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“Gli studenti alla Maturità non accettano di essere giudicati? Dovranno abituarsi ai voti che gli darà la vita”: lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet si interroga

La riflessione sugli “studenti ribelli” e le contestazioni all’esame di Maturità con storie ed episodi a catena, da Nord a Sud dell’Italia

di Francesco Canino
“Gli studenti alla Maturità non accettano di essere giudicati? Dovranno abituarsi ai voti che gli darà la vita”: lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet si interroga

Scene mute agli orali, lettere aperte, boicottaggi, proteste contro i voti. L’estate 2025 verrà ricordata anche per gli “studenti ribelli” e le contestazioni all’esame di Maturità con storie ed episodi a catena, da Nord a Sud dell’Italia. Ma secondo lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet si tratta di proteste fuori tempo massimo: “Oltre ad essere tardi mi sembra anche un modo per salire facilmente agli onori delle cronache. Ma a cosa serve? Domani parleremo di altro e quindi la protesta non sarà servita a niente”, ha spiegato in un’intervista a Il Messaggero.

Lo spunto è la scelta della studentessa di Belluno che qualche giorno fa si è presentata alla Maturità rifiutandosi di sostenere il colloquio orale. Il motivo? Contestare i meccanismi di valutazione, l’eccessiva competitività, la mancanza di empatia dei docenti. Una scelta che Crepet bolla come “ingenua”: “In tanti anni di scuola si è chiesta solo alla fine perché nessuno l’abbia mai ascoltata e capita”. Secondo lo psichiatra si tratta di una protesta fuori tempo massimo che non serve a niente e non è di aiuto a nessuno.

“In 13 anni di scuola, io avrei parlato prima. Se si ha l’intenzione di cambiare le cose”, aggiunge, precisando di essere d’accordo sulle motivazioni addotte: “Avrebbe potuto stanare i suoi docenti e chiedergli: dove vi siete nascosti?”. Crepet ne ha per tutti, anche per la scuola italiana che accusa di non capire i ragazzi, visto che il sistema scolastico non si è mai adeguato.

“Nessuno in classe domanda a questi giovani come stanno. Non esiste lo spazio o il momento giusto per farlo: non è proprio previsto. Con chi dovrebbero parlare questi ragazzi? Non hanno nessuno con cui farlo. Né a scuola né in famiglia. Su questo abbiamo fallito”. Ma c’è un altro ma: per Crepet la protesta non dovrebbe essere contro i voti e la non accettazione di una valutazione è sbagliata perché “non è possibile affrontare la vita con questo atteggiamento. Ci piace tanto Sinner ma poi, quando tocca a noi, i voti non vanno bene”.

Per il sociologo, il tennista è un punto di riferimento da prendere come esempio perché accetta le sconfitte, “quindi la valutazione negativa, e va avanti per cercare di migliorare. Tutte le mattine si sveglia presto per allenarsi: servire un impegno costante. Ma non per vincere: per affrontare le sfide senza paura. Aspettiamo di vedere contro Djokovic e cosa vedremo? Assisteremo a una partita in cui due persone cercano i voti, vogliono i numeri: di certo non ne hanno paura. E sanno bene che uno dei due perderà, la valutazione non è sempre positiva ma questa è la vita”.

Insomma, i ragazzi “devono abituarsi ai voti che ti dà la vita”, imparare ad accettare qualsiasi tipo di valutazione (anche il “non classificato”) senza farne una tragedia. “E quando perdiamo andiamo avanti. Così si impara: nella vita bisogna saper fare le cose, qualunque lavoro si faccia. E quando si vuole protestare bisogna trovare qualcuno che ascolti”. Purché non fuori tempo massimo: “Abbiamo tutti il diritto di essere ascoltati. Vuoi dire qualcosa? Dilla, prenditi lo spazio con decisione. Ma fallo durante il percorso, non alla fine”.

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