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Piano Ue per lo stop al gas russo entro il 2028. L’Ungheria grida alla violazione della sovranità nazionale

L’adozione in Consiglio avverrà con la maggioranza qualificata, per cui Budapest non potrà opporre il veto. Oggi l’Ue importa ancora circa 35 miliardi di metri cubi di gas naturale dalla Russia
Piano Ue per lo stop al gas russo entro il 2028. L’Ungheria grida alla violazione della sovranità nazionale
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La Commissione Ue tenta ancora una volta di accelerare sulla strada dell’indipendenza energetica, con una proposta legislativa che punta a mettere fine alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia entro la fine del 2027. Dal 1° gennaio 2026, stando alla tabella di marcia, sarà vietato firmare nuovi contratti con fornitori russi, mentre entro un anno dovranno cessare tutti gli accordi a breve termine ancora in vigore ed entro il 31 dicembre 2027 scatterà il blocco totale anche per i contratti a lungo termine. L’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen intende così azzerare le importazioni che nel 2024 sono ammontate a 54 miliardi di metri cubi di cui due terzi tramite gasdotto e il resto in Gnl (gas naturale liquefatto). È prevista una deroga parziale per i Paesi senza accesso al mare come Ungheria e Slovacchia, che però dovranno preparare piani di diversificazione per eliminare gradualmente tutte le importazioni residue con l’obbligo di porvi fine entro il 2027. Non è bastato per evitare l’ennesima spaccatura: il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha parlato di “grave violazione della sovranità nazionale”, sottolineando che la politica energetica rimane di competenza esclusiva degli Stati membri secondo i trattati europei.

La proposta di regolamento seguirà la procedura legislativa di codecisione, vale a dire che saranno il Parlamento europeo e il Consiglio ad adottarla. L’adozione in Consiglio richiederà la maggioranza qualificata. L’Ungheria ha già accusato l’esecutivo Ue di far passare quella che è una sanzione per la guerra in Ucraina, che richiederebbe l’unanimità, attraverso un’altra procedura che le toglie l’arma del veto. La Commissione assicura che “continuerà a collaborare strettamente con gli Stati membri sugli sforzi di diversificazione e sui miglioramenti infrastrutturali, in particolare con quelli maggiormente colpiti” e ha fatto una concessione ritenuta insufficiente da Budapest, contraria alla chiusura degli oleodotti come TurkStream.

Per assicurare che la stretta venga rispettata, la Commissione propone regole più severe in termini di trasparenza: le aziende dovranno comunicare alle autorità nazionali e all’Ue i dettagli sui contratti, i volumi, i fornitori e i Paesi di origine del gas importato. Inoltre, gli importatori saranno obbligati a fornire informazioni doganali dettagliate per tracciare il percorso del gas dalla Russia fino all’ingresso nell’Unione. Bruxelles prevede anche meccanismi di emergenza per fronteggiare eventuali criticità nell’approvvigionamento energetico: se uno o più Stati membri dovessero trovarsi in difficoltà, la Commissione potrà autorizzare deroghe temporanee al divieto.

Per von der Leyen, “la Russia ha usato il gas come un’arma per ricattare l’Europa”. Oggi, spiega un alto funzionario Ue, l’Ue importa ancora circa 35 miliardi di metri cubi di gas naturale dalla Russia. Di questi, 20 di metri cubi sono gas naturale liquefatto (Gnl) che arriva dalla penisola di Jamal, nel mare di Kara, Siberia Nordoccidentale, via nave, principalmente in terminali di rigassificazione ubicati in Francia, Spagna, Olanda e Belgio. Il resto, circa 15 miliardi di metri cubi, arrivano tramite il gasdotto TurkStream, che va dalla Russia fino alla Tracia Orientale, in Grecia, attraversando il Mar Nero, e arriva in Ungheria e Slovacchia, oltre che in Grecia. Il piano Ue si inserisce nel più ampio progetto europeo di transizione verso un’economia pulita e sostenibile, in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione e con il Clean Industrial Deal. Ma la strada si preannuncia lunga e tortuosa, tra esigenze energetiche, pressioni geopolitiche e divisioni tra Stati membri.

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