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Fischi a Marquez, ora basta: nello sport sono normali e sarebbe lui il primo a dover chiedere scusa a Rossi

Quel che accadde nel 2015 non fu solo una rivalità tra grandi, ma una pagina nera e antisportiva della MotoGp
Fischi a Marquez, ora basta: nello sport sono normali e sarebbe lui il primo a dover chiedere scusa a Rossi
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I fischi a Marc Marquez al Mugello hanno fatto discutere. E tanto. Più ancora delle staccate, dei sorpassi e della bellissima vittoria del campione spagnolo. Hanno indignato Davide Tardozzi, team manager Ducati, che ha tuonato contro il pubblico colpevole, a suo dire, di non onorare un campione. E ha lanciato una proposta: che Valentino Rossi tenda la mano, per mettere fine a una faida che dura da troppo. “Sogno che Vale dia un segnale per provare a chiarirsi, perché credo che Marc sarebbe disponibile”, ha detto in un’intervista alla Gazzetta. Ma se è vero che la rivalità con Rossi ha segnato la carriera di Marquez, è altrettanto vero che i fischi dei tifosi non sono un’anomalia. Sono la normalità nello sport. Non sono una mancanza di rispetto, ma una manifestazione legittima di dissenso. E in questo caso, sono pure ampiamente comprensibili.

Perché quel che accadde nel 2015 non è una storia da archiviare con un’alzata di spalle. Non fu solo una rivalità tra grandi. Fu una pagina nera e antisportiva della MotoGp. Marquez, già fuori dalla corsa al titolo, si mise di traverso. Letteralmente. Prima con manovre aggressive in Australia, poi con la corrida di Sepang, fatta di incroci folli, sguardi di fuoco, contatti ripetuti. Fino alla caduta. Di Marquez. Ma a pagare fu Rossi: penalizzato, costretto a partire ultimo a Valencia e a dire addio a quel decimo titolo inseguito per anni. Chi sostiene che la colpa stia nel mezzo, forse dimentica che fu Marquez a infilarsi in una lotta che non lo riguardava. E che l’atteggiamento più grave lo tenne all’ultima gara, quando non tentò mai il sorpasso su Lorenzo. Un comportamento contrario alla sua indole. Il massimo dell’antisportività.

È vero, anche Rossi ha le sue colpe. Quelle parole pesanti in conferenza stampa, quel ginocchio che si apre troppo, quell’ossessione verso Lorenzo e Marquez che lo ha accecato, in quel finale di stagione in cui non riusciva più a vincere e il suo compagno di squadra gli stava rosicchiando punti su punti. Sbagliò strategia, creò una tensione che si è rivoltata contro di lui. Ma la differenza tra i due comportamenti resta. È Marquez che dovrebbe – dopo dieci anni – fare il primo passo. Per il pubblico, per la Ducati. Perché se davvero è cresciuto, come Tardozzi giura, allora sa bene che delle scuse e un’ammissione di colpa sarebbero l’unica possibile via di uscita, di redenzione.

E invece si continua a chiedere a Rossi di chiudere il cerchio. Di “guardare avanti”. Di dimenticare. Di fare pace. Come se un torto così grave si potesse di colpo annullare. Rossi a suo tempo aveva avvertito Marquez: ti porterai dietro questa pagine nera per tutta la carriera. Perché i tifosi, giustamente, non dimenticano. Perché dietro quei fischi non c’è odio gratuito, ma la difesa di un simbolo. Rossi è stato il volto della MotoGp per due decenni. Quello che Marquez ha cercato di scalzare per tutta la carriera. Vincerà in Ducati il nono titolo mondiale, eguagliando Rossi. Forse anche il decimo, quello che ha contribuito a strappargli via. Una macchia che rimarrà per sempre addosso a Marquez. Come i fischi nello sport. Con buona pace di chi si indigna.

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