Il racconto del concerto - 3/3
Centomila persone per applaudire e partecipare al concerto evento “La notte di Certe notti” di Luciano Ligabue. Ancora prima che il rocker salisse sul palco, alle 21 in punto è partito il karaoke di “Certe notti”. Uno show, durato quasi tre ore e diviso in quattro blocchi con 28 brani in scaletta, con cui il cantautore emiliano ha festeggiato i 30 anni dal disco “Buon compleanno Elvis”, i 20 dal primo Campovolo e i 35 di carriera, ma che è stato anche una critica all’operato dei potenti del mondo e un modo per veicolare messaggi di pace e di rispetto per l’ambiente.
Il tempo di scaldarsi con “I ragazzi sono in giro” e i fan sono stati catapultati a Las Vegas, con i visual in pieno stile America Anni 60, così come gli specchi “da camerino” e i giochi di luci circolari (intorno al ledwall centrale) del gigantesco palco. “Mi sono ispirato alla città americana perché Campovolo è il posto delle feste – aveva spiegato il rocker alla vigilia del live –. Ma Las Vegas è anche tutto e il contrario di tutto e inquadra perfettamente i tempi che viviamo”. Così, la città del peccato ha fatto da cornice a uno show in equilibrio tra celebrazione del percorso artistico e denuncia ai governi odierni. Sul palco, insieme a Ligabue, si sono alternate tre band: la prima formazione con il figlio Lenny alla batteria, poi i “Clandestino” e “La banda”. Dall’ultimo concerto del rocker alla RCF Arena sono passati tre anni, ma lui si è presentato all’appuntamento con la verve e l’energia di sempre.
In scaletta le hit che hanno segnato la sua carriera come “Piccola stella senza cielo” (con un acrobata sul palco), “Non è tempo per noi”, “Urlando contro il cielo” e “Certe Notti”. “Cosa vuoi che sia”, nel secondo blocco del live, ha aperto una sequenza di critica sociale ed è stato un momento di riflessione sulle conseguenze del cambiamento climatico. Le immagini di Las Vegas sono diventate più cupe, fino a mostrare una città post-apocalittica. “Ci vogliono dire che in fondo d’estate ha sempre fatto caldo, che in autunno ha sempre piovuto, qui ci vogliono dire che occuparsi della crisi climatica sia un lusso, perché l’economia, perché la finanza, perché il pil… Cosa vuoi che sia la siccità in Sicilia e in Sardegna, cosa vuoi che siano solo in Italia e solo l’anno scorso 350 casi tra allagamenti, esondazioni, mareggiate, frane, cosa vuoi che sia tutta quella gente che ha perso tutto ed è stata lasciata sola. Questi qui, i capi del mondo, ne avranno pure loro di figli e di nipoti, i cosiddetti, ma cosa vuoi che sia”, ha sottolineato il rocker tra gli applausi, prima di intonare il brano. Sui due schermi più piccoli ai lati del palco è comparsa la scritta “Alert”; sul ledwall centrale, invece, sono stati proiettati alcuni dati sugli effetti del riscaldamento globale.
Le immagini di donne (Raffaella Carrà, Nilde Iotti, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack…) che, nel loro lavoro, sono state e sono delle icone, hanno accompagnato “Le donne lo sanno”, perché “la speranza passa attraverso il genere femminile”. Emozionante e intensa “Lettera a G.”, che Ligabue ha cantato da solo, seduto su una panchina, illuminato da un faro bianco. Dietro di lui, il testo della canzone e le immagini di una pianura americana. “Ho scritto questo pezzo in un momento personale difficile perché avevo perso mio padre e mio cugino che era come un fratello. Poi mi ero separato dalla moglie, avevo intrapreso una nuova relazione e avevo avuto una figlia”, aveva raccontato il giorno prima del concerto. Il filone di critica è continuato poi con “Happy Hour”. Durante il brano sono state proiettate sui ledwall immagini create con l’intelligenza artificiale e raffiguranti brindisi tra i capi di Stato e di grandi istituzioni, tutti vestiti da astronauti su una navicella spaziale, lontani dalla terra. Tra questi Vladimir Putin, Donald Trump, Ursula von Der Leyen, Benjamin Netanyahu, Giorgia Meloni, Emmanuel Macron, Elon Musk, Volodymyr Zelensky e tanti altri. Ultimo a comparire, un preoccupato Sergio Mattarella che ha alzato il suo calice verso il pubblico. L’intento dei visual è apparso chiaro: contestare l’operato dei potenti, che festeggiano il loro “happy hour” mentre il mondo affronta tempi difficili, tra guerre e crisi climatica.
Per intrattenere il pubblico durante i cambi di band, sono stati pensati degli intermezzi karaoke, coordinati da Little Taver, il Kingo di Radiofreccia. Il colpo di scena, in un grande spettacolo curato nei minimi dettagli, è arrivato quando Ligabue, a bordo di un palco mobile con la forma di una Cadillac rossa trainata da un camion, ha fatto un giro per l’arena insieme alla band suonando “Si viene e si va” e “Il meglio deve ancora venire”. La voce di Roberto Benigni, in un intervento contro la guerra registrato durante una puntata di Propaganda Live, ha introdotto “Il mio nome è mai più”. “Questi che fanno la guerra continuano a uccidere i bambini. Si devono fermare, è una cosa insopportabile all’animo umano. È un grido di dolore che si leva da ogni parte del mondo e se non sentono questo dolore non sono persone umane”. Sui ledwall, durante il brano, sono comparse le frasi “Basta con il massacro a Gaza”, “Basta con il massacro in Ucraina”, “Basta con il massacro in Sudan”, “Basta con i 56 massacri in corso nel mondo”. In chiusura il bis, con gli evergreen “Urlando contro il cielo” e “Certe notti”. E la voce di Ligabue scompare, inghiottita dai cori dei 100.000 di Campovolo.