Animal House

Samantha rapita a 1 anno e mezzo, Stuart lanciava feci per difendere i suoi simili, Bullet urlava e scuoteva le sbarre della gabbia. Le storie degli scimpanzé sopravvissuti ai test nei laboratori, ora finalmente liberi

L'organizzazione Humane World for Animals condivide i ritratti e i dossier degli scimpanzé salvati dopo decenni di test invasivi. Il responsabile del santuario: "Hanno conosciuto il peggio dell'umanità, ma spero anche il meglio"

di F. Q.
Samantha rapita a 1 anno e mezzo, Stuart lanciava feci per difendere i suoi simili, Bullet urlava e scuoteva le sbarre della gabbia. Le storie degli scimpanzé sopravvissuti ai test nei laboratori, ora finalmente liberi

I loro volti sono solcati dal tempo e dalle cicatrici, fisiche e psicologiche, di una vita che non avrebbero mai dovuto vivere. Sono gli ospiti più anziani del Rifugio Second Chance, un santuario unico in Africa, situato su un gruppo di isole fluviali in Liberia, che si prende cura di 61 scimpanzé sopravvissuti a decenni di esperimenti invasivi in un laboratorio di ricerca. In vista della Giornata Mondiale dello Scimpanzé, che si celebra il 14 luglio, l’organizzazione animalista Humane World for Animals (precedentemente nota come Humane Society International) ha deciso di pubblicare le loro toccanti fotografie, accompagnate dagli strazianti dettagli tratti dai vecchi dossier di laboratorio. Un modo per dare un nome e una storia a individui che per troppo tempo sono stati solo numeri.

Le loro biografie sono una lunga lista di atroci sofferenze: rapiti da cuccioli dopo l’uccisione delle loro famiglie, venduti ai laboratori, o nati già in cattività, destinati a una vita di test. Complessivamente, questi scimpanzé sono stati sottoposti ad almeno 500 biopsie epatiche e sedati o anestetizzati oltre 4.000 volte.

Samantha, 51 anni, è la più anziana. Nata in natura nel 1974, la sua famiglia fu uccisa dai bracconieri e lei, a solo un anno e mezzo, fu venduta al laboratorio. Per quasi 30 anni ha subito test invasivi. Ha dato alla luce tre cuccioli, tutti tragicamente deceduti poco dopo la nascita. Stuart, nato nel 1988 in laboratorio, è stato sottoposto quasi subito a esperimenti dannosi senza anestesia. Separato dalla madre a due anni, è stato usato per la ricerca per oltre quindici anni. Nei dossier, i ricercatori lo definivano “famigerato” perché lanciava feci contro gli operatori per proteggere gli altri scimpanzé. Ancora Saffa, 46 anni, arrivato al laboratorio a due anni, già gravemente malato. In pochi mesi sono iniziati gli esperimenti: oltre 100 biopsie epatiche e più di 500 sedazioni in quasi 30 anni. Oggi non ha più denti, a causa della malnutrizione subita. Poi c’è Bullet, nato nel 1977: il suo nome significa “proiettile”. Fu colpito con un’arma da fuoco dal trafficante che uccise sua madre per rapirlo. Venduto al laboratorio a tre anni per 150 dollari, la ferita si infettò, rendendo necessaria l’amputazione del braccio. Subito dopo l’intervento, fu immediatamente rimesso nel programma di ricerca per altri 20 anni, subendo 55 biopsie epatiche e oltre 400 sedazioni. Quando vedeva i fucili usati per i narcotici, scuoteva disperatamente le sbarre della gabbia, urlando. Tra l’inizio e la metà degli anni 2000, il laboratorio interruppe gli esperimenti e i finanziamenti, abbandonando di fatto gli scimpanzé su queste isole fluviali (lungo i fiumi Farmington e Little Bassa), dove cibo e acqua non sono naturalmente disponibili in quantità sufficienti. Il personale locale, con grande dedizione, continuò a portar loro da mangiare. Nel 2015, è intervenuta Humane World for Animals, impegnandosi a garantire assistenza a vita a tutti gli scimpanzé.

Oggi, vivono in uno stato di semi-libertà nelle foreste delle isole. Un team dedicato, che include anche alcune delle persone che si occupavano di loro al laboratorio, li visita due volte al giorno per consegnare acqua, frutta e verdura fresche. “La maggior parte degli scimpanzé di cui ci prendiamo cura nasconde un passato ricco di sofferenze”, ha dichiarato Jallah Fahnbulleh, Responsabile dei Rapporti Istituzionali di Humane World for Animals Liberia. “Ancora oggi portano le cicatrici fisiche e psicologiche di quei traumi, ma almeno siamo riusciti a restituire loro una parte di libertà e dignità […]. Si sono visti sottrarre molto, ma speriamo che qui al Rifugio Second Chance stiano finalmente vivendo la vita che hanno sempre meritato. Vederli costruire tane sugli alberi, dedicarsi alla toelettatura reciproca e gioire della compagnia dei loro simili è un privilegio quotidiano. Hanno conosciuto il peggio dell’umanità, ma spero anche il meglio”.

Per rispondere alle esigenze di una popolazione che invecchia, l’organizzazione sta ora costruendo nuove strutture veterinarie su ciascuna isola, per rendere le cure più rapide ed efficaci.

Precedente
Precedente
Playlist

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione