Procedura d’infrazione per le armi da fuoco, l’Ue invia al governo Meloni la lettera di costituzione in mora

Italia a rischio di una nuova procedura d’infrazione. La Commissione europea ha deciso di avviare l’iter inviando una lettera di costituzione in mora al governo guidato da Giorgia Meloni per il mancato recepimento di disposizioni della direttiva sulle armi da fuoco (2021/555). Si tratta, principalmente, di fucili e pistole utilizzate per il tiro sportivo e la caccia. La direttiva Ue stabilisce le norme minime comune in materia di acquisizione, detenzione e scambio commerciale di armi per uso civile e, allo stesso tempo, mantiene elevati standard di sicurezza e protezione dagli atti criminali e dal traffico illecito di armi da fuoco. Con riguardo particolare al bracconaggio e alla criminalità organizzata, la direttiva di esecuzione della Commissione (2019/68) stabilisce regole sulla marcatura delle armi per migliorarne la tracciabilità.
Oltre all’Italia, la lettera è stata inviata anche alla Finlandia. Entrambi i Paesi hanno due mesi per rispondere e rimediare alle carenze segnalate. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrà decidere di pubblicare pareri motivati. E l’iter si avvicinerebbe alle sanzioni. “Siamo in ritardo sulla digitalizzazione delle licenze di porto d’armi – commenta Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere – ed è una questione politica. È possibile che l’Italia è in grado di registrare milioni di automobili e i possessori di veicoli, ma non riesce a tenere la traccia dei possessori di arma da fuoco?“. La ragione, seconda Beretta, è che “ben poche forze politiche, soprattutto nel centrodestra, sono disposte a inimicarsi il mondo venatorio e quello dei tiratori sportivi. Implementare la digitalizzazione significa avere gli strumenti per mettere in campo maggiori controlli e, di conseguenza, scoprire quante persone non hanno rinnovato i permessi nei tempi stabiliti dalla legge”.
Secondo l’Enpa la decisione di Bruxelles è “l’ennesima conferma di una falla normativa che denunciamo da tempo: nel nostro Paese ottenere un porto d’armi per uso venatorio è incredibilmente più semplice rispetto al percorso richiesto per il porto per difesa personale. Il paradosso è che proprio i fucili da caccia, concessi con queste licenze, sono stati spesso usati in crimini efferati, compresi omicidi e femminicidi“. Enpa chiede al governo di “rivedere a fondo l’intero impianto normativo sul rilascio e sulla detenzione delle armi da fuoco, a partire proprio dalle licenze per uso venatorio. Non si tratta solo di tutela animale, ma di protezione della vita umana e della sicurezza collettiva”.
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