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Pechino limita le esportazioni di terre rare. Così la guerra dei dazi tra Cina e Usa colpisce i costruttori

Il braccio di ferro tra le superpotenze commerciali potrebbe avere effetti devastanti su componentistica e produzione auto. Le preoccupazioni dell'Italia
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Il nuovo spauracchio dei costruttori di automobili è rappresentato dal rallentamento nella fornitura di terre rare (indispensabili, ad esempio, per la costruzione delle batterie per vetture elettriche), di cui la Cina controlla notoriamente quasi tutta la filiera a livello mondiale. Alla base del rallentamento delle forniture ci sono gli attriti commerciali fra Pechino e Washington, col Dragone che ha imposto pesanti restrizioni alle esportazioni di terre rare – sempre più importanti nelle componenti per le vetture – in risposta ai dazi con cui la Casa Bianca ha colpito Pechino. In mezzo al singolar tenzone fra superpotenze sono finiti i costruttori di automobili, messi in seria difficoltà a livello globale.

Questa (potenziale) crisi ricorda quella dei semiconduttori, intercorsa fra il 2020 e il 2022, quando i costruttori fecero i conti con l’assenza dei chip, la stessa che provocò gravi danni alla produzione. Secondo AlixPartners, la Cina controlla il 70% dell’estrazione globale delle terre rare, l’85% della capacità di raffinazione e il 90% della produzione di leghe metalliche e magneti a base di terre rare. Mentre un rapporto della Commissione Europea del 2024 sottolinea come la Repubblica Popolare abbia in mano il 50% della fornitura globale di 19 materie prime chiave, come manganese, grafite e alluminio.

Non solo: altre aziende che commerciano terre rare, non riescono a essere competitive come i fornitori cinesi. Da qui i timori dell’industria automobilistica, finita in pochi anni a essere strettamente dipendente dalle forniture cinesi, come più volte evidenziato da analisti e osservatori del settore automotive.

“Prese dal panico per la carenza di terre rare, le Case auto sono disposte a pagare qualsiasi prezzo” pur di accaparrarsele: spiega alla Reuters Frank Eckard, amministratore delegato della tedesca Magnosphere (produttore di magneti). “Abbiamo scritto una lettera ai ministri competenti e alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del recente incontro con il presidente francese, Emmanuel Macron, per rappresentare la delicatezza della situazione”, ha detto Roberto Vavassori, presidente di Anfia: “Le scorte di questi materiali non sono mai ampie, di solito sono sufficienti per un mese, un mese e mezzo. Per ora, nessuna delle aziende italiane ha dovuto fermare la produzione, ma ci sono arrivate molte segnalazioni di difficoltà di approvvigionamento che potrebbero portare a blocchi di impianti se il flusso delle forniture non riprenderà regolarmente”.

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