi e io, successivamente, l’ho trasformata in un racconto teatrale divertente, in particolare quando la gente scopre che non viene celebrato il famoso prodotto italiano, cioè il gelato, ma che c’è sotto una storia ben più conturbante. Io stesso, lo posso giurare, da quando ho saputo tempo dopo da cosa era ispirata non sono più lo stesso uomo”.

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